Aldo Bianchini
SALERNO – Per non apparire saccente o supponente non mi soffermo, oggi, sulle boutade (per non dire altro !!) andate in scena nelle varie Corti di Appello italiane per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2025; quelle scimmiottate viste mi sono apparse come momenti che vanno ben oltre il giusto confronto, anche aspro, che la democrazia condisce con pepe e zucchero. Quelle scimmiottate sono andate ben oltre la più fervida fantasia dei grandi animatori della satira di ieri e di oggi; una satira che spesso non ha lasciato scampo neppure ai potentissimi Craxi, Cossiga, Berlusconi ed altri.
Oggi, invece, mi soffermo sull’editoriale pubblicato da “leCronache.it” (proprio il 25 gennaio 2025 in occasione della ricorrenza dell’inaugurazione dell’anno giudiziario presso la Corte di Appello del Tribunale di Salerno) sotto i titoli di “Il mestiere di giudice” a tutta prima pagina e “A un 25 gennaio seguirà un 25 aprile. Oggi è il primo atto di resistenza” a pagina due.
Manco a dirlo l’autore dell’editoriale ha un nome ed un cognome che risuona nella mente e nei ricordi di moltissimi personaggi che negli ultimi quarant’anni hanno avuto a che fare con la giustizia amministrata dagli uomini nel nome del popolo: Michelangelo Russo, questi è l’editorialista di leCronache.it che fino a qualche anno fa praticava “il mestiere del giudice” con l’intento, unico caso del distretto giudiziario nostrano, di rivoltare Salerno e la sua provincia come un calzino. Un’idea fissa che, in pratica, partorì addirittura il mostro di tangentopoli di casa nostra con una miriade di inchieste davvero micidiali che prima tutti acclamarono e poi tutti contestarono con veemenza “ad personam” contro l’uomo e giudice Michelangelo Russo che, comunque la si pensi, contribuì con le sue zioni giudiziarie alla nascita del “sistema politico di potere” dell’ancora oggi dominatore della politica provinciale e regionale Vincenzo De Luca.
La sua veemenza, assolutamente inusuale per Salerno, fu forse determinata dalla diretta esperienza iniziale come PM presso quella Procura che presto diventerà la “mani pulite” planetaria.
Naturalmente, mentre riaffermo la mia convinzione che Russo è stato l’unico PM degli ultimi quarant’anni ad avere come corredo personale una spiccata intelligenza investigativa (che ha fatto molto rumore anche se con pochissimi risultati finali), affermo anche di non condividere nessuna parola del suo editoriale che per il modo con cui è stato scritto richiama tempi bui per la magistratura e la proietta in un buco nero, tempi in cui davvero lo squarcio tra mondo giudiziario e mondo civile si fa sempre più ampio fino ad assumere dimensioni difficilmente risanabili. Quando si scrivono queste cose non ci si rende conto che ormai o scontro è tracimato dalla battaglia politica-magistratura ed ha invaso l’immaginario collettivo che democraticamente si è schierato contro la magistratura anche se non in favore della politica inerme ed insulsa.
Mi ha colpito moltissimo, in negativo, un passaggio dell’editoriale di Russo; quello in cui scrive: “Nel 1986, quaranta anni fa, al Congresso Nazionale di Magistratura Democratica a Rimini fu presentato un cortometraggio dal titolo “Il Mestiere di Giudice”. Gli attori erano tutti antichi giocattoli in latta, a molla meccanica, vestiti da giudici. Esilaranti le battute sull’allora Presidente Cossiga, impersonato da un vigile di latta che disciplina il traffico. Era il tempo in cui il discusso Cossiga, a dir poco, pretendeva di dirigere il Consiglio Superiore con i suoi personali Ordini del Giorno. E poi l’invasione della politica nella Giustizia, e la preannunziata diversità delle Carriere perché i Pubblici Ministeri non possono mai assolvere, e quindi rimangono sterili perché, di conseguenza, non possono più “assolvere i doveri coniugali”. La Satira ha l’occhio lungo. Presto, l’unica copia di quel cortometraggio sarà in rete. A presto”. Una vergognosa pagina che all’epoca, forse, non venne seriamente valutata per quella che era nella sua realtà rivoluzionaria.
Nell’augurarmi che quello “a presto” non ci sia, spero fortemente che qualcosa davvero cambi in questo insano rapporto da ultima spiaggia che ha stancato veramente tutti.
Quì, infine, non è in discussione la libertà di pensiero e/o di parola; è in discussione la democrazia che prevede per sopravvivere delle regole e dei paletti ben precisi soprattutto quando l’opportunità di dire e scrivere certe nefandezze oltrepassa i limiti fissati dal Rubicone, per non correre il rischio di una rivoluzione epocale verso cui lo scritto di Michelangelo Russo sembra spingere la pubblica opinione.
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