Vino: Nero d’Avola perde gradi, per restare ‘Generale’ vitigni

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– Rosso rubino tendente al granato o rosso violaceo, ben strutturato, un grado alcolico mediamente elevato: è il Nero D’Avola, che da oggi potrebbe condurre il vino italiano a un bivio. Messo alle strette dal cambiamento climatico da un lato e dal mutamento dei gusti dall’altro, il ‘Generale’ dei vitigni siciliani è disposto a perdere qualche grado pur di restare tale, ma alla guida di un esercito più giovane e dinamico: “Tra le problematiche con cui le aziende vinicole si confrontano oggi c’è il cambiamento climatico che sta portando a un incremento delle temperature di circa 1°C e di 1,5°C in Europa occidentale e nel Mediterraneo. Di conseguenza, l’uva è più ricca di zucchero e con un alcol potenziale ed effettivo maggiore. Se il contenuto di etanolo rappresentava in passato un punto di forza, oggi la tendenza è opposta: la qualità di un vino non è più correlabile alla concentrazione di etanolo, ma ad altri fattori, tra cui il carattere varietale, il profilo sensoriale nonché i composti aromatici in esso presenti”, spiega all’AGI Daniela Fracassetti, professore associato di Enologia e Chimica Enologica all’Università degli Studi di Milano, e responsabile scientifica del progetto InnoNDA, finanziato dalla Regione Sicilia e promosso da Assovini Sicilia, con funzioni di capofila, in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano. L’obiettivo è innovare la produzione dei vini a base di Nero d’Avola con un approccio sostenibile e, successivamente, valutare la applicabilità ad altri vitigni autoctoni italiani: le indagini riguardano la riduzione del tenore alcolico, la differenziazione della produzione con l’esaltazione delle caratteristiche varietali e la valutazione della diversità del vitigno Nero D’Avola nel territorio siciliano. L’ultimo rapporto Ismea sul settore vitivinicolo, pubblicato qualche giorno fa, sembra incoraggiare questa scommessa, analizzando il calo del consumo del vino registrato anche in Italia. Tra i fattori, spiega Ismea, vi è “una maggiore consapevolezza dei problemi di salute ha portato a una riduzione del consumo di alcol, una tendenza che si prevede a lungo termine”. E ancora: “Una ripresa della domanda è possibile purché si realizzino condizioni che riguardano la capacità di catturare l’interesse e il favore delle generazioni più giovani e l’adattamento dell’offerta alla domanda. Il mercato del vino è cresciuto con i baby boomer, ma questa parte della popolazione si va riducendo in termini numerici e inoltre diminuisce la capacità di consumo individuale dei singoli soggetti a causa del loro invecchiamento. Ora il testimone deve passare a nuove generazioni, in particolare alla Generazione Z; si tratta di un gruppo sociale i cui membri sono particolarmente sensibili al tema della sostenibilità ambientale e sociale e che, aldilà delle tradizioni alimentari del paese di nascita, si informano e hanno abitudini di vita simili in tutti i paesi e diverse dai boomer e dai millennials. Rispetto a questi giovani la capacità di comunicazione del sistema delle imprese del vino viene giudicata strutturalmente ancora inadeguata”. “Lo spostamento dell’interesse verso i vini bianchi e rosati – spiega Ismea – è ormai un fenomeno consolidato; i rossi rappresentano ancora con il 43% (2021) la quota maggioritaria del consumo, ma la loro quota era il 47% nel 2007. Questa evoluzione fa emergere l’esigenza di individuare, pur nell’ambito delle tipicità e identità sensoriali delle diverse aree e denominazioni, stili più idonei alle nuove esigenze, anche in termini di occasioni di consumo”.
Letta da questa angolatura, la sfida di portare un vino Nero d’Avola a una gradazione alcolica pari a quella di un bianco potrebbe risultare conveniente sul piano economico: “C’è, in effetti – sottolinea Fracassetti – una tendenza del consumatore verso prodotti meno ricchi di etanolo, da un lato per aspetti salutistici, dall’altro legato al binomio alcol-guida”. La spinta arriva sia dal consumatore sia dalle aziende, che “attraverso una riduzione del tenore alcolico possono implementare lo stile dei vini prodotti”. Il Nero d’Avola si offre, dunque, come un banco di prova, grazie alla sinergia tra il settore privato e il mondo accademico. “Per la rimozione parziale dell’etanolo di un vino rosso, soprattutto se ricco di composti polifenolici, come il Nero d’Avola – spiega ancora Fracassetti – il processo di riduzione dell’etanolo deve essere gestito con attenzione: rimuovere parzialmente l’etanolo, che ha un effetto solvente, può comportare la modifica della percezione di alcune sensazioni gustativo-tattili, tra cui l’acidità, l’amaro e l’astringente. Dal punto di vista di un ricercatore, poter disporre di vini come il Nero d’Avola a un ridotto grado alcolico è molto interessante. L’obbiettivo del non è la produzione di vini alcohol-free: stiamo indagando fino a che punto possiamo spingerci con la riduzione del tenore alcolico mediante la valutazione dei parametri chimici e compositivi, e delle caratteristiche sensoriali. In particolare, vogliamo verificare cosa accade con una riduzione del grado alcolico fino al 4%. Inoltre, oggetto del progetto è anche la valutazione dell’utilizzo di lieviti non-Saccharomyces in combinazione con lieviti Saccharomyces per la produzione di vini a ridotto tenore alcolico”.
Il progetto di Assovini ha un focus anche sull’invecchiamento del vino nelle anfore di terracotta. “Il contenitore di legno – afferma la professoressa – consente una micro ossigenazione, essenziale per stabilizzare il colore e mitigare l’astringenza. Il legno cede anche alcuni composti volatili e non volatili che aumentano la complessità del vino. La terracotta, essendo un materiale inerte, potrebbe comunque garantire l’ottenimento della stabilità, dell’evoluzione e dell’equilibrio desiderati senza rilascio dei composti fenolici e aromatici del legno. La valutazione del possibile utilizzo dell’anfora per la produzione di vini Nero d’Avola non ha l’obiettivo di escludere l’utilizzo dei contenitori di legno, naturalmente. Se i risultati ottenuti da questa ricerca mostreranno l’adeguatezza dell’anfora per il Nero d’Avola, sarà possibile diversificare la produzione, rispondendo alle richieste del consumatore”.
Il progetto valuterà anche la diversità del vitigno Nero d’Avola nel territorio siciliano: il terroir e l’età del vigneto influenzano in modo significativo le caratteristiche dell’uva e, di conseguenza, quelle del vino. Inoltre, i vigneti più vecchi potrebbero mostrare una maggiore resilienza agli stress climatici, soprattutto nel contesto siciliano. La collaborazione tra il mondo della ricerca e il mondo produttivo è fondamentale per la crescita e l’innovazione del settore vitivinicolo”. “Un vino dealcolato – conclude all’AGI Fracassetti – non corrisponde a un vino ‘tradizionale’: sono due bevande diverse, destinate a due classi diverse di consumatori. Serve capire come meglio gestire l’intera filiera produttiva, dal vigneto alla cantina, quali tecnologie applicare, come diversificare, per cercare di avere vini sul mercato che non siano i cloni l’uno dall’altro”. (AGI)





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