Regolamentare i discorsi d’odio online

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Volker Türk, United Nations High Commissioner for Human Rights, briefs reporters after he presented a report to the Third Committee at UN Headquarters.
Credits: Giornalesm

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Ringraziamo il giornalista referente ONU David Oddone

“Regolamentare i discorsi d’odio online per evitare di arrecare danno non è censura” (di Volker Turk, Onu)

Rubrica internazionale a cura del giornalista referente Onu, David Oddone

27 Gennaio 2025

L’annuncio di Meta di rivedere le proprie politiche di moderazione dei contenuti e di verifica dei fatti dovrebbe allarmare tutti coloro che hanno a cuore la libertà di espressione. Se da un lato queste mosse pretendono di tutelare la libertà di parola, dall’altro colpiscono molte persone e comunità.
Meta ha annunciato che sta ricalibrando la moderazione automatica dei contenuti per limitare solo le cosiddette violazioni ad alta gravità, come quelle relative al terrorismo. Insieme alle politiche adottate da altre aziende, tra cui Telegram e X, è probabile che ciò porti a un numero molto maggiore di contenuti abusivi e pieni di odio su alcune delle maggiori piattaforme di social media del mondo. Alcuni di questi contenuti prenderanno di mira comunità emarginate, tra cui persone LGBTIQ+, rifugiati, migranti e minoranze di ogni tipo. In questo modo, allontaneranno tali comunità da queste piattaforme, limitandone la visibilità, isolandole ulteriormente e riducendone la libertà di espressione.
Più in generale, questi cambiamenti causeranno danni che vanno ben oltre persone e gruppi specifici. La libertà di espressione richiede non solo la possibilità di esprimere le proprie opinioni, ma anche di cercare e ricevere idee e informazioni. Le piattaforme di social media scarsamente regolamentate limitano questa libertà in diversi modi. Mettendo a tacere alcune persone e comunità, limitano la gamma di informazioni disponibili per tutti e, permettendo la proliferazione di bugie e disinformazione, avvelenano l’ambiente dell’informazione. Sfumano il confine tra realtà e finzione, dividendo le società ed erodendo quello spazio pubblico così necessario per un dibattito aperto, basato sui fatti e sulla comprensione comune di base.
L’aumento sostanziale dei contenuti non moderati e dei discorsi di odio che deriveranno da tali cambiamenti sarà dannoso in ogni momento. Ma potrebbe avere conseguenze particolarmente devastanti durante i conflitti, le crisi e le campagne elettorali, colpendo centinaia di milioni di persone indipendentemente dal fatto che siano utenti di queste piattaforme. Sono appena tornato dalla Siria, dove ho potuto constatare la tossicità della disinformazione vendicativa che porta alla violenza.
In effetti, nel 2018, Facebook stessa ha riconosciuto di non aver fatto abbastanza per impedire che la piattaforma fosse usata per fomentare le divisioni e incitare alla violenza contro i Rohingya in Myanmar, riconoscendo che può e deve fare meglio. Esistono altri esempi simili. Le campagne elettorali in tutto il mondo hanno dimostrato che la mancanza di una governance basata sui diritti negli ambienti dei social media può indebolire la coesione sociale e distorcere il processo decisionale democratico. Negli ultimi anni, durante le campagne elettorali in Brasile, Kenya, Moldavia e Romania, sono stati segnalati casi di disinformazione e contenuti odiosi diffusi sulle piattaforme dei social media.  In tali circostanze, è fondamentale che le aziende intraprendano una due diligence sui diritti umani e che gli Stati garantiscano che gli spazi di dibattito online e fuori rimangano liberi e aperti a tutti.
La moderazione dei contenuti non è facile e può essere controversa. Il mio Ufficio ha lanciato l’allarme in casi di eccessiva applicazione della legge, ad esempio quando gli Stati hanno usato leggi e politiche poco rigorose per mettere a tacere le voci dissenzienti e sopprimere materiale sgradito di dominio pubblico. Per citare un esempio, diverse organizzazioni della società civile hanno di recente documentato la soppressione di materiale sui diritti dei palestinesi sulle piattaforme dei social media.
Ma regolamentare attentamente i discorsi d’odio online e moderare i contenuti per evitare danni reali non è censura. Si tratta anzi di un elemento essenziale per l’integrità dell’informazione nell’era digitale – e una responsabilità delle piattaforme di social media. La comunità internazionale dispone già di un quadro di riferimento per affrontare questi problemi: il diritto internazionale dei diritti umani. Questo corpus concordato di norme e standard mira proprio a proteggere tutte le libertà, per tutti, impedendo l’incitamento all’odio e alla violenza. È universale, dinamico e può adattarsi alle questioni emergenti.
I diritti umani non possono essere discussi o ridefiniti. La nostra libertà di espressione è stata conquistata con fatica, attraverso anni di proteste contro censura e oppressione. Occorre essere vigili nel salvaguardarla. Ciò significa affrontare l’incitamento all’odio e alla violenza quando viola la legge e tutelare il diritto di tutti ad accedere alle informazioni, in modo che le persone possano cercare e ricevere idee da una gamma completa di fonti diverse.
Le lezioni degli ultimi anni sono chiare: le piattaforme che sono cieche di fronte alla violenza e ignorano le minacce subite da giornalisti e difensori dei diritti umani saranno inevitabilmente inadeguate e mineranno la libertà di parola.  Una governance dei contenuti efficace deve dare priorità a trasparenza, responsabilità e possibilità di contestare le decisioni di moderazione dei contenuti. Deve inoltre considerare il contesto, le sfumature della lingua locale e chi controlla i contenuti e la loro distribuzione.  In breve, deve tenere conto del contesto informativo più ampio.
Una governance efficace dei contenuti online può emergere solo da dibattiti aperti, continui e ben informati in tutta la società. Il mio Ufficio continuerà a chiedere e a lavorare per la responsabilità nello spazio digitale, in linea con la legislazione sui diritti umani, che devono essere la nostra bussola per salvaguardare il discorso pubblico, costruire la fiducia e proteggere la dignità di tutti.
Di Volker Turk, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani
(Rubrica internazionale a cura del giornalista referente Onu, David Oddone)

 

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