Cercare una casa in affitto ad Aosta: la mia missione impossibile
di Nicole Jocollé
Trovare una casa in affitto ad Aosta sembra essere diventata una missione impossibile. Questa è la triste realtà che si trovano di fronte coloro che sono alla ricerca di un appartamento nella zona del capoluogo o nei comuni limitrofi. Siti dedicati agli annunci, gruppi Facebook e perfino agenzie immobiliari offrono pochissime opzioni e le rare proposte disponibili presentano prezzi decisamente elevati. Scorrendo le bacheche online, ci si imbatte in un panorama desolante: non c’è praticamente nessuna offerta.
La ricerca inizia solitamente online, nei gruppi dedicati alla compravendita e all’affitto di case e appartamenti in Valle d’Aosta. Tra questi, il più numeroso conta quasi 20 mila iscritti. Con una rapida ricerca saltano subito all’occhio due aspetti: la maggior parte delle proposte riguarda gli affitti brevi in Valle d’Aosta ad uso turistico, mentre quelli a lungo termine – in particolare nella zona di Aosta – sono assenti. Gli utenti che chiedono informazioni su affitti annuali o di lunga durata non ricevono risposte, confermando la scarsità dell’offerta. Poco cambia, se si estende la ricerca agli altri comuni valdostani: gli annunci si contano sulle dita di una mano. Le soluzioni presenti sono concentrate in zone molto lontane dal centro, come Brusson, Saint-Vincent, Pontey o Antey-Saint-André, sistemazioni decisamente scomode per chi lavora ad Aosta.
Nessun problema, quindi, se la necessità è un appartamento per le vacanze, ma se si desidera trovare una sistemazione in cui risiedere, nei pressi della città, allora comincia l’odissea. Scartati i social, non resta che rivolgersi alle agenzie immobiliari, ma anche qui lo scenario non cambia. Su 8 agenzie immobiliari di Aosta contattate, nessuna aveva un appartamento in affitto da proporre. Da tempo, spiegano i responsabili, la situazione è bloccata: negli ultimi due anni, molti proprietari hanno deciso di privilegiare gli affitti ad uso turistico o transitorio, una tendenza confermata anche dai gruppi Facebook. “Spiacenti, non ci sono immobili che soddisfano la ricerca effettuata”, questo il messaggio che ci si trova di fronte cercando un appartamento su un’agenzia dedicata agli affitti. Le poche proposte disponibili, messe sul mercato da privati, hanno prezzi proibitivi: il canone per un bilocale in città parte da 600 euro al mese, ma non è raro trovare offerte che toccano i 1000 euro.
La situazione si complica ulteriormente per i giovani lavoratori. Per ottenere un appartamento in affitto, spesso è richiesto contratto di lavoro a tempo indeterminato o in caso contrario, un garante, ma non sempre viene accettato. A ciò si aggiunge la prassi di esigere uno stipendio pari a tre volte il canone mensile richiesto, oltre al pagamento anticipato di due o tre mensilità. L’unica soluzione sembra essere il passaparola, ovvero conoscere qualcuno che sta lasciando la propria casa in affitto o conoscere di persona un locatore, ma non è semplice. Questi requisiti, uniti all’assenza di offerte sul mercato, rendono quindi l’accesso a un’abitazione praticamente irraggiungibile.
“House & Work”: un aiuto per ricercatori e lavoratori qualificati, ma non una soluzione
Per attrarre in Valle d’Aosta ricercatori e lavoratori altamente qualificati, la Regione promuove l’iniziativa “House & Work”. A beneficiarne sono coloro che decidono di stabilirsi sul territorio valdostano per svolgere attività presso enti quali imprese industriali, centri di eccellenza, organismi di ricerca etc. Il contributo massimo erogato è di 450 euro per persona singola o coppia e di 550 per persona singola o coppia con figlio. Nonostante l’aiuto economico, il problema di trovare una casa in affitto, però, persiste. L’offerta pressoché inesistente, l’aumento di appartamenti convertiti in case vacanze e l’assenza di un contratto indeterminato fanno sì che anche coloro che beneficiano del bando, facciano comunque molta fatica a trovare una sistemazione.
La sfida degli studenti universitari per trovare casa
di Silvia Savoye
Trovare un alloggio ad Aosta è una sfida anche per gli studenti universitari fuori sede, aggravata dall’assenza di uno studentato i cui tempi di realizzazione rimangono incerti. Circa il 40% degli iscritti all’Ateneo valdostano proviene da altre regioni, in particolare dal Piemonte, e la domanda di sistemazioni supera ampiamente l’offerta disponibile. Questa situazione sta rendendo il diritto allo studio un percorso più complicato per molti giovani.
Per il nuovo anno accademico 2024/2025, l’Università della Valle d’Aosta ha riattivato 32 posti letto presso la struttura residenziale di Montfleury. Le richieste, tuttavia, sono risultate di gran lunga superiori alla disponibilità, con 73 domande ricevute. Tra gli assegnatari, oltre agli studenti italiani, ci sono anche otto studenti internazionali che hanno utilizzato la piattaforma Universitaly. Le camere disponibili comprendevano 4 singole, 26 doppie e 2 stanze attrezzate per studenti con disabilità, di cui una riassegnata come camera singola per la mancanza di richieste specifiche. Gli alloggi sono stati assegnati in ordine cronologico di presentazione delle domande, e tutti coloro che hanno optato per una camera doppia hanno ottenuto il posto.
Per venire incontro alla crescente richiesta, l’Università ha creato una bacheca virtuale sul proprio sito, dove sono pubblicati annunci di alloggi o posti letto per studenti, con la collaborazione di agenzie immobiliari e proprietari privati. Questa iniziativa, unita alle bacheche fisiche presenti nelle sedi universitarie, rappresenta un tentativo di supportare gli studenti nella ricerca di una sistemazione. Tuttavia, i costi degli affitti rimangono un fattore critico.
Dai dati forniti dagli annunci pubblicati, emerge che i prezzi medi per una camera o un posto letto ad Aosta variano significativamente. Una stanza singola si aggira mediamente tra i 350 e i 500 euro al mese, mentre una doppia in condivisione può essere affittata per una cifra che va dai 250 ai 350 euro a persona. A questi costi si aggiungono, spesso, le spese condominiali o di utenze, che incidono ulteriormente sul bilancio degli studenti e delle loro famiglie. Per molti ragazzi, in particolare quelli provenienti da famiglie con redditi medi o bassi, tali costi rappresentano un ostacolo significativo.
In attesa della realizzazione dello studentato, la cui tempistica resta indefinita, la carenza di alloggi continua a essere una problematica sentita, come evidenziato anche durante gli Open Day. In queste occasioni, i futuri studenti e le loro famiglie esprimono frequenti preoccupazioni sulla difficoltà di trovare una sistemazione adeguata e sostenibile.
La costruzione dello studentato rappresenterebbe un intervento strutturale fondamentale per alleviare questa pressione, garantendo non solo un numero adeguato di posti, ma anche tariffe calmierate che permettano di contenere i costi per le famiglie. Nel frattempo, l’assenza di soluzioni stabili e accessibili rischia di scoraggiare molti potenziali iscritti, limitando l’attrattività dell’Ateneo valdostano per gli studenti fuori sede.
di Martina Praz
Come un gatto che si morde la coda, la via crucis nel trovare un appartamento in affitto a prezzi abbordabili riguarda anche i lavoratori stagionali assunti dalle strutture ricettive e dalle attività commerciali nei comuni più turistici della Valle. Da Courmayeur a Valtournenche, da Gressoney a Cogne, l’offerta di alloggi per chi vuole trasferirsi per lavorare è quasi nulla. E il problema si riversa sugli albergatori e sui negozianti, già alle prese con la difficoltà nel reperimento del personale.
“L’offerta di alloggi per il personale è minima e costosa – spiega Luigi Fosson, presidente dell’Adava, l’Associazione degli albergatori e delle imprese turistiche della Valle d’Aosta -. Soprattutto nelle testate di valle si preferisce affittare ai turisti a prezzi più alti. L’80-90% degli albergatori affitta degli appartamenti per il personale se non li ha di proprietà, con un costo medio di 300 euro a dipendente al mese per l’alloggio”. Una spesa non indifferente per le imprese del settore.
Per far fronte a questo problema, l’assessorato regionale al Turismo, in collaborazione con l’Adava, ha elaborato una proposta di legge che permetterà di riqualificare degli edifici che abbiano già una destinazione d’uso turistico-ricettiva o che possano acquisirla, sulla base del Piano regolatore comunale, ricavandone degli appartamenti per chi lavora nelle strutture ricettive e nelle attività commerciali.
“Il testo è pronto per essere approvato dalla giunta regionale in una delle prossime riunioni e poi inizierà il suo iter nelle commissioni del Consiglio Valle con le audizioni dei portatori di interesse che potranno suggerire ulteriori contributi migliorativi alla proposta”, spiega l’assessore regionale al Turismo, Giulio Grosjacques.
Per riqualificare gli edifici, si potrà accedere ai mutui agevolati previsti dalla legge regionale che sostiene le attività ricettive e commerciali. Non solo. “Gli edifici che verranno riqualificati potranno beneficiare di un aumento volumetrico fino al 20% – dice Grosjacques -. Ciò permetterà di dare maggiore respiro a queste riqualificazioni anche nell’ottica di non consumare suolo. La proposta di legge, infatti, non prevede nuove costruzioni”.
Ad occuparsi delle riqualificazioni potranno essere anche più operatori turistici secondo le modalità che saranno fissate dalla delibera attuativa. “Speriamo con questa legge di poter contribuire a dare ai dipendenti stagionali una sistemazione degna di questo nome – aggiunge l’assessore -, offrendo loro la possibilità dirimanere sul territorio e trasferire anche le loro famiglie, dando una risposta al decremento demografico dei nostri comuni, soprattutto quelli di montagna”.
Una legge che darà delle risposte, ma non in tutti i comuni
Atteso in particolare da alcuni comuni valdostani, il disegno di legge per la riqualificazione degli edifici da destinare ai dipendenti stagionali potrà dare una mano nella risoluzione di un problema diffuso. “Aspettiamo l’uscita di questa norma”, dice il sindaco di Gressoney-Saint-Jean, Mattia Alliod, che tramite il Celva ha aderito al progetto promosso dal Gal, dalla Fondazione Courmayeur e dal Politecnico di Torino per la costruzione di un atlante del patrimonio architettonico sottoutilizzato in Valle d’Aosta, che ha permesso di censire una serie di edifici in stato di abbandono.
“Nel nostro comune – spiega Alliod – abbiamo degli edifici che potrebbero essere riqualificati per i dipendenti stagionali. Un esempio sono i rustici di Villa Margherita, di fronte al Comune. Con il Politecnico di Torino stiamo portando avanti degli studi. È un’ipotesi ma quando uscirà la norma saremo pronti per approfondirla e capire come eventualmente poterla applicare”. Per il sindaco, “se riusciamo a dare una stabilità anche abitativa a chi lavora è meglio sia per il datore di lavoro che può fidelizzare i suoi dipendenti e non avrebbe il problema di trovarne sempre di nuovi sia per la comunità perché si favorirebbe l’inserimento di nuovi nuclei familiari che andrebbero ad aumentare la popolazione e quindi anche i servizi”.
Alessandro Girod, sindaco di Gressoney-La-Trinité, parla di un’altra “vera emergenza” quella di “mantenere i popoli di montagna nelle terre alte”. E spiega: “A Trinité non esiste un affitto per chi lavora perché il mercato è saturo e i lavoratori si rivolgono ai comuni della media Valle, ma l’aspetto che preoccupa di più l’amministrazione comunale riguarda i figli delle famiglie residenti che vogliono rimanere in paese ma hanno difficoltà nel trovare una casa perché i terreni edificabili per le prime case sono più unici che rari e la possibilità di acquistare o a prezzi calmierati non esiste”.
Girod intravede delle soluzioni nella modifica del Piano regolatore, “destinando i pochi spazi ancora edificabili alla costruzione di prime case”, nelle politiche di sensibilizzazione e attenzione al problema e nella scuola, con “percorsi formativi che permettano di lavorare e vivere in montagna, tenendo un occhio sulla città”.
A mettere mano al Piano regolatore comunale, ma con l’obiettivo di creare degli alloggi per i dipendenti stagionali, è stato il Consiglio comunale di Courmayeur. La variante non sostanziale approvata prima di Natale introduce una destinazione specifica per gli alloggi dedicati a chi necessita di risiedere nel comune per motivi lavorativi. “Con questa modifica gli appartamenti vincolati a prima casa possono essere affittati ai datori di lavoro che hanno la sede operativa a Courmayeur”, spiega il sindaco, Roberto Rota.
Una stima condotta nel comune ai piedi del Monte Bianco parla di 400 posti letto mancanti per i dipendenti stagionali. “È una stima per difetto, il problema è enorme e non di facile soluzione. Realizzare 400 posti letto equivale alle dimensione di due grandi alberghi e non può farlo il pubblico. Deve esserci l’iniziativa privata”, dice Rota, che non intravede grosse opportunità nella legge a cui sta lavorando l’assessorato regionale al Turismo. “A Courmayeur l’edilizia ha sfruttato tutto ciò che era possibile. Di alberghi in disuso ce ne sono di piccoli con 5 o 6 camere. Nessuno li riqualificherebbe per ospitare 10 persone”.
A Valtournenche, invece, sono diverse le attività ricettive che hanno comprato o affittato delle case sfitte per metterle a disposizione dei dipendenti. A spiegarlo è il vicesindaco, Massimo Chatrian, secondo cui, “uno dei grossi problemi è che se una volta il dipendente si adattava a dormire in una stanza con altre 2 o 3 persone adesso non è più così. Ogni dipendente vuole una stanza con il suo bagno e così diventa molto più complicato accontentare il personale”.
Il problema della mancanza di alloggi da affittare per i dipendenti stagionali è sentito anche a Cogne anche se “siamo meno svantaggiati di altre località – dice il sindaco, Franco Allera -. La frazione di Epinel è meno turistica rispetto al Capoluogo, a Lillaz o a Gimillan e molte persone riescono a risiedere lì e a trovare qualche alloggio in affitto a prezzi abbordabili”.
Allera spiega che in passato c’erano state delle interlocuzioni con la Regione “per capire se si potevano ristrutturare della case per poterle dare in affitto a un prezzo convenzionato per recuperare un patrimonio edilizio abbandonato che noi abbiamo, come il villaggio Cogne, o a pensare a delle iniziative per chi, come i dipendenti degli alberghi, ha un reddito che non è così basso per poter accedere agli alloggi dell’edilizia residenziale pubblica ma neanche così alto per poter acquistare una casa che a Cogne è molto cara, ma non eravamo riusciti a concretizzare”. Ora, con l’arrivo della legge regionale si potrebbe aprire una nuova partita.
Il caso di Zermatt
La mancanza di alloggi per i dipendenti stagionali si sta facendo sentire anche nella vicina Svizzera. Il Consiglio comunale di Zermatt ha deciso di affrontare il problema alla radice sperimentando una soluzione innovativa, annunciata dal quotidiano “Le Nouvelliste”. D’ora in poi, coloro che vorranno costruire un albergo o ampliarne uno già esistente, creando più di cinque posti di lavoro, dovranno presentare, oltre alla domanda per ottenere il permesso per costruire, anche un documento in cui indicheranno come intendono sistemare il personale dipendente, se in appartamenti di proprietà dell’azienda o in nuovi alloggi.
Per fare in modo che si passi dalla teoria alla pratica, il 60% degli spazi necessari ad accogliere i dipendenti dovrà essere realizzato al momento dell’ottenimento del permesso per costruire. La misura sarà valida per i prossimi tre anni e potrà essere prorogata per altri tre. Secondo quanto riportato da “Le Nouvelliste”, a ottobre erano 15 i progetti, tra quelli approvati o in fase di pianificazione, che arricchiranno l’offerta turistica mettendo a disposizione oltre 500 camere negli hotel o nelle seconde case a fronte di 3.414 camere d’albergo attualmente disponibili.
Affitti in Valle d’Aosta: la scelta tra turistico, residenziale e studenti universitari
Intervista a Jean-Claude Mochet, presidente dell’Unione piccoli proprietari immobiliari della Valle d’Aosta
di Silvia Savoye
Chi è il piccolo proprietario in Valle d’Aosta?
Il piccolo proprietario immobiliare è solitamente una persona che possiede uno o più immobili, oltre alla propria abitazione principale, e che li mette in affitto. In Valle d’Aosta abbiamo anche casi particolari, come persone che affittano immobili fuori regione, ad esempio in Liguria, abitazioni che magari un tempo usavano per le vacanze ma che ora non utilizzano più.
Quanti sono i piccoli proprietari in Valle d’Aosta?
Attualmente, l’Uppi Valle d’Aosta conta circa 2.000 iscritti, un numero in diminuzione, come nel resto d’Italia. Il calo, in linea con il trend nazionale, è di circa l’1% all’anno. Nonostante questo, il mattone rimane il bene rifugio per eccellenza: un desiderio trasversale che accomuna giovani e meno giovani, dal Nord al Sud, e che riguarda anche chi si trasferisce in Italia per stabilirsi. L’Uppi opera da quasi cinquant’anni in Valle d’Aosta, rappresentando un punto di riferimento per tutto ciò che riguarda la consulenza immobiliare: contratti d’affitto, sfratti, gestione delle locazioni e altro.
Perché diminuiscono i piccoli proprietari?
Le cause della riduzione sono molteplici. I costi di manutenzione delle case sono aumentati significativamente e il potere d’acquisto delle famiglie italiane è calato. Per molte persone, mantenere un immobile è diventato insostenibile. A ciò si aggiunge il problema delle case vecchie, spesso ereditate e lasciate vuote per mancanza di risorse per ristrutturarle. Non è raro che chi possiede una casa ereditata si trovi nell’impossibilità di affrontare le spese per rifare un bagno o aggiornare gli impianti. Inoltre, la gestione degli sfratti e i tempi lunghi per rientrare in possesso degli immobili sono ulteriori disincentivi per i proprietari.
Locazioni turistiche: opportunità o complicazioni?
Negli ultimi anni, molti piccoli proprietari hanno convertito gli affitti residenziali in affitti turistici. Questa scelta è motivata da tre fattori principali: evitare i problemi legati agli sfratti, mantenere un maggiore controllo sull’immobile e, in alcuni casi, ottenere rendimenti più alti. Tuttavia, non è una transizione priva di difficoltà: non tutti sono disposti a gestire la burocrazia, le comunicazioni obbligatorie e l’accoglienza degli ospiti. Inoltre, nelle aree di media montagna, il fenomeno degli affitti brevi in Valle d’Aosta è meno sviluppato rispetto alle località turistiche principali.
Molti proprietari stanno tornando agli affitti residenziali, specialmente se occasionali: abbiamo visto proprietari che, dopo aver sperimentato gli affitti turistici, sono tornati indietro perché non erano disposti a gestire tutte le complessità burocratiche o a dedicare tempo all’accoglienza.
L’Università rappresenta un’opportunità di investimento per i piccoli proprietari?
Ad Aosta, la crescita dell’Università sta incentivando un mercato alternativo, quello delle locazioni per studenti. L’affitto universitario è una via di mezzo tra il residenziale e il turistico: dura da uno a tre anni, consente un buon controllo sull’immobile e permette di ottenere un canone leggermente più alto, soprattutto se l’alloggio è condiviso tra più studenti. Molti proprietari ad Aosta si stanno mostrando disponibili a questo tipo di locazione, grazie anche alle agevolazioni fiscali offerte dai contratti concordati.
Quanto è importante il passaparola nel mercato degli affitti?
Nonostante i cambiamenti del mercato, il passaparola continua a giocare un ruolo centrale nella ricerca di alloggi in Valle d’Aosta. In una realtà piccola come la nostra, spesso sono gli inquilini a proporre un nuovo affittuario quando lasciano un alloggio, soprattutto tra le comunità di stranieri. Questo meccanismo aiuta i proprietari a ridurre i tempi di vuoto dell’immobile e a trovare persone di fiducia. Anche tra i condomini c’è una grande attenzione su chi arriva o va via.
Quali problemi sta creando l’introduzione del Cin e del Cir nel mercato degli affitti brevi in Valle d’Aosta?
L’introduzione del CIN (Codice Identificativo Nazionale) e del CIR (Codice Identificativo Regionale) ha creato nuove sfide per i proprietari, in particolare per quelli che affittano occasionalmente. Molti piccoli proprietari, soprattutto in media montagna, hanno deciso di non registrare i loro alloggi per evitare complicazioni burocratiche. Questo sistema rischia di disincentivare le locazioni lunghe, proprio quelle che dovrebbero essere incentivate. È importante mappare le strutture, ma senza danneggiarle.
Quali sono le prospettive per il futuro?
La soluzione è investire sulle locazioni residenziali, offrendo incentivi e agevolazioni che rendano più attraente questa scelta rispetto alle locazioni brevi. Bisogna governare il fenomeno degli affitti turistici, non bloccarlo con burocrazia e tasse, perché altrimenti i proprietari troveranno soluzioni alternative. Una politica abitativa lungimirante deve essere in grado di sostenere sia chi affitta sia chi cerca casa, per garantire un mercato sano ed equilibrato.
Il boom degli affitti brevi in Valle d’Aosta e il caos sulla tassa di soggiorno
di Martina Praz
Un mercato in continua espansione che “mangia” quello degli affitti residenziali. La scelta dei proprietari degli appartamenti di convertirsi agli affitti turistici brevi in Valle d’Aosta (inferiori ai 30 giorni consecutivi) ha quasi azzerato l’offerta di alloggi per chi vuole trasferirsi in Valle per motivi di lavoro o di studio. Dal 2023, le locazioni brevi sono normate da una legge regionale che ha introdotto, dal 1° maggio dello scorso anno, la tassa di soggiorno in tutti i comuni valdostani, con prezzi che variano da 0,50 a 2 euro.
Proprio in queste settimane, i proprietari degli oltre 6.500 appartamenti che hanno ottenuto il Cir, il Codice identificativo regionale, sono alle prese, per la prima volta, con il pagamento al Comune dell’imposta, riscossa agli ospiti durante il loro soggiorno. La scadenza per il versamento è imminente: il 31 gennaio, e a creare confusione è l’esistenza di tre diversi sistemi per il pagamento. Ogni Comune sceglie quale adottare. A spiegarlo, in una lettera inviata al Celva, all’assessore regionale al Turismo, Giulio Grosjacques, ai capigruppo e ai consiglieri della quarta commissione del Consiglio Valle, dopo la polemica sollevata da Vda Aperta, è Flavia Camilletti, delegata per la Valle d’Aosta dell’associazione Host Italia.
“Attualmente la Regione Valle d’Aosta non consente che il pagamento dell’imposta di soggiorno venga effettuato in automatico tramite ad esempio Airbnb – spiega Camilletti – e non è stata messa a disposizione una piattaforma unica, bensì tre diversi sistemi”. Si tratta del servizio online del Celva, attivo solo per i comuni che hanno aderito all’iniziativa, il modulo Fines del Celva, che fino al 13 gennaio poteva essere compilato online solo parzialmente e “essendo molto simile al precedente, non si capisce a cosa serva, né tantomeno chi debba compilarlo” e l’applicativo Staytour con procedure “lunghe e macchinose”.
Anche le opzioni di pagamento “sarebbero tre (pagamento spontaneo, F24 o PagoPa) – spiega la delegata valdostana di Host Italia – ma in realtà non si può scegliere liberamente tra le tre perché molti utenti hanno dovuto mandare una mail ai Comuni per avere informazioni su come fare, in quanto non tutti hanno aderito all’opzione online tramite PagoPa e ovviamente lo si scopre solo dopo aver perso tempo a provare sul sito”.
Per Camilletti è il caso di “mettere in discussione le attuali modalità proposte” perché “caotiche, frammentate e macchinose. Sinceramente mi chiedo come sia possibile che all’alba del 2025, la regione più piccola e meno popolosa d’Italia non sia in grado di rendere operativo un portale unico per Alloggiati web, Istat, e imposta di soggiorno, offrendo un servizio semplice e intuitivo” oltre a “un sistema di pagamento unificato per tutti i comuni”.
“Abbiamo ricevuto tante domande e richieste di chiarimento da parte dei proprietari ma abbiamo dato anche tante spiegazioni. È una prima volta e bisogna impratichirsi”, replica Alex Brunod, sindaco di Ayas e delegato al Turismo del Consorzio degli enti locali valdostani. Che spiega: “Il Celva ha fatto da capofila e ha messo a disposizione di tutti i comuni i modelli Fines per il pagamento dell’imposta. Alcuni comuni hanno scelto di acquistare delle licenze software su loro iniziativa per velocizzare la procedura, ma a tutti sono state messe a disposizione le stesse cose. Se qualcuno ha dei dubbi può tranquillamente rivolgersi agli uffici comunali che sono a disposizione per tutti i chiarimenti del caso e anche ad aiutare a svolgere la pratica”.
Brunod aggiunge che “non ci sono dei blocchi di sistema che impediscono il pagamento dell’imposta” e “molti comuni hanno messo a disposizione delle linee guida e dei video dove viene spiegato passo passo come effettuare il pagamento. Posso capire che per chi non è abituato a utilizzare la tecnologia può sembrare macchinoso ma è una procedura ripetitiva e quindi ci auguriamo che vada tutto a regime il prima possibile”. Anche la Regione ha attivato un servizio di assistenza dedicato, disponibile al numero verde 800.61.00.61 e operativo dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 18 e il sabato dalle 8 alle 12.
L’incognita dei controlli
Un altro tema che scotta – perché ricade ancora una volta sui comuni, in molti casi già sotto organico – sono i controlli previsti dalla legge regionale sugli affitti turistici brevi. La norma indica che “le funzioni di vigilanza e controllo sono esercitate dal Comune, anche mediante l’accesso di incaricati negli alloggi a uso turistico o mediante la consultazione dei canali o degli strumenti utilizzati per la loro pubblicità o per la loro identificazione”. In caso di inadempienze o irregolarità, le sanzioni variano da 300 a 6.000 euro.
“Abbiamo iniziato i controlli e dalle statistiche siamo la località più in regola con più di 900 Cir rilasciati – spiega il vicesindaco di Valtournenche, Massimo Chatrian -. Io sono dell’idea che anche quando si affitta bisogna fare dei controlli per garantire un servizio che sia all’altezza della località”.
Anche a Gressoney-La-Trinité, dove si contano finora 90 Cir, i controlli sono rigorosi: “Per ogni domanda gli uffici fanno i dovuti controlli, verificando le autorizzazioni esistenti e in alcuni casi si procede anche con il controllo a campione sull’abitazione e sugli spazi – spiega il sindaco Alessandro Girod -. In media sono tutti abbastanza virtuosi. Non abbiamo trovato grosse difformità o furbetti dell’affitto breve, ciò non significa che ne siamo immuni.”
A Cogne sono circa 200 i Cir rilasciati finora dal Comune. “Il 2024 è stato un anno particolare per noi per via dell’alluvione e abbiamo avuto problemi maggiori che non effettuare dei controlli”, spiega il sindaco Franco Allera, sottolineando come questi vengano “scaricati sui comuni”, che già soffrono la carenza di personale. “Faremo dei piccoli controlli a campione”, dice.
“Il controllo per il rilascio del Codice identificativo regionale è molto approfondito, ma andare a controllare le singole utenze non è così facile – spiega Roberto Rota, sindaco di Courmayeur, che per ora conta circa 400 Cir-. Adesso faremo un incontro con l’assessorato per capire fin dove si può andare. Suonare a 400 campanelli diventa impossibile”.
Anche a Gressoney-Saint-Jean si stanno prendendo le misure. “La richiesta dei Cir è partita lenta, ma negli ultimi mesi si è mossa parecchio – spiega il sindaco, Mattia Alliod -. Siamo sulle 170 richieste, rispetto agli alloggi che abbiamo non sono ancora tantissime. Ora faremo il punto anche sui controlli, demandati ai comuni già oberati di lavoro e sotto organico, per capire come intervenire. Ci sarà un confronto anche con gli altri comuni per tenere una linea unanime”.
Turistico o residenziale? La parola ai proprietari
di Orlando Bonserio
Esperienze spiacevoli, inquilini problematici, e, soprattutto, maggiori introiti. Passare da un contratto di affitto residenziale ad uno turistico sembra essere diventato ormai una tendenza inevitabile ed inesorabile, con le conseguenze che questo ha e avrà su tanti aspetti. Ma non è tutto oro quel che luccica, perché in diversi stanno affrontando il percorso inverso, preferendo la “tranquillità” di un inquilino unico a medio-lungo termine.
Dal residenziale al turistico: “Una scelta di prudenza”
Il problema nasce quando questo inquilino non è la persona più affidabile del mondo. “Sono passato dall’affitto residenziale a quello turistico circa un anno fa, dopo un’esperienza pesantemente negativa con un appartamento che avevo in un’altra regione”, racconta Mauro (nome di fantasia), che affitta un appartamento sulla collina di Aosta. “Gli inquilini mi erano stati raccomandati da agenzie e datori di lavoro, ma dopo tre giorni hanno iniziato a lanciarsi i piatti addosso. I miei piatti”. Ed è solo l’inizio: “In quella casa si spacciava droga, un viavai di persone poco raccomandabili, e per questo ero “messo alla gogna” dagli altri condomini. Sono andato dai carabinieri a fare denuncia, ma non potevo fare niente perché non abitavo lì: se ci fosse stato un giro di prostituzione avrei potuto denunciare, con la droga no”.
Una situazione paradossale che si risolve grazie all’insolvenza dell’inquilino: “Per “fortuna” non ha pagato diversi affitti, così l’ho potuto sfrattare. Nel momento di rendere esecutivo lo sfratto le forze dell’ordine hanno trovato 1 kg di droga in casa”. Quest’esperienza ha traumatizzato Mauro, che ad Aosta ha optato per un affitto turistico: “Non ho necessità vitali del reddito dell’appartamento, visto che questo è nello stesso edificio dove abito io non voglio correre il rischio di avere persone sgradevoli dentro casa. Ho preferito fare una scelta di prudenza”.
Dopo averlo ristrutturato, Mauro ha iscritto l’appartamento di Aosta ai tre portali principali – Airbnb (“quello che funziona meglio”), Booking (“molto ben articolato ma se non hai dimestichezza è difficile”) e Lovevda (“un disastro, funziona ancora male come piattaforma di prenotazioni”) – dove dice di avere un tasso di occupazione relativamente basso: “D’estate è occupato, per Capodanno ho ricevuto una ventina di richieste, ma zero per il resto. Ma per me che non lo faccio di lavoro non ha senso affittarlo solo per una notte”.
Di problemi con gli inquilini Mauro non ne ha avuti: “Quasi tutti lasciano perfettamente in ordine, faccio le pulizie solo perché devo. L’unico episodio “da raccontare” sono stati i due russi che mi han detto ‘Abbiamo lasciato qualche rifiuto’. Dopo quindici giorni ho portato via tonnellate di bottiglie di birra vuote”. Però non vede un futuro roseo in questo campo: “La mia ipotesi è che la crisi morderà pesantemente quest’anno, lo si vede nel mercato dell’automobile e lo si vedrà anche nel turismo. Le prospettive non sono particolarmente brillanti”.
Dal turistico al residenziale: “Pochi guadagni, troppa burocrazia”
La bolla si sta sgonfiando? Diverse persone che non affittano case ai turisti “professionalmente” si stanno facendo due conti in tasca e stanno seriamente pensando di tornare indietro. I motivi sono principalmente economici e burocratici. “È tutto troppo complicato: estintori, rilevatori di gas, pratiche burocratiche, tassa di soggiorno, leggi. Io ho 70 anni, non sono pratico con il computer, devo sempre dipendere dai miei figli”, racconta Costante Aillon, che ha una casa a Chambave ed una a Gignod. “Togli le pulizie, le tasse, le spese per la luce e l’acqua calda, alla fine non si guadagnava chissà cosa”.
Per questo motivo, Aillon cercava di fare affitti lunghi, in modo da non dover continuamente recarsi sul posto per le pulizie. Se la casa di Gignod è affittata tutto l’anno, con richieste soprattutto d’estate e d’inverno, quella di Chambave d’inverno deve rimanere chiusa, trovandosi in una frazione alta in cui l’acquedotto viene chiuso e il riscaldamento non c’è: “Questa struttura presenta, peraltro, una situazione legale paradossale: in base alla metratura della casa potrei affittare a tre persone, ma in base alle dimensioni della stanza solo a una. E le altre due dove le faccio dormire, fuori?”. Il valdostano, quindi, non ha dubbi, e dopo l’estate tornerà ad un affitto residenziale.
Un percorso che sembra voler intraprendere anche Paul (nome di fantasia) per la sua casa ad Aosta, che dopo 5 anni vorrebbe affittare “alla persona giusta, qualcuno che conosco e con cui andrei sul sicuro”. Avviata nel 2019 e passata attraverso gli anni del Covid, quest’attività si sta rivelando un salasso fiscale: “So che il mio è un caso particolare, perché negli ultimi anni ho cambiato vari lavori e quindi ho pagato tasse altissime, visto che gli introiti derivanti dalla casa entrano nella dichiarazione dei redditi”, spiega. “Ora sono invece più stabile, quindi inizierò a capire se è effettivamente conveniente dall’anno prossimo”.
Oltre a questo, anche per Paul influiscono non poco le pulizie e gli aspetti burocratici: “Abito in un comune della Plaine, quindi è anche complicato doversi organizzare per la consegna delle chiavi e per le pulizie. In più c’è tutta una parte burocratica molto macchinosa, in particolare per quanto riguarda l’ISTAT”.
Il tentativo di Chamonix di arginare gli affitti brevi
di Silvia Savoye
Gli affitti turistici sono un problema anche oltralpe. Tanto che il comune di Chamonix nel luglio scorso è corso ai ripari imponendo nuove regole, che entreranno in vigore il prossimo 1° maggio.
Un recente studio ha classificato la cittadina ai piedi del Monte Bianco (4.615 euro di entrate mensili per l’affitto di un appartamento turistico) tra le città francesi dove gli affitti Airbnb sono i più redditizi dopo Parigi (4.675 euro).
Trovare un appartamento per l’affitto residenziale sta diventando un’impresa anche a Chamonix, dove gli affitti stagionali occupano il 20% del parco locativo. Il prezzo al metro quadrato è cresciuto negli ultimi quattro anni, superando a volte i 10-12.000 euro al metro quadrato.
“La crescita del numero di immobili che cambiano uso per passare a locazioni stagionali non è più ammissibile per la nostra comunità. – dichiarava nei mesi scorsi a France 3 il sindaco Eric Fournier – Soprattutto quando cerca, come nel caso di Chamonix, di stabilizzare l’equilibrio tra la nostra popolazione permanente e quella turistica”.
Il 25 luglio la Comunità dei Comuni della Valle di Chamonix Mont-Blanc ha così adottato una delibera all’unanimità per limitare gli affitti stagionali nei quattro comuni di Servoz, Les Houches, Chamonix e Vallorcine.
Se fino ad oggi gli alloggi affittati come abitazioni turistiche dovevano essere dichiarati tramite una procedura presso il comune, dal 1° maggio servirà una registrazione, da effettuare online. Ai proprietari verrà rilasciato un numero di registrazione, che dovrà apparire su tutti gli annunci di affitto, al pari del nostro Cin e Cir.
Tutte le persone fisiche ci si occupano di alloggi turistici dovranno ottenere un’autorizzazione per il cambiamento d’uso. A Chamonix e Les Houches i comuni autorizzeranno però soltanto un bene per persone fisica, mentre a Servoz saranno autorizzati fino a due beni. Nessuna limitazione sarà invece imposta a Vallorcine.
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