“Esplodono i fenomeni di violenza immotivata”

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LECCE – Il crimine organizzato, sia pure fortemente ridimensionato nel corso di questi anni grazie all’azione di prevenzione e di repressione attuata dalle forze dell’ordine e dalla magistratura, continua a cercare di rialzare la testa, non solo attraverso il redditizio traffico di sostanze stupefacenti, ma cercando di infiltrarsi anche nei gangli delle amministrazioni pubbliche, in particolare delle amministrazioni locali. A riferirlo è stato oggi il procuratore generale facente funzioni Giovanni Gagliotta alla cerimonia per l’inaugurazione dell’anno giudiziario.

Nel suo intervento, riportandosi alla relazione della Procura, il pg ha sottolineato come a suscitare preoccupazione, sia anche la criminalità non organizzata: “Assistiamo con maggiore frequenza all’esplosione di fenomeni di violenza senza senso o per motivazioni irrilevanti. Ad aggressioni alla sfera della libertà individuale, anche sessuale, da parte di familiari o comunque di persone legate affettivamente alle vittime. Situazioni che, proprio perché appaiono prive di motivazione o con cause apparenti, rendono ancora più pericoloso questo tipo di criminalità”.

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Per il procuratore, per combattere tutto questo, è necessaria una risposta repressiva, ma questa risposta deve fare i conti con la situazione carceraria non più sostenibile: “Se vogliamo ottenere una civile convivenza, occorre reprimere i reati e far scontare la pena a chi ha violato la legge penale. Per fare ciò occorrono strutture carcerarie degne di uno Stato civile. Altrimenti, l’effetto è un corto circuito sociale nefasto”.

Ed è proprio sul penitenziario di Lecce che il pg si è soffermato nel suo discorso, rilevando una situazione allarmante in termini di sicurezza: dal sovraffollamento dei detenuti a fronte di una scarsità di agenti penitenziari, alle rivolte interne finalizzate a minare l’equilibrio già precario, per non parlare del frequente ingresso di droga e di cellullari, spesso attraverso l’utilizzo di droni, che consentono alla criminalità di mantenere un pericoloso legame con la realtà esterna.

All’elenco dei problemi che attanagliano la giustizia locale stilato dal pg, di certo si confermano quelli legati alla carenza di organico e di risorse materiali, in particolare informatiche, e alla logistica. Riguardo all’edilizia giudiziaria, per esempio, si è preso atto del naufragio dell’ultimo progetto per la realizzazione della cittadella della Giustizia.

Le critiche al progetto “Cittadella della giustizia diffusa”

Rimanendo nell’ambito dei mezzi materiali, è stato toccato il tema dell’edilizia e il progetto di un polo giudiziario moderno, funzionale e correttamente dimensionato per lo svolgimento di tutta l’attività giudiziaria. Dopo vari progetti per la sua realizzazione, anche l’ultimo, che individuava in un’area di proprietà comunale nei pressi dello stadio di Lecce, non è andato in porto perché sul piatto sono rimasti 70milioni di euro stanziati dal governo e che di fatto risultano inadeguati.

Non sono mancate le critiche del procuratore Gagliotta all’alternativa proposta: “Si vuol adottare un progetto che solo eufemisticamente è stato chiamato ‘Cittadella della giustizia diffusa’, laddove l’aggettivo ‘diffusa’ non significa altro che verrà mantenuta l’attuale situazione di divisione degli uffici giudiziari presso diversi complessi immobiliari – taluni tristemente noti per la loro inidoneità strutturale – a cui se ne aggiungeranno dei nuovi, come l’ex palazzo Parlangeli. Sicché il numero di plessi presso i quali saranno distribuiti i vari uffici sarà destinato ad aumentare con tutte le incombenze logistiche necessarie. E si tratterà comunque di edifici vecchi, da ristrutturare totalmente per renderli idonei a un minimo uso giudiziario”.

Informatica, il pg: “Fondamentale, ma restiamo indietro”

“Nessuna attività giudiziaria, oggi come oggi, nel settore civile, in quello penale o in altri rami dell’ordinamento, può essere svolta senza l’ausilio dell’informatica. E non tanto per quanto concerne le risorse hardware, pur essenziali, quanto soprattutto per l’utilizzo di applicativi software che siano realmente efficienti, efficaci e utilizzabili da tutti”: ha spiegato il procuratore.

Le problematiche più gravi riguardano il settore penale, storicamente in ritardo rispetto a quello civile e con problemi strutturali irrisolti così descritti: “Siamo in presenza di applicativi costruiti in diverse stagioni temporali; a strati sovrapposti; privi di qualsiasi facilità d’uso; pensati spesso in maniera contraddittoria e non sempre allineati con l’utilizzo stabilito dalle norme legali; e, cosa ancora più grave, privi di quella necessaria unità e omogeneità che dovrebbe coprire l’attività processuale penale dal primo momento, ossia dalla ricezione di una notizia di reato da parte della procura della Repubblica, passando per tutte le fasi processuali possibili sino al momento finale rappresentato dalla gestione della esecuzione della pena. Nulla di tutto ciò esiste”. Secondo il procuratore, sarebbe pertanto auspicabile che il rilascio di nuovi applicativi avvenisse tramite una preventiva interlocuzione con il Consiglio Superiore della Magistratura a garanzia della compatibilità degli stessi con le esigenze di salvaguardia dell’autonomia e dell’indipendenza del lavoro giudiziario.

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