Il “Piano strategico” di Snam vincola l’Italia alle fonti fossili per i prossimi decenni

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Il 23 gennaio il titolo di Snam è uno di quelli che ha trascinato la Borsa di Milano, che ha chiuso in rialzo anche grazie all’incremento del valore delle azioni dell’azienda che si occupa delle infrastrutture energetiche legate al gas, di stoccaggio e di rigassificazione. Quel giorno, infatti, Snam ha fatto un più 2,13% “dopo il nuovo piano” spiega l’agenzia Ansa.

Il piano a cui si fa riferimento è il Piano strategico 2025-2029, presentato il giorno prima, in cui -a dispetto di ogni obiettivo nazionale ed europeo di riduzione delle emissioni e quindi anche della dipendenza dalle fonti fossili- l’88% delle risorse sono dedicate “allo sviluppo sostenibile (sic) delle infrastrutture gas”, come spiega il comunicato stampa aziendale.

Sono, in termini assoluti, 10,9 miliardi di euro, un dato in crescita di 600 milioni di euro rispetto al precedente Piano strategico: questo significa, in pratica, che invece di ridurre il proprio impegno per sviluppare infrastrutture che àncorano per i prossimi decenni il nostro Paese alle fonti fossili, il business di Snam continua au usual, ovvero senza tener conto di un cambiamento ormai strutturale, certificato dalla riduzione dei consumi di gas, che dal picco del 2005 al 2023 si sono ridotti quasi del 30%, rendendo quanto meno insensato immaginare investimenti miliardari come quello per “il completamento della Linea adriatica“, che è la voce più importante del Piano strategico Snam 2025-2029, intervento che va avanti nonostante tutto e tutti, nonostante le criticità legate all’attraversamento di un’area molto fragile dell’Appennino centrale.

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Il “tubone” è già realtà, ad esempio, in Valle Peligna, che dovrà ospitare la stazione di spinta a Sulmona, per costruire la quale è già stato distrutto un villaggio protostorico, occupando tra l’altro un’area di 12 ettari alle porte della città, facendo così del Comune di Sulmona il primo per consumo di suolo in Abruzzo nel 2023 (dati dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, Ispra).

Un altro elemento centrale del piano è lo sviluppo della rete Fsru, l’acronimo in lingua inglese –Floating storage and regasification unit– che in pratica racconta di come l’Italia stia diventando sempre più dipendente dalla presenza di terminal dedicati a rigassificare il metano che arriva in forma liquida dagli Stati Uniti.

Nel Piano strategico ci sono 0,9 miliardi di euro, destinati in particolare a Ravenna, dove si sta sbancando la campagna per costruire un metanodotto di una trentina di chilometri in grado di collegare la nuova nave rigassificatrice BW Singapore alla rete gas.

Il 30 dicembre 2024 Snam ha annunciato che BW Singapore è arrivata in Italia. “Il gas ‘naturale’ liquefatto (Gnl) è sempre più strategico per la sicurezza e la diversificazione delle forniture energetiche italiane, rappresentando attualmente circa il 25% del consumo totale di gas del Paese”, spiega un comunicato aziendale. Oltre a Ravenna, Snam detiene partecipazioni significative in tutti i terminali regolati di rigassificazione del Gnl operanti in Italia, tra cui il terminale Panigaglia (La Spezia), operativo dal 1971, il terminale Adriatic Lng (Rovigo), in esercizio dal 2009, il terminale Olt Fsru Toscana (Livorno), attivo dal 2013 e la Fsru Italis Lng (Piombino), operativa da luglio 2023.

Donald Trump, intervenendo a Davos, ha sottolineato che non intende interrompere le forniture all’Europa di Gnl. E poco importa se gran parte di quel metano è shale gas, gas di scisto: gli Usa, importatori netti di gas fossile dal 1985 al 2015, dal 2016 sono esportatori netti. Una leadership di mercato che ha un forte impatto ambientale, dato che è ottenuto grazie alla tecnica del fracking (fratturazione idraulica), molto onerosa in termini di emissioni. Alcune ricerche mostrano come l’impronta ecologica del Gnl come fonte di combustibile sia del 33% superiore a quella del carbone.

Ciliegina del Piano strategico Snam è che dei “1,5 miliardi di euro per lo sviluppo dei business della transizione energetica”, un terzo delle risorse sono destinate allo sviluppo del progetto di Carbon capture and storage (Ccs) a Ravenna. “La Ccs si sta affermando come una delle tecnologie più efficaci per decarbonizzare i settori industriali ad alta intensità energetica e ad elevate emissioni di carbonio”, secondo Snam, che punta a investire mezzo miliardo per sviluppare il trasporto di CO₂ a livello nazionale e l’infrastruttura di stoccaggio a Ravenna, in partnership con Eni. Per capire i limiti di questo approccio, è utile leggere l’approfondimento a cura di ReCommon uscito a dicembre su Altreconomia: “La falsa soluzione della cattura di Carbonio a Ravenna”.

Gli obiettivi che Snam si è data, inoltre, rientrano in un orizzonte di crescita, che vede un obiettivo di crescita media annua del 4,5% dell’utile netto e una politica dei dividendi che vorrebbe garantire ai soci un dividendo in aumento del 4% ogni anno fino al 2029. Mentre lo Stato deve procedere rapidamente a decarbonizzare l’economia, Cassa depositi e prestiti (Cdp) -che controlla (31,35% delle azioni) Snam attraverso Cdp Reti spa, di cui sono soci anche i cinesi del gruppo State Grid Corporation of China- incasserà i dividendi, insieme alla società di asset management Lazard (5,07%) e all’imprenditore delle ceramiche Romano Minozzi (6,02%), che è diventato uno degli uomini più ricchi d’Italia anche grazie alla partecipazione nell’ex monopolista pubblico che ancora dipende per il 90% del proprio fatturato dai “ricavi regolati guidati dal business delle infrastrutture gas”.

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