Lavoro nero, la crociata degli artigiani contro gli abusivi

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C’è chi chiama la parrucchiera per farsi fare “taglio e colore” a domicilio, e chi invece fa visita all’estetista che a casa realizza “french” alle unghie.

Il mondo dell’abusivismo commerciale non conosce confini. Un fenomeno in continuo mutamento, che si adatta anche ai nuovi canali di comunicazione. Le “dirette” affollano quotidianamente i social. Lo schema utilizzato è quello della “tele-vendita” tanto in voga negli anni ‘90, con la differenza (sostanziale) che, il più delle volte, la “compra-vendita” non prevede… fattura. E così le riparazioni effettuate dal meccanico o dall’elettrauto (spesso “dopolavoristi” che esercitano nel garage attiguo all’abitazione) e le torte realizzate in casa da pasticceri improvvisati, senza titolo ed autorizzazioni di sorta. Il giro d’affari è inestimabile. Così come altrettanto incalcolabile è il danno per gli artigiani regolari.

Raffaella Semeraro (presidente settore Benessere di Confartigianato): «Troppo facile lavorare senza pagare tasse e senza avere obblighi nei confronti dell’Inps. Troppo comodo andare “casa per casa” o ricevere i clienti su un lettino sistemato in uno sgabuzzino del proprio appartamento. Ogni giorno ci sono migliaia di situazioni come questa. Tutto avviene alla luce del sole e nel silenzio generale. Per avviare un’azione contro l’abusivismo commerciale, a mio avviso, bisognerebbe partire dalle scuole di estetica. Perché dopo aver conseguito la certificazione si perde traccia di centinaia di ragazze. Sarebbe necessario costituire un albo, utile a tracciare le professionalità che si formano nelle scuole.

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Personalmente lavoro dal 1997 ma la situazione è diventata insostenibile. Sto seriamente pensando di chiudere. Durante il periodo del Covid mi sono ritrovata bloccata in casa. Abitando in un comune della provincia, ed avendo il salone in città, non mi era permesso raggiungere il luogo di lavoro. A quel punto la clientela si è spostata verso le lavoratrici in nero. A loro nessun controllo era dovuto. Per i centri estetici è obbligatorio possedere un’autoclave. In tanti, però, per sterilizzare utilizzano le “palline di quarzo”, non molto igienica come soluzione. Se effettuano un controllo nelle nostre attività trovano tutto in regola. Dovrebbero invece impiegare maggiori risorse ed energie per rintracciare e bloccare gli abusivi».

Raffaele Zanframundo (settore alimentazione – “Pasticceria Tonigel Zanframundo – Massafra”): «Nel mio settore abbiamo assistito, negli ultimi anni, ad un proliferare di “cake designer” che lavorano in casa senza avere alcuna autorizzazione. Noi, a differenza loro, alziamo ogni mattina la saracinesca, paghiamo le tasse e rispettiamo tutti i requisiti per stare sul mercato. Ben venga la concorrenza leale, perché ci serve da stimolo. Ma quella sleale no: se sono così bravi salissero sul ring a combattere. Aprissero una partita Iva, pagassero le tasse e rispettassero le regole: Asl, Haccp e analisi per l’acqua corrente, solo per citarne alcune.

Facciamo fronte quotidianamente alle spese per il pagamento dei contributi previdenziali, delle utenze e dell’affitto. Loro, invece, sono evasori totali facilmente individuabili, perché basta farsi un giro sui social per trovare intere pagine dedicate alle creazioni di artisti abusivi. Chi è preposto a controllare, così come viene da noi, dovrebbe avviare un’attività di ricerca sul web per stanare chi lavora in nero mettendo a rischio l’incolumità dei consumatori. Ho quasi 63, sto per raggiungere la pensione. I giovani che decidono di aprire una attività, con questi chiari di luna, sono coraggiosi. Non dobbiamo lasciarli soli».

Silvio Lippo (settore acconciatura – “Hair Studio Silvio – Taranto”): «Noi acconciatori, così come gli altri artigiani professionisti, sosteniamo enormi spese per il mantenimento delle nostre botteghe. Ci sono delle voci in bilancio che pesano notevolmente come quelle legate all’affitto (per chi non ha la fortuna di avere un locale di proprietà) e per le utenze. Poi ci sono i costi sostenuti per il versamento dei contributi previdenziali.

A differenza degli “abusivi”, poi, abbiamo degli obblighi anche nei confronti dei clienti. Affrontiamo delle spese per la formazione professionale e per i corsi di aggiornamento sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Tra noi e loro è una lotta impari. Non c’è partita. In più circostanze abbiamo richiamato l’attenzione delle istituzioni e delle forze dell’ordine. La nostra richiesta resta quella di incrementare il numero dei controlli. L’entità del fenomeno non ammette ulteriori ritardi. A rischio c’è un intero comparto, fatto di professionisti seri, che pagano le tasse e osservano pedissequamente tutte le norme. È giunto il momento di intervenire senza esitazioni».

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Martino Larocca (settore autoriparazione – “Vimar – Crispiano”): «Il fenomeno del lavoro nero è presente in ogni settore. Nel nostro comparto, ad esempio, possiamo dire che un buon 30% del lavoro è ad appannaggio degli abusivi. Parliamo di meccanici, carrozzieri, garagisti. Oltre che provvedere al pagamento dei contributi previdenziali, al fitto per i locali ed alle bollette, avere una azienda in regola significa anche rispettare le normative riguardanti la sicurezza e l’inquinamento. Parliamo di costi spaventosi. Solo a titolo esemplificativo: se io, titolare di una attività regolare, guadagno 100 euro, dopo aver provveduto al pagamento di quanto dovuto, mi resta in tasca soltanto 10 euro. All’abusivo, invece, restano in tasca 90 euro.

Purtroppo ci sono norme troppo stringenti per noi artigiani. Ai limiti dell’esasperazione. A differenza dei lavoratori in nero, forniamo la garanzia per la lavorazione effettuata e di conseguenza un livello di sicurezza massimo. Purtroppo i nostri sforzi non vengono ripagati. Noi artigiani siamo alla ricerca di operai ma non si trovano. In tanti scelgono di lavorare in nero anche se il posto già ce l’hanno. Ben vengano i controlli purché siano messi nel mirino gli abusivi. In tante occasioni, infatti, abbiamo richiamato l’attenzione delle autorità sulla necessità di maggiori controlli per debellare la piaga dell’abusivismo. Alla fine, ad essere controllate, sono state le imprese regolari. Oltre al danno, la beffa».

Giovanni Palmisano (settore edilizia/ impiantistica/ serramentistica – “Clima Project srl”): «Negli ultimi anni abbiamo ricevuto una notevole spinta dagli incentivi statali. Mi riferisco ai bonus con detrazioni fiscali al 65% ed al 110%. Ora affrontiamo una fase in cui il lavoro è diminuito e, di conseguenza, diventa ancor più evidente il fenomeno dell’abusivismo. Il cliente finale cerca sempre di risparmiare, il lavoratore in nero, quindi, ha gioco facile.

Siamo consapevoli che per gli organi deputati al controllo sia molto difficile scovare queste situazioni, soprattutto nel comparto dell’edilizia privata. Sarebbe indispensabile investire maggiori risorse nella lotta all’abusivismo, così come sarebbe auspicabile l’applicazione di sanzioni esemplari sia per i lavoratori in nero che per i committenti, ovvero i proprietari delle abitazioni.

Per le aziende regolari è importante avere incentivi statali ma le detrazioni fiscali dilazionate in 10 anni servono a poco. È un periodo troppo lungo per evitare che i più si rivolgano agli abusivi. Si potrebbe intervenire riducendo i tempi, magari prevedendo un recupero delle detrazioni in 5 anni».

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Fabio Paolillo (segretario generale Confartigianato Taranto): «L’abusivismo è il peggior competitor del sistema delle piccole imprese e dell’artigianato ionico, perché è nascosto e non ci può essere competizione con chi non rispetta le regole. Sono diversi i settori sotto attacco: l’edilizia, l’impiantistica, la falegnameria, serramentistica, l’autoriparazione, l’autotrasporto, l’alimentazione, l’estetica e l’acconciatura. È una battaglia impari perché queste realtà “a nero” sono completamente sotto traccia. L’abusivo è un problema non solo per l’imprenditore o l’artigiano, ma anche per il cittadino che non ha nessuna tutela e garanzia sul lavoro svolto, oltre a minacciare la sicurezza e la sua salute con l’utilizzo di prodotti di dubbia provenienza. Il quadro è preoccupante ovunque, ma la provincia di Taranto segna una situazione assai esposta. In alcuni settori abbiamo tassi di irregolarità che vanno dal 15 al 20%, con punte che sfiorano il 50% nel comparto benessere. E’ importante sottolineare che sono imprese artigiane quelle che operano nei mestieri maggiormente sotto pressione per la concorrenza sleale. E’ un danno che va a discapito di tutta la comunità ionica, che sottrae risorse importanti allo Stato ed ai comuni, con migliaia di operatori abusivi che si spacciano per imprenditori, ma che di regolare non hanno nulla.

Viviamo in un’epoca di grande evoluzione, con uso di tecnologie all’avanguardia, servono mani competenti e soprattutto imprese che abbiano la cultura della responsabilità e della cura del lavoro. Il lavoro ben fatto fa parte del Dna dei nostri imprenditori. Come Confartigianato non nascondiamo certo i problemi che assillano la piccola impresa, come la forte pressione fiscale e l’eccessiva burocrazia, che spingono tanti a trovare nell’abusivismo la soluzione a questi problemi. Ma non esiste giustificazione per chi si pone fuori dalle regole e, seppur in una comunità dove regna sovrana la cultura dell’indifferenza e del menefreghismo sul tema abusivismo, visti i tanti cittadini che ne fruiscono, come Confartigianato intendiamo fare quadrato con le istituzioni pubbliche, Prefetto e sindaci in primis, per facilitare e riconoscere chi agisce rispettandole, rendendo la vita più semplice ai lavoratori autonomi, agli artigiani, alle piccole imprese. Questo è il modo migliore per sconfiggere il sommerso, assieme ad una forte azione di controllo, repressione e contrasto all’abusivismo da parte delle Autorità, che però non si traduca come al solito nel boomerang di finire per controllare sempre e solo chi è regolarmente iscritto alla camera di commercio».





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