Questa settimana è stata densa di accadimenti. Dall’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, all’incontro dei principali leader del mondo politico ed economico al World Economic Forum, a Davos, per discutere di “Collaborazione per un’era intelligente”. Il ritorno di Trump alla Casa Bianca è stato uno degli argomenti chiave di discussione a Davos. Trump nel suo discorso di inizio mandato ha promesso di perseguire ambiziosi cambiamenti nella politica statunitense, con impatti di vasta portata sull’economia globale. Dall’imposizione di tariffe elevate sulle altre grandi economie del mondo, alla rivalutazione di alleanze militari e diplomatiche di lunga data, alla riforma delle istituzioni multilaterali, all’azzeramento di una serie di normative statunitensi oltre che di impegni internazionali (Organizzazione Mondiale della Sanità e Accordi sul clima, in primis). Molti analisti concordano nel sottolineare che il mandato di Trump sarà caratterizzato da imprevedibilità, colpi di scena (teatrali), e molto pragmatismo; come emerso a Davos «l’imprevedibilità che Trump rappresenta, è anche l’imprevedibilità del mondo». La parola chiave che le discussioni di Davos hanno, dunque, messo al centro di dibattiti e dichiarazioni per il 2025 è stata proprio l’incertezza. Ebbene, l’imprevedibilità e l’incertezza sono, in economia, tra i peggiori nemici della crescita economica e dello sviluppo. Come insegno ai miei studenti del primo anno del corso di laurea in giurisprudenza all’Università di Macerata, l’incertezza danneggia le aspettative, frena le decisioni degli operatori economici. Si traduce in minori investimenti per le imprese, in contrazione dei consumi e nel rallentamento del credito. Il Fondo monetario internazionale stima che l’economia globale si espanderà del 3,2% nel 2025 e rallenterà al 3,1% nei prossimi cinque anni. La crescita sarà debole o molto debole per l’Europa, soprattutto – ma non solo – a causa della Germania. L’incertezza affligge l’economia nel mondo e si manifesta nei territori. L’indagine su “Le prospettive dell’economia” pubblicata qualche settimana fa dal Centro studi Confindustria Marche fa emergere chiaramente la preoccupazione dei 738 imprenditori marchigiani intervistati a dicembre 2024. Per un imprenditore su cinque le prospettive di mercato della propria azienda sono oggi più incerte rispetto a tre mesi fa. Lo scenario e le aspettative sono condizionati dalla debole domanda internazionale e da un mercato nazionale ancora debole, specie per le imprese di minori dimensioni. Rispetto a questo contesto, un messaggio chiaro è stato lanciato da Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione Europea.
In apertura del forum di Davos, ha ricordato che l’Ue, seconda economia mondiale e maggiore attore commerciale del mondo, si appresta a promuovere profondi cambiamenti. Sul fronte interno è in arrivo un piano di rilancio, basato su tre pilastri: promuovere mercati dei capitali più profondi e liquidi, a sostegno dell’innovazione e delle esigenze di crescita delle imprese; contrastare le burocrazie e le divergenze normative, per un mercato del lavoro e un contesto di business più efficienti; realizzare una vera Unione dell’energia, con forniture energetiche più sicure, reti elettriche e infrastrutture di stoccaggio modernizzate.
Sul fronte globale, la Presidente ha avocato all’Europa un ruolo centrale in molteplici contesti: dalla difesa degli accordi sul clima di Parigi, allo sviluppo etico dell’intelligenza artificiale, al supporto alle relazioni multipolari. Ha affermato: «L’Europa continuerà a cercare la cooperazione, non solo con i nostri amici di lunga data che la pensano come noi, ma con qualsiasi paese con cui condividiamo interessi. Il nostro messaggio al mondo è semplice: se ci sono vantaggi reciproci in vista, siamo pronti a impegnarci con voi». Un riferimento diretto sia alla Cina, sia agli Usa. Se, concretamente, il disegno presentato dalla Presidente sarà attuato, potremo forse sperare di avere nei prossimi mesi i presupposti per una Europa più consapevole, capace di valorizzare il proprio modello, fondato su standard sociali e ambientali elevati, oltre che sul contrasto alle disuguaglianze. L’alternativa a questo scenario sarebbe devastante.
L’Europa si dichiara pronta a ritrovare una nuova forza, ma questo non basta. Servono i territori, servono le azioni concrete nelle singole regioni in cui l’Europa si articola. Il vero collo di bottiglia in questo percorso pervasivo di rinnovamento e di contrasto all’incertezza non sono, a mio avviso, le risorse finanziarie (che pure sono essenziali). La vera risorsa scarsa è la “competenza”, in termini di capacità di visione e governo, di formulazione e attuazione di politiche per un cambiamento strutturale, con impatto nel lungo termine. Abbiamo un banco di prova, tra qualche mese, nella nostra regione. Spero che il modello di crescita e di sviluppo, di costruzione di resilienza e competitività sia posto al centro del dibattito politico, con concrete proposte di politica economica e industriale per rispondere alle tante fragilità che connotano da troppo tempo imprese, università, istituzioni pubbliche, comunità e territori.
* Professore ordinario
di Economia Applicata all’Università di Macerata
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