In occasione della Giornata Mondiale della Protezione dei Dati del 28 gennaio 2025, l’Osservatorio della Fondazione per la Sostenibilità Digitale presenta il “Rapporto Privacy e Sicurezza“, che rivela come la consapevolezza generale sull’importanza della protezione dei dati risulta spesso inferiore alla sua effettiva rilevanza.
Le differenze emergono tra grandi centri urbani e piccoli comuni: nelle città si presta maggiore attenzione alla privacy, mentre nei piccoli centri, a causa di un digital divide culturale e di una minore consapevolezza dei rischi, la questione appare meno sentita.
“La sostenibilità digitale non può prescindere da una gestione responsabile dei dati personali.” ha affermato Stefano Epifani, Presidente della Fondazione per la Sostenibilità Digitale.
“Le piattaforme digitali, ormai centrali nelle attività quotidiane, si basano in gran parte sulle informazioni generate dagli utenti. Tuttavia, è cruciale che lo sviluppo di queste tecnologie avvenga in un quadro di piena tutela della privacy, garantendo agli individui il controllo sui propri dati e prevenendo utilizzi impropri. In un contesto in cui non esiste più un “reale” ed un “virtuale” ma – al più – un “analogico” ed un “digitale”, ed in un momento in cui una parte sempre più importante della nostra vita è intermediata dalle piattaforme digitali, è fondamentale che i cittadini si rendano conto del valore della privacy, e che le istituzioni si attivino per garantirne la tutela.” – ha continuato Epifani.
L’indagine rivela che un italiano su quattro (25%) ritiene indispensabile ripensare la privacy nell’era digitale, mentre il 24% non condivide questa necessità. Nei Grandi Centri, il 30% della popolazione è convinto dell’importanza di ridefinire il concetto di privacy, contro un 20% che si non lo ritiene necessario. Percentuali praticamente invertite nei Piccoli
Centri dove, invece, il 29% degli abitanti non ritiene necessario un cambiamento, mentre il 19% lo considera importante. Sono gli effetti del digital divide culturale (i dati dell’osservatorio evidenziano come proprio nei piccoli centri questo fenomeno sia particolarmente rilevante): i grandi centri, più esposti alle sfide tecnologiche e ai temi legati alla privacy, percepiscono la questione come più urgente, mentre nei piccoli centri appare meno rilevante. I cittadini digitalizzati e sensibili alla sostenibilità mostrano maggiore fiducia nel cambiamento (36% convinti contro 16% scettici), confermando che competenze digitali e sensibilità verso la sostenibilità favoriscono una visione positiva. Chi, invece, non utilizza il digitale ma è attento alla sostenibilità riconosce il potenziale impatto delle tecnologie, pur manifestando maggiore cautela. Preoccupante è la posizione di coloro che non sono digitalizzati né sostenibili: il 40% degli intervistati, ovvero 4 italiani su 10, appare ignaro o indifferente al problema
I social network come Facebook, Google, TikTok e Snapchat sono percepiti da molti italiani come strumenti con un potere eccessivo nel condizionare i comportamenti.
Complessivamente, il 52% degli intervistati ritiene che questa influenza sia significativa, il 23% la considera molto elevata, mentre il 25% la giudica irrilevante.
Nei grandi centri urbani la preoccupazione è più marcata: il 31% degli intervistati ritiene che i social esercitino un forte potere, rispetto al 15% nei piccoli centri, dove il 32% considera l’influenza delle piattaforme poco o per nulla rilevante.
Le opinioni sono simili tra i diversi gruppi analizzati (concordano sull’influenza dei social tra il 52% e il 59%), ma la fascia dei meno digitalizzati e meno sensibili alla sostenibilità, soprattutto nei piccoli centri, mostra una consapevolezza molto ridotta: solo il 5% di loro riconosce un elevato potere alle piattaforme. Questo dato evidenzia una vera e propria disconnessione culturale e una limitata esposizione a tali dinamiche. Per quanto riguarda la regolamentazione, emerge una situazione di incertezza e incoerenza. Il 22% degli italiani richiede interventi governativi più rigidi, percentuale che aumenta al 29% nei grandi centri e scende al 16% nei piccoli centri. Complessivamente, circa il 50% degli intervistati concorda sulla necessità di una regolamentazione più severa. Tuttavia, nei Piccoli Centri, il 62% ritiene che le regole interne alle piattaforme siano sufficienti, nonostante il 68% degli stessi intervistati avesse precedentemente richiesto norme più rigide.
Nei grandi centri prevale una visione più coerente e consapevole: il 50% degli intervistati si oppone alla sola autoregolamentazione delle piattaforme, rispetto al 38% dei Piccoli Centri. Questi dati suggeriscono che nei piccoli centri la comprensione delle implicazioni legate alla regolamentazione dei social network è più limitata, mentre nei grandi centri si riscontra una maggiore attenzione verso le dinamiche digitali.
Il Rapporto evidenzia che solo il 24% degli italiani presta sempre molta attenzione alla privacy altrui quando pubblica contenuti online, mentre il 50% dichiara di farlo “abbastanza” e il 26% non se ne preoccupa affatto. Nei grandi centri, la percentuale di chi verifica sempre l’impatto sulla privacy degli altri sale al 31%, ma scende al 17% nei piccoli centri, dove il 32% non presta alcuna attenzione (contro il 20% nei grandi centri).
Le persone digitalizzate e attente alla sostenibilità si dimostrano le più scrupolose: il 40% verifica sempre l’impatto delle proprie azioni, e il 46% lo fa con regolarità. Anche gli utenti non digitalizzati, ma sensibili alla sostenibilità, pur avendo meno competenze digitali, mostrano una discreta attenzione alla privacy altrui quando pubblicano sui social. La protezione della privacy è percepita come una priorità per il 34% degli intervistati, mentre il 20% non la considera tale. Questa percezione varia significativamente tra Grandi e piccoli centri: nei primi, il 45% concorda sull’importanza della privacy e solo il 14% è in disaccordo; nei secondi, invece, appena il 22% considera la privacy una priorità, mentre il 27% la giudica poco importante.
Spostando l’attenzione sul rapporto tra privacy e personalizzazione dei servizi digitali, emerge una certa ambivalenza. Il 45% degli italiani ritiene che la privacy sia “poco o per nulla” sacrificabile rispetto alla personalizzazione, ma nei piccoli centri questa percentuale scende al 39%, con il 50% che si rifugia nella risposta intermedia, “abbastanza“.
Questo dato evidenzia un’incertezza culturale e una difficoltà nel comprendere le implicazioni delle tecnologie di personalizzazione sulla tutela dei dati personali.
Nei grandi centri, invece, le opinioni appaiono più definite: il 52% respinge fermamente l’idea che la personalizzazione debba prevalere sulla privacy, segno di una maggiore consapevolezza dei rischi legati alla manipolazione dei dati personali. In generale, i dati rivelano che, sebbene la privacy sia riconosciuta come una priorità, nei piccoli centri questo tema non sembra ancora radicato. Qui, l’attenzione alla protezione dei dati appare percepita come una questione astratta o lontana, a differenza dei grandi centri, dove l’importanza della privacy è più consolidata.
Nei grandi centri, il 56% degli intervistati ritiene che la responsabilità dei contenuti sui social debba ricadere sugli utenti che li producono, una posizione decisamente più diffusa rispetto ai piccoli centri, dove la percentuale scende al 41%. Al contrario, nei piccoli centri, il 23% attribuisce allo Stato il compito di controllare i contenuti, contro appena il 10% nei grandi centri. In entrambi i contesti, circa un terzo degli intervistati considera le piattaforme social corresponsabili nella moderazione dei contenuti. Questa differenza di vedute riflette una maggiore fiducia nelle istituzioni nei piccoli centri, mentre nei grandi centri prevale una visione più decentralizzata, probabilmente legata a una maggiore alfabetizzazione digitale e consapevolezza delle dinamiche online.
Fonte: Fondazione per la Sostenibilità Digitale
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