La propaganda di Trump sugli statali sleali, e la fine del lavoro da remoto

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La macchina statale americana come “The Apprentice”, il reality show che ha fatto la fortuna televisiva di Donald Trump che, con il dito puntato, pronunciava «You’re fired» («Sei licenziato») alla fine di ogni puntata.

Nel lunghissimo elenco di ordini esecutivi firmati dal neo presidente degli Stati Uniti subito dopo il suo giuramento, più di cinquanta in totale, ce ne sono alcuni che riguardano proprio i dipendenti pubblici con l’obiettivo di fare pulizia, allineare il personale alle politiche della nuova amministrazione e risparmiare pure soldi pubblici. E a capo della missione ci sarà Elon Musk, nominato alla guida del cosiddetto Doge, Department of government efficiency. 

Da tempo, i repubblicani lamentano che gli uffici pubblici non funzionano perché i dipendenti lavorano da casa. E così Trump per prima cosa ha decretato lo stop al lavoro da remoto per il personale delle agenzie federali americane, stabilendo che dovranno tutti rientrare a lavorare in ufficio a tempo pieno. E poi coloro che saranno «sleali» verso la nuova amministrazione della Casa Bianca potranno essere licenziati più facilmente.

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Da nuovo «padrone» della cosa pubblica americana, il neo presidente si è già portato avanti, annunciando il licenziamento di quattro funzionari del governo dal suo social Truth. «Il mio ufficio del personale è impegnato attivamente nell’identificazione e nella rimozione di oltre mille incaricati presidenziali della precedente amministrazione, che non sono allineati con la nostra visione di Make America Great Again», ha scritto. «Serva come monito ufficiale il licenziamento per questi quattro individui, con molti altri in arrivo a breve: José Andrés del Consiglio presidenziale sullo Sport e l’alimentazione; Mark Milley del Consiglio nazionale sulle infrastrutture; Brian Hook del Wilson Center for Scholars e Keisha Lance Bottoms del Consiglio presidenziale sulle esportazioni: SIETE LICENZIATI!».

Di prassi, i nuovi presidenti sostituiscono non più di quattromila dipendenti federali di nomina politica. In uno degli ordini esecutivi appena firmati, Trump ha reintrodotto invece la categoria degli “Schedule F”, riclassificando migliaia di dipendenti come «nomine politiche» e rendendoli così più facilmente licenziabili se non ritenuti sufficientemente fedeli ai suoi obiettivi. Nel 2020, Trump aveva già introdotto lo “Schedule F”, introducendo un nuovo spoil system aggressivo e allargando la platea dei lavoratori licenziabili con i cambi di amministrazione. Nel 2021, Biden aveva poi revocato l’ordine. Ma già nel 2022 il neo presidente aveva promesso di voler combattere quel «deep state» che avrebbe potuto mettergli il bastone tra le ruote.

Secondo Axios, il nuovo ordine esecutivo di Trump potrebbe essere applicato a ben cinquantamila lavoratori su un totale di 2,3 milioni di dipendenti governativi, la maggior parte dei quali di solito continua a prestare servizio indipendentemente dall’affiliazione al partito del presidente. Questa nuova categoria sarebbe estromessa dal competitive service, di cui fa parte la maggior parte dei dipendenti federali, che vengono assunti tramite concorso e hanno ampie garanzie giuslavoristiche che li proteggono dal potere politico.

L’ufficio di gestione del bilancio, ora, entro novanta giorni dovrà fornire un piano per ridurre la forza lavoro federale «attraverso miglioramenti dell’efficienza e tagli». E una delle tattiche per risparmiare, in questo disegno, sarebbe quella di costringere tutti i lavoratori federali a rientrare a tempo pieno in ufficio cinque giorni alla settimana, sperando in un’ondata di dimissioni volontarie. In un articolo apparso sul Wall Street Journal lo scorso autunno, Elon Musk aveva scritto che chiedere ai dipendenti federali di tornare in ufficio cinque giorni alla settimana avrebbe comportato «un’ondata di licenziamenti volontari, che accogliamo con favore».

Screditando centinaia di studi e analisi sull’efficacia del lavoro da remoto, Trump ha firmato quindi un ordine esecutivo in cui si dice che i capi di tutti i dipartimenti e agenzie dovranno al più presto porre fine agli accordi sul lavoro a distanza e richiedere ai dipendenti di tornare al lavoro di persona.

Ma anche qui si tratterebbe di pura propaganda. Secondo l’Office of Personnel Management degli Stati Uniti, la maggioranza dei dipendenti federali in realtà lavora già a tempo pieno nei propri uffici. In un rapporto al Congresso dello scorso agosto, l’Opm ha riferito che il cinquantaquattro per cento dei 2,3 milioni di impiegati dal governo federale lavora di persona full time. E solo circa il dieci per cento, ovvero 228mila dipendenti, lavora interamente da remoto.

Secondo l’American Federation of Government Employees, il sindacato che rappresenta ottocentomila dipendenti del governo, le forme di lavoro flessibile sono necessarie per reclutare e trattenere i dipendenti pubblici nella macchina statale. Molti accordi, tra l’altro, erano stati stipulati anche prima della pandemia. E molte agenzie, tra cui l’Environmental Protection Agency e la Social Security Administration, hanno inserito gli accordi sul lavoro ibrido nella contrattazione collettiva. Quindi non sarà semplice annullarli.

«Limitare l’uso di accordi di lavoro ibrido renderà più difficile per le agenzie federali competere per i migliori talenti», ha detto Everett Kelley, presidente dell’Afge, avvertendo tra l’altro che potrebbe non esserci più spazio sufficiente per accogliere tutti i dipendenti negli uffici, visto che molte agenzie hanno venduto le sedi inutilizzate, facendo risparmiare centinaia di migliaia di dollari alla macchina federale. «Questa azione non mira a far funzionare il governo federale in modo più efficiente, ma piuttosto a seminare il caos e a prendere di mira un gruppo di americani che il presidente Trump definisce apertamente disonesti», ha scritto Kelley.

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Trump, intanto, ha anche temporaneamente congelato le assunzioni nella maggior parte delle agenzie federali. A eccezione, ovviamente, dei dipartimenti militari e delle agenzie che si occupano dell’immigrazione illegale.



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