“Niente sconti di pena per chi ha ucciso mia figlia”

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Immaginate che vostra figlia di 14 anni vi saluti dal portone prima di uscire di casa con un suo amico, che di anni ne ha 16, e che conoscete bene visto che ha lavorato con voi per uno stage, e conoscete pure la di lui madre che ha frequentato il vostro stesso corso di arco, poi chiudete gli occhi ed immaginate che l’incubo più grande per un genitore si materializzi. Vostra figlia da quella passeggiata non tornerà mai più, e non perché si è persa o ha deciso di allontanarsi volontariamente: vostra figlia non farà mai più ritorno perché quello che si professava suo amico, quel ragazzino dai capelli bicolore, ha scientemente e premeditatamente deciso che quello sarebbe stato l’ultimo giorno della sua vita, uccidendola.

Quello che vi ho appena raccontato è l’incubo che Vincenzo Gualzetti vive dal 27/6/2021, il giorno della morte della sua bambina, Chiara, barbaramente massacrata da un coetaneo, finito in carcere dopo la confessione arrivata in seguito all’arresto, visti gli evidenti indizi prima e le prove della sua colpevolezza poi. L’omicida però, solo perché minorenne al momento dell’assassinio, tra qualche anno potrebbe già essere fuori, nonostante gli psichiatri abbiano dichiarato per lui un profilo da serial killer, nonostante la sua mancata empatia nei confronti della vittima, nonostante non si sia mai pentito né abbia mai chiesto scusa per l’accaduto. Per questo motivo Vincenzo, il padre, da quel giorno cerca giustizia, intraprendendo una battaglia legale per modificare l’obbligatorietà dell’attenuante della minore età nei casi di omicidi efferati e per garantire che le condanne siano scontate per intero. Noi lo abbiamo incontrato.

Torniamo al 27 giugno 2021, il giorno della scomparsa di Chiara: cosa ti ricordi di quei momenti?
La mattina del 27 giugno 2021 esco di casa per andare a fare un pronto intervento: era domenica, lavoravo in un allevamento di galline, ero in un capannone, c’erano 16.000 galline. Il mio cellulare squillava ma io non lo sentivo per via del rumore; mia moglie mi aveva fatto 16 telefonate che io non avevo sentito, voleva dirmi che Chiara non era rientrata, per cui dopo essere tornato a casa, chiamo un amico che era nell’arma dei carabinieri per raccontare dell’accaduto, lui mi fa andare subito in caserma per presentare denuncia di scomparsa. Da quel momento inizio a cercare mia figlia, l’ho cercata tutta la domenica pomeriggio, domenica notte, fino alle 6 del lunedì mattina, a quel punto sono tornato a casa, ho guardato le telecamere per vedere se fossero passati davanti, per capire. Non ho trovato nulla. Mi sono fermato neanche mezz’ora e sono andato nuovamente verso il bosco, sono rientrato verso le 12 e mezza, alle 15:30 sono partite le ricerche della protezione civile e praticamente neanche 10 minuti e la mia bambina, la mia piccola Chiara è stata ritrovata nella collinetta, sulla collinetta dove lui l’aveva lasciata. Morta.

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Si dice che un papà e una mamma riescano a sentire quello che altri non possono: quando hai capito che non era una normale scomparsa?
Abbiamo capito che era successo qualcosa per una semplice ragione, perché io con Chiara ho sempre avuto un ottimo rapporto e non le ho mai tarpato le ali, le ho sempre detto “puoi fare quello che vuoi, puoi andare dove vuoi, la cosa importante è che io sappia con chi sei e dove sei, e soprattutto non devi mai spegnere il cellulare, mai.” Il giorno della scomparsa il cellulare risultava spento dalle 11, in quel preciso istante abbiamo capito che c’era qualcosa che non andava.

L’assassino aveva mai dato segni di pericolosità?
Andrea I., l’omicida di Chiara, ha lavorato con me per un periodo lungo e non solo con me, ha frequentato la nostra casa come ha frequentato tante altre case di persone che conoscevamo, ma non ha mai dato nessun segno di pericolosità, di squilibrio, niente. Era un ragazzo normalissimo e pensa che anche un’altra persona, la mamma di un’altra ragazza amica sua, quando i carabinieri sono andati a prenderlo, ha detto: “No guardate, state sbagliando persona, non può essere lui” Poi lui ha confessato.

Come può un ragazzo di 16 anni uccidere con una tale crudeltà e avere uno sconto di pena?
Attualmente, la legge prevede che qualsiasi minore, al momento di entrare in aula di tribunale, riceva automaticamente una riduzione di un terzo della pena, indipendentemente dal reato commesso, per esempio in caso di omicidio con una pena di 24 anni, il giudice è obbligato a togliere 8 anni per legge e per questo noi stiamo facendo una grande battaglia, per togliere l’obbligatorietà dell’attenuante della minore età. Noi vogliamo la certezza della pena, quindi quando una persona viene condannata, faccio un esempio, a 10 anni, quei 10 anni se li deve scontare tutti. Siccome si parla sempre di recupero del carnefice, su una condanna di 10 anni lo Stato avrà 10 anni di tempo per poter recuperare quella persona. Ma in carcere, non fuori con i permessi premio.

Rileggendo gli atti della confessione/interrogatorio c’è qualche passaggio che ti ha fatto più male di altri?
La ragione dell’omicidio di mia figlia non è mai uscita fuori in due anni di processo. Come ho sempre detto, io una ragione me la sono cercata e l’ho trovata in una frase che lui più volte ha detto durante le confessioni: “Non ricordo quanto sia durato, ricordo però che non voleva morire, non pensavo che il corpo umano fosse così resistente.” Questa è la frase di una persona che voleva semplicemente sperimentare cosa significasse ammazzare una persona; lui è stato dichiarato dagli psichiatri con un profilo di serial killer e credo che abbia voluto cominciare la sua esperienza da assassino proprio con Chiara. Questa è una frase che purtroppo io mi porto dentro e che mi tormenta. Per tanti, troppi motivi.”

L’età delle vittime di femminicidio e degli assassini si sta abbassando pericolosamente: che cosa si può fare?
Io sono convinto che molta colpa ce l’abbiano i social, hanno una forte responsabilità sull’anaffettività tra i giovani, perché avvicinano virtualmente le persone ma le allontanano dalla realtà, non c’è più rispetto per la vita degli altri, per le cose degli altri, per le decisioni degli altri. Basta prendere un treno qualsiasi, si fanno ore di viaggio senza sentire volare una mosca, non c’è più colloquio, ognuno è nel proprio mondo, ognuno ha il suo cellulare, ognuno ha il suo computer, non c’è più comunicazione tra le persone.

Perché in Italia gli unici che sono destinati ad un ergastolo perpetuo sono i familiari delle vittime?
Perché in Italia l’ergastolo non significa carcere a vita, ma una condanna di 24 anni per i minori e 30 anni per i maggiorenni, mentre i familiari delle vittime di un crimine grave come l’omicidio subiscono un “ergastolo emotivo”, vivendo con il dolore per sempre, mentre l’attenzione si concentra sul recupero del colpevole. Chi subisce una tragedia della nostra portata, come l’abbiamo subita io e mia moglie, non riesce a riprendersi più, è un fine pena mai. La condanna a morte se la prende chi viene ucciso, poi si pensa solo a recuperare la persona che ha commesso l’omicidio.

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Dove trovi la forza di combattere?
La forza di combattere la trovo in quello che credo debba a mia figlia, e visto che mia figlia ad oggi, come dicevo, è morta senza ragione, dico che avrà la sua vittoria nel momento in cui un giudice manderà un minore all’ergastolo, ma all’ergastolo serio. Perché questi reati non possono scemare così, queste persone che ammazzano volontariamente devono pagare. La vita è un dono sacro, nel momento in cui una persona, volontariamente, studiando, premeditando, quindi con tutta la volontà, nella piena coscienza, toglie la vita ad un’altra, deve sapere che passerà la sua vita in galera. L’assassino della mia bambina è stato reputato cosciente, capace di intendere e volere, quindi ha scientemente voluto togliere la vita a mia figlia. Dovrebbe passare la sua vita in galera. Non c’è altro modo per ripagare il danno, non è un vetro rotto che si ripara, non c’è altra soluzione. In merito alla certezza della pena stiamo combattendo, stiamo facendo tanto, esiste anche una piattaforma che ho aperto, che si chiama proprio http://www.certezzallapena.it, è una piattaforma dove non solo è possibile raccontare gli episodi di ingiustizia subiti, ma anche dove tante donne vittime di violenza hanno chiesto aiuto, e su questo stiamo lavorando con l’associazione per poterle aiutare. In nome di chi questa voce non ce l’ha più. Come la mia Chiara.





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