Coccarde tricolori sulla toga, Costituzione alzata al cielo durante l’esecuzione dell’inno nazionale, cartelli con una frase di Pietro Calamandrei: «In questa Costituzione (…) c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato. Questa (…) non è una carta morta (…), è un testamento, un testamento di centomila morti. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità (…) lì è nata la Costituzione».
Questa la protesta organizzata dai magistrati italiani e, fra questi, del distretto della Corte d’Appello di Bari per l’inaugurazione dell’anno giudiziario, nell’aula magna del palazzo di giustizia di piazza Enrico De Nicola, contro la riforma della giustizia.
La cerimonia d’inaugurazione dell’anno giudiziario ha visto la protesta dei magistrati baresi, contrari al piano di riforma predisposto dal governo che vedrebbe la separazione delle carriere fra togati e pm. La loro azione, uscire dall’aula nel momento in cui il vice ministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto, prendeva la parola.
«Questa riforma intacca l’equilibrio tra poteri a discapito del controllo di legalità e ha lo scopo di minare le garanzie dei cittadini. Oggi chiediamo un confronto e chiediamo di essere ascoltati perché sul disegno di riforma possa esserci un confronto col Governo», ha detto Antonella Cafagna, presidente della giunta esecutiva dell’Anm di Bari.
«I percorsi parlamentari sono imprevedibili per loro natura. Il Parlamento decide, decide secondo i voti che l’aula riserva ai provvedimenti. Anche la scelta di non modificarle è una scelta del Parlamento, quindi se qualcuno si lagna del fatto che non è stata modificata la proposta del Governo, è una scelta del Parlamento che ha scelto di non modificarla. Quindi nulla di patologico, ma assolutamente fisiologico e corretto. Noi seguiamo il percorso del 138 della Costituzione: i padri costituenti hanno previsto la possibilità di modificare la Costituzione, era il nostro programma di governo, i cittadini ci hanno votato anche per questo, abbiamo il dovere di portarla garbatamente, pacatamente, ma tenacemente fino in fondo».
Fra i più fermi nella protesta il procuratore di Trani, Renato Nitti, che ha mostrato il cartello con il testo di Calamendrei insieme con l’omologo di Bari, Roberto Rossi.
Ma Nitti già recentemente aveva espresso critiche molto precise sulla riforma Nordio, con riferimento a cancellazione dell’abuso d’ufficio e limitazione dell’uso delle intercettazioni. «Depenalizzando l’abuso d’ufficio si privavano i cittadini della tutela da parte di pubblici ufficiali che commettono atti di inganno, o a vantaggio di alcuni cittadini violando le regole aveva detto -. Va anche detto che è statisticamente provato che le persone che vengono più spesso denunciate di abuso d’ufficio sono proprio i magistrati, e questo è persino normale perché tutto quello che noi facciamo non è gradito a qualcuno ed allora avviene questa reazione. Io ho ricevuto spesso, per conoscenza, esposti contro me stesso in cui mi accusavano di tante tipologie di abusi: ebbene, ho serenamente continuate a fare il mio lavoro e non capisco, in tutta franchezza, questo terrore della firma ed dell’abuso d’ufficio: qualcun altro è lì per valutare e, nel mio caso, la Procura di Lecce avrà valutato che quelle denunce erano temerarie e non mi avrebbero minimamente fermato. Oggi togliere l’abuso significa che, quando qualcuno dovesse compiere un atto in danno del cittadino volutamente, non avrà tutele. Quando qualcuno dovesse avvantaggiare, ad esempio, un proprio parente volutamente come pubblico ufficiale, non ci sarà possibilità di intervenire. E questo va detto con estrema chiarezza».
Quanto alle intercettazioni ridotte, «questo non penalizza noi, ma i cittadini – spiegava Nitti -. Significa che si potranno fare meno intercettazioni utili. Mi spiego meglio. Il lavoro di intercettazione è molto complesso soprattutto per determinate tipologie di reati, e non è affatto detto che l’illecito emerga in tutta la sua evidenza in una singola intercettazione: a volte devi comporre tante intercettazioni che sembrano apparentemente neutre, e questo lavoro richiede ovviamente che debbano essere trascritte le intercettazioni. Adesso si vuole che non si trascrivano le intercettazioni neutre, ma soltanto quelle in cui uno esplicitamente dice di avere commesso un reato o che sta commettendo un reato: ebbene, questa sarà di fatto una forte limitazione e devo dire che è tutto nel solco di una tendenza che viene da lontano».
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