Al Santuario della Madonna delle Grazie, la festa di San Sebastiano, patrono della Polizia Municipale | Arcidiocesi di Sassari

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 Mercoledì 22 gennaio, nel Santuario della Madonna delle Grazie,a Sassari, l’arcivescovo Gian Franco ha presieduto la Celebrazione dell’Eucaristia in memoria di San Sebastiano martire, patrono della Polizia Municipale. Alla celebrazione, animata dal Coro di Usini, hanno partecipato le autorità civili e militari della città, insieme a una numerosa rappresentanza di agenti e ufficiali del Corpo della Polizia Municipale di Sassari.

 Di seguito si riporta l’omelia dell’arcivescovo Gian Franco.

«La memoria di San Sebastiano, martirizzato sotto l’impero di Diocleziano, ci ricorda la testimonianza pubblica della fede cristiana e la sua rilevanza globale nella vita di ogni credente. Come sappiamo, le notizie certe sulla sua vita ci giungono principalmente da Ambrogio di Milano, attraverso alcuni suoi discorsi, e successivamente da una serie di narrazioni leggendarie, volte all’educazione alla fede cristiana. Questi testi narrativimettono in evidenza, in conformità con la tradizione storica, i brevi tratti biografici e l’adesione di Sebastiano a Cristo.

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Il primo fattore centrale della figura di San Sebastiano è la sua adesione a Cristo in una società in cui la professione di fede cristiana non era ancora considerata lecita, e anzi, pubblicamente, era ritenuta incompatibile con molte professioni. Egli, in modo specifico, faceva parte della corte imperiale, negli ambiti della custodia della pubblica sicurezza. In quegli anni, persisteva ancora l’idea- maturata per alcuni secoli – che la fede cristiana fosse apportatrice di disordine nella vita pubblica. Oggi interpretiamo questa realtà in termini meno apologetici rispetto agli studi del passato, e questo ci aiuta a comprendere quanto il messaggio cristiano fosse davvero rivoluzionario. Annunciare la fede in Cristo chiamava ogni individuo a una scelta radicale, in una società in cui tale pensiero non era comune e, anzi, veniva ritenuto incompatibile con il sistema di vita e di pensiero prevalente. Per questo motivo, tutto questo diveniva talvolta oggetto di persecuzione.

Il Vangelo di oggi ci riconduce a quello che fu l’annuncio essenziale della fede: la vita eterna. Questo implica la dedizione alla vita terrena, ma anche la piena consapevolezza che la nostra esistenza ha una meta che va oltre la patria terrena, verso la patria eterna. L’evangelista Matteo fa riecheggiare nelle parole di Gesù quanto le prime comunità vivevano: la paura di essere condannati a morte per la fede che professavano. Ebbene, Gesù incoraggiava i discepoli del suo tempo, e gli apostoli continuano a incoraggiare i discepoli del loro e oggi del nostro tempo, a non avere paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima. Questa affermazione è sovversiva, tanto sovversiva da proclamare la superiorità di Dio su ogni legge umana. Ciò non significa generare confusione nella società civile, non significa generare ingiustizie o illegalità, ma vuol dire che vi è una dimensione della persona che sfugge a qualunque autorità o potere terreno.

La persona ha in sé un valore unico, un valore che va al di là della dimensione terrena. Affermare questo è stato rivoluzionario, ed è ancora rivoluzionario oggi. Perché? Perché ci educa a guardare l’altro, l’alterità, con uno sguardo che non sia mai di compiutezza, a non avere mai verso l’altro uno sguardo di possesso, ma piuttosto uno sguardo di servizio. E a voi, appartenenti alla Polizia Locale, siamo grati, perché siete un po’ gli angeli custodi della città, della vita pubblica, e di ogni persona. Spesso, nei vostri servizi, incontrate le persone più disagiate, quelle che vivono in situazioni di degrado che talvolta possono condurre anche oltre i confini della legalità. Questi fenomeni devono certamente essere contrastati, ma ci richiamano, come comunità cristiana e come comunità civile, a interrogarci continuamente sul valore della persona umana.

La vostra presenza — siamo nell’Anno Santo dedicato alla speranza — è presenza di persone che portano speranza a coloro che incontrano. Talvolta, questo potrebbe non essere sempre chiaro o comprensibile, ma la speranza è ciò di cui la persona umana ha maggiormente bisogno per avere quelle ali che le consentano di volare, di vivere e sperimentare la vera libertà della vita.

Ecco l’esempio di San Sebastiano, che seppe riconoscere la superiorità di Dio e del suo amore verso ogni persona. La carità lo condusse verso coloro che erano vittime della schiavitù o che, a causa delle persecuzioni contro i cristiani, si trovavano in prigione. Questo è sovversivo: l’amore può essere esercitato in ogni situazione, e ciò non toglie nulla al buon esercizio dell’ordinamento civico. Credo che questa sia la ratio più profonda che Gesù, nel Vangelo e nella sua vita, ci ha lasciato e consegnato. Inoltre, come ci ricorda l’Evangelista, riconoscere Cristo nelle situazioni complesse non è un atto romantico, né una semplice esperienza di sentimentalismo: “Non aver paura di quelli che non hanno potere di uccidere l’anima. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura, voi valete più di molti passeri”.

Se l’Evangelista parla di paura, significa che l’esercizio della carità implica un’esposizione pubblica. E sappiamo che anche oggi vi sono tanti martiri della carità, sia nei nostri contesti che in contesti lontani, dove la libertà della persona non viene rispettata in profondità. L’amore cristiano, infatti, non è un fatto sentimentale, ma è il vedere nell’altro Cristo sofferente. Questo ci ricorda Matteo: “Anch’io lo riconoscerò”. Altri evangelisti sottolineano: “Ciò che avete fatto a uno di questi piccoli l’avete fatto a me”.

Cosa vuol dire riconoscere Cristo ed essere riconosciuti da Cristo? Penso alle fatiche che dovete affrontare, all’esposizione pubblica richiesta in alcuni servizi, alla dedizione necessaria in certe circostanze, dove il pericolo è presente. In quei momenti scatta, per chi crede in Cristo, ma penso anche per ogni persona chi aspira a valori superiori dello spirito, la consapevolezza di spendere la propria vita per ciò che davvero vale la pena, e ciò, in questo caso, è il servizio a ogni persona. 

E perciò, l’Apostolo Pietro, in questa circostanza, ci ricorda di andare avanti, ancorati a Cristo. E se qualche volta dovesse capitare di soffrire per Cristo, beati voi: non sgomentatevi, non turbatevi, ma radicati in Cristo, adorate il Signore Gesù. Cristo è l’ancora, Cristo è la forza, Cristo è il fondamento. Su questo fondamento, su questa ancora, è possibile affrontare tutti i turbamenti della vita umana, come lo fu per San Sebastiano, che sperimentò prove, difficoltà e sofferenze fino alla morte.

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Ecco, questa è una condizione che riguarda tutte le creature umane. Non vi è solo un morire fisico, talvolta vi sono altre forme di morte che si esercitano nella vita e nell’esistenza. Il Signore ci invita ad allargare il nostro orizzonte, a soffrire per la giustizia, cioè a soffrire per Cristo, a spendere la vita per Cristo. Ecco, anche nelle professioni civili, il servizio acquista una dimensione alta e nobile: è il portare la presenza di Gesù, del buon samaritano, lungo le strade della vita. E forse nessuno più di chi opera in determinati contesti ha la possibilità di toccare con mano le situazioni più difficili, le più oscure, quelle in cui sembra che non ci sia speranza, dove le persone hanno perso ogni speranza. Talvolta, i vostri soccorsi sono quelli di chi arriva giusto in tempo per riattivare la speranza. E allora, in questo Anno Santo, ecco, direi che come programma possiamo sintetizzare così: accendere la lampada della speranza in ogni situazione che incontrate e che incontriamo».

Al termine della celebrazione è stata recitata la preghiera della Polizia Municipale di Sassari. Successivamente vi è stata la consegna degli encomi al personale della Polizia Municipale che nell’anno 2024 si è distinto per alcuni atti di merito.



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