Il Locale
Firenze è una delle città italiane che più soffrono di quel fenomeno noto come overtourism. Come tutti i grandi centri storici presi d’assalto dai turisti, è popolata di trappole gastronomiche che poco giovano all’idea di qualità. Le eccezioni felici non sono molte, ma in quanto tali è bene raccontarle, specie quando il contesto nel quale si trovano è particolarmente affascinante. Locale Firenze si trova in un palazzo che ha vissuto una storia le cui probabili origini sono antichissime.
A margine del piano interrato, infatti, c’è un’antica cantina per la conservazione del vino che veniva venduto attraverso la ‘buchetta’ al tempo affacciata su via delle Seggiole (ecco cosa sono le buchette e dove trovarle): alcune delle arcate in pietra potrebbero risalire alla Firenze di fondazione romana. Le vicende note si snodano dal XIII secolo, con la prima famiglia proprietaria (i Bastari Rittafè), a trecento anni dopo, quando il palazzo divenne la residenza di Bartolomeo Concini, giureconsulto e plenipotenziario di Cosimo I de’ Medici.
Il luogo è estremamente scenografico, quasi da lasciar sbalorditi, con le grandi sale, eleganti e ricche di dettagli: vale la pena farsi accompagnare a scoprirlo in tutto il suo sviluppo, fino al piano interrato, sede della cantina e del laboratorio di mixology del bellissimo bar all’ingresso, non a caso tra i World’s 50 Best nel 2023. Come ci racconta Faramarz Poosty, general manager: “Locale è un luogo straordinario, frutto di un lavoro di recupero notevole che ha richiesto un lavoro importante”.
Lo chef
Simone Caponnetto, executive chef di Locale Firenze, classe 1990, in città è nato e cresciuto. Frequenta la scuola alberghiera e dopo il diploma parte subito dall’Italia: “Avevo questa passione del viaggio, veniva addirittura prima della cucina. Scalpitavo per partire e vedere il mondo: appena finita la scuola me ne sono andato e alla fine dei conti sono stato fuori dieci anni. Viaggiare è bello, ti riempie di sogni, ma dovevo anche mantenermi, quindi sono stato obbligato trovare dei lavoretti. Ho collegato viaggi e lavoro: sono stato in America, Australia, Giappone, anche se le mie esperienze principali sono state Spagna, Inghilterra e poi a Roma con Heinz Beck e sempre con lui a Montecarlo. La passione è cresciuta in Australia: quando sono arrivato lì parlavo inglese zero, i primi mesi ero disperato, non sapevo come comunicare, ero anche abbastanza timido: poi sono finito in un ristorante di uno chef inglese molto bravo a Sidney, che però aveva posto solo in pasticceria. Così mi sono ritrovato con questo pastry chef napoletano bravissimo che veniva dal Waterside Inn di Alain Roux.”
Alla fine col Waterside Inn ci prova, riesce a entrarci e si innamora: “Ho provato a farmi prendere un po’ per sfida un po’ per gioco e da zero esperienza di stellati ci sono rimasto due anni: lì è stato l’inizio di tutta la carriera e da una cucina classica come quella, dopo due altri anni da chef privato, mi sono ritrovato a partire per Tokio da Narisawa.” Infine, i due anni al Mugaritz a Errenteria: “Le esperienze in giro per il mondo sono state tutte fondamentali per formarmi, ma da Andoni Luis Aduriz al Mugaritz è stato qualcosa che definirei travolgente.” Dalla Spagna Simone torna a Firenze, dove cucina in una piccola realtà che presto prende piede, Nugolo: alla fine però “sentivo che andavo troppo veloce: venendo da una cucina così avanguardista, mi stava un po’ stretto. In più, il direttore di Locale veniva spesso e ha fatto di tutto per portarmi qui”. Ecco che allora Simone entra a far parte della squadra.
La sua è una cucina dalla personalità spiccata, densa di tecnica e allo stesso modo diretta e comprensibile, spesso anche divertente in alcune espressioni giocose che depistano, come quando a fine pasto si inventa un castagnaccio completamente privo di castagne, in doppia versione, fatto di tendini di vacca, pinoli, rosmarino e la stessa preparazione fermentata con il candidum, la muffa del brie. Simone ci tiene a sottolineare il suo forte legame con la Toscana: “Stiamo facendo un lavoro sul territorio veramente importante: la nostra è una ricerca estenuante su piccoli produttori e agricoltori. Ci impegniamo tanto e a volte è complicato, poi i ragazzi mi chiedono se non sarebbe molto più semplice diminuirli. Io dico no, che gusto c’è, altrimenti? Per cui abbiamo una quantità di fornitori incredibile, proprio perché ognuno ha le sue caratteristiche e diversifichiamo tantissimo.
Mi piace proprio dare valore a tutti gli elementi principali, siano verdura, frutta, carne o pesce, che siano tutti italiani, ma soprattutto toscani. Leviamo tutto ciò che non è stagionale, non usiamo avocado, passion fruit, ananas lime. Non prendiamo piccioni francesi: a Greve in Chianti ho un fornitore che ne alleva di pazzeschi e per me vale centomila volte di più.” L’idea di fondo, attraverso le pratiche quotidiane, è di rendere Locale Firenze un ristorante realmente sostenibile, sotto tutti i profili.
I piatti
Insomma, con Simone Caponnetto si può far affidamento su un percorso gastronomico, Consapevolezza, articolato su sei (€120) o nove portate (€160) con molte belle idee e ricordi ‘tecnici’ dei suoi trascorsi in viaggio. Si inizia con pane toscano, ragù di funghi trifolati nostrani e olio nuovo.
Un bel ricordo del periodo giapponese è il chawanmushi, budino di mare di bellissima intensità con fumetto infusionato agli agrumi, cozze, fasolari marinati con beurre blanc e aceto di lamponi, caviale e salicornia, finito con una salsa allo Champagne. Notevoli le lenticchie casentinesi mantecate con burro affumicato e Parmigiano Reggiano 40 mesi; ancora, maionese di lenticchie e spiedino con mela verde, sedano e finocchio.
Coreografico da vedere e molto buono da mangiare il triplo risotto, preparato con alla base una tartare di seppia cruda e pomodori confit. Il riso viene cotto con un fumetto di pesce e diviso in 3 pentolini diversi: uno è mantecato con crema di spinaci e bietola, uno al nero di seppia con crema al nero, arancia e rosmarino; con la classica zuppa all’inzimino, ridotta e filtrata, viene mantecato l’ultimo. Bel boccone gustoso l’anguilla cotta sottovuoto e affumicata alla brace, glassata con teriyaki fatto in casa con il fondo delle ossa e fondo di manzo e accompagnata da midollo soffritto, sciolto con aglio e rosmarino e poi ricomposto, tagliato a cubetti e servito freddo sulla pelle croccante dell’anguilla: alla base un gremolada con pesto di sedano, rosmarino e arance.
Succulento e ben concepito il rombo al pepe verde, pesce grasso e saporito, il cui filetto viene riempito di una mousse montata di rombo, burro ed erbe aromatiche, chiuso a roll e trattato come fosse un pezzo di manzo. “Lo marchiamo bene in padella, finiamo leggermente in forno e lo serviamo con la salsa classica al pepe verde: panna ridotta, fondo di manzo, senape sottaceto, infusione di pepe verde e altri 3 pepi”. Del non-castagnaccio, divertente predessert, abbiamo scritto prima. Il finale dolce arriva dall’idea di servire qualcosa che ricordi l’inizio della giornata: Colazione è quindi uno zabaione realizzato con acqua di koji nero caramellato, con gelato al caffè servito in una tazzina da espresso e un goloso budino di riso al koji.
Se non si vuole accompagnare la cena con una selezione di cocktail d’autore che vale la pena assaggiare, si può scegliere di andare sul vino con abbinamenti – non affatto scontati- da sei (€80) o nove calici (€110). Per un’esperienza davvero coinvolgente.
Contatti
Locale Firenze
Via delle Seggiole, 12r, 50122 Firenze FI
Telefono: 055 906 7188
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