Roma Capitale: un’eruzione finanziaria pronta a travolgere il Campidoglio? Con la Corte dei Conti nei panni del sismografo, il sindaco Roberto Gualtieri si trova a gestire una città finanziariamente instabile, con voragini nelle finanze e partecipate in bilico.
Il nostro giornale ha letto le carte della magistratura contabile, che serviranno poi a redigere il documento conclusivo di fine anno, e ha scoperto tutto quel che non va nell’Amministrazione del sindaco del Partito democratico.
Per esempio: il Fondo crediti di dubbia esigibilità è stato calcolato male, generando un’illusoria solidità economica. La Centrale del latte? In liquidazione da 26 anni, con costi che si accumulano come la polvere sui faldoni. Le partecipate Ama e Atac? Conti sballati, crediti fantasma e il rischio di buchi neri finanziari. Roma sembra una bomba a orologeria: basterà una revisione dei conti per evitare l’esplosione o il bilancio capitolino rischia di trasformarsi in una Pompei economica?
Ecco, punto per punto, tutte le note dolenti di Roma Capitale (dei debiti).
L’errore nel calcolo del fondo
Un errore contabile che può costare caro alle finanze di Roma Capitale. La Corte dei Conti ha evidenziato una criticità di rilievo nella gestione del Fondo Crediti di Dubbia Esigibilità (FCDE), un elemento chiave per garantire l’equilibrio finanziario dell’ente. La problematica riguarda la quantificazione errata dell’accantonamento a fine 2022, dovuta all’uso di un quinquennio di riferimento sbagliato. Questo errore ha portato a una sottostima del fondo, con potenziali ripercussioni sui conti pubblici della città.
Secondo quanto rilevato dalla Corte dei Conti, il Comune ha utilizzato il quinquennio 2017-2021 per determinare l’ammontare del FCDE al 31 dicembre 2022, anziché il periodo corretto 2018-2022. Un dettaglio tecnico che, però, si traduce in un problema sostanziale: la media del rapporto tra incassi e residui attivi è stata calcolata su un arco temporale non conforme alla normativa vigente. La sezione di controllo per il Lazio ha specificato che questo calcolo difforme contrasta con il principio contabile applicato 3.3 e con l’esempio n. 5 dell’allegato 4/2 al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118.
In pratica, Roma Capitale ha stimato in modo non corretto la capacità di riscossione delle proprie entrate, rischiando di sovrastimare le risorse disponibili per il bilancio e, di conseguenza, di compromettere gli equilibri finanziari dell’ente.
Le conseguenze sul bilancio capitolino
L’errata quantificazione del FCDE incide direttamente sulla gestione del bilancio comunale. Il fondo serve a coprire i crediti che l’amministrazione difficilmente riuscirà a riscuotere: una sua sottostima porta a un’illusoria disponibilità finanziaria che potrebbe generare squilibri strutturali. La Corte ha sottolineato che l’Ente è stato invitato a correggere l’irregolarità già a partire dalla gestione in corso, affinché il FCDE sia calcolato correttamente nel 2024.
Dai dati emersi nei primi mesi del 2024, il Comune ha tentato di rimediare all’errore con una revisione del fondo, prevedendo un accantonamento a fine anno pari a circa 7,12 miliardi di euro. Tuttavia, il raggiungimento di questa cifra richiede il reperimento di ulteriori risorse per circa 136 milioni di euro. Per coprire questa necessità, l’Amministrazione ha proposto una riduzione dell’accantonamento per le partecipate (113,7 milioni di euro) e un taglio del fondo per il personale (22,5 milioni di euro).
Il nodo delle partecipate: Farmacap e Centrale del Latte, il fallimento del risanamento
Roma Capitale si trova ancora una volta a fare i conti con le difficoltà delle sue partecipate, in particolare FARMACAP e l’Azienda Comunale Centrale del Latte di Roma. Due storie parallele di crisi finanziaria, che la Corte dei Conti ha evidenziato come punti critici nel bilancio del Campidoglio.
Farmacap, un piano di risanamento fallito
La FARMACAP, l’azienda speciale farmasociosanitaria capitolina, continua a registrare perdite economichenonostante l’adozione di un piano di risanamento approvato con la delibera n. 35/2022. L’obiettivo era ambizioso: ridurre progressivamente il deficit fino ad azzerarlo entro il 2023. Tuttavia, i numeri raccontano un’altra storia.
I dati esaminati dalla Corte dei Conti indicano un andamento finanziario in costante peggioramento. Nel 2021 le perdite ammontavano a -2,37 milioni di euro, salendo nel 2022 a -3,45 milioni e attestandosi a -1,92 milioni nel 2023. Il trend negativo mette in discussione la sostenibilità dell’azienda e la sua capacità di adempiere alle funzioni sanitarie e sociali per cui è stata creata.
Oltre ai conti in rosso, pesa anche la mancata approvazione dei bilanci 2022 e 2023. La normativa vigente (articolo 1, comma 555, della legge 147/2013) prevede che le aziende partecipate che accumulano perdite per più anni debbano essere poste in liquidazione, a meno che non si riesca a dimostrare la fattibilità di un piano di risanamento efficace. Al momento, però, il piano in vigore ha prodotto risultati insoddisfacenti.
Per affrontare la crisi, l’Amministrazione comunale ha richiesto a FARMACAP di elaborare un nuovo progetto di risanamento per il triennio 2025-2027. L’azienda ha già trasmesso al Comune le linee programmatiche di questo piano, attualmente al vaglio delle autorità competenti. Tuttavia, resta forte il rischio che la società non riesca a centrare gli obiettivi previsti, rendendo necessario l’avvio di una procedura di liquidazione.
Centrale del Latte, una liquidazione infinita
Un altro caso emblematico di inefficienza nella gestione delle partecipate è quello della Centrale del Latte di Roma, in liquidazione dal lontano 1998. Ventisei anni dopo, la procedura non è ancora stata conclusa, suscitando perplessità tra gli organi di controllo.
La Corte dei Conti, già nel 2021, aveva sollevato dubbi sulla durata anomala della liquidazione. Nel nuovo esame del bilancio comunale, la magistratura contabile ribadisce la sua preoccupazione per un processo che sembra non trovare una fine. Tuttavia, a ottobre 2024, la Giunta capitolina ha finalmente approvato gli indirizzi per la chiusura definitiva dell’Azienda, fissando come termine ultimo il 31 dicembre 2025.
L’incapacità di chiudere la liquidazione in tempi ragionevoli ha determinato costi aggiuntivi per l’Amministrazione e ha impedito di liberare risorse che avrebbero potuto essere utilizzate in altri settori. Anche su questo fronte, la Corte ha annunciato che continuerà a monitorare la situazione nei futuri cicli di controllo, per verificare se Roma Capitale riuscirà davvero a rispettare il termine stabilito.
Contabilità opaca: i disallineamenti nei conti delle società partecipate di Roma Capitale
Come abbiamo visto, il bilancio di Roma Capitale è attraversato da una serie di criticità finanziarie che emergono con particolare evidenza nella gestione delle società partecipate. La Corte dei Conti ha infatti rilevato gravi disallineamenti nei rapporti debitori-creditori tra il Comune e tre delle principali aziende pubbliche: AMA, ATAC e Risorse per Roma. Un’anomalia contabile che solleva interrogativi sulla trasparenza e sulla corretta gestione finanziaria dell’ente.
Un quadro di disallineamenti persistenti
Nel suo ultimo rapporto di controllo, la magistratura contabile ha evidenziato che la mancata riconciliazione dei conti tra l’Amministrazione e le sue partecipate è una problematica di lunga data, che non ha ancora trovato una soluzione definitiva. Il Comune di Roma ha comunicato di aver intrapreso iniziative per ridurre tali discrepanze, ma le operazioni di verifica sui saldi debitori-creditori sono ancora in corso e non hanno portato a una definitiva regolarizzazione dei conti.
Le irregolarità contabili coinvolgono in particolare:
- AMA S.p.A., la municipalizzata che gestisce la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, presenta ancora disallineamenti nelle partite contabili relative ai crediti e ai debiti accumulati nei confronti del Comune;
- ATAC S.p.A., il colosso del trasporto pubblico locale, ha registrato nel tempo un sovrapporsi di poste finanziarie con Roma Capitale, in parte non ancora riconciliate;
- Risorse per Roma S.p.A., società partecipata impegnata nella valorizzazione del patrimonio immobiliare capitolino, evidenzia anch’essa posizioni contabili non ancora verificate in modo puntuale.
Il rischio di perdite non contabilizzate
La Corte dei Conti sottolinea che l’assenza di una piena riconciliazione di queste partite finanziarie può avere effetti potenzialmente gravi per il bilancio comunale. L’accumulo di voci contabili non verificate o mal registrate potrebbe infatti celare perdite non ancora contabilizzate, andando ad incidere sugli equilibri economico-finanziari dell’Ente. In altre parole, il Comune potrebbe dover affrontare in futuro l’emersione di debiti non previsti o la mancata riscossione di crediti che al momento risultano formalmente esigibili.
Il problema è ancora più rilevante se si considera che Roma Capitale ha avviato un’operazione di pulizia dei bilanci, cercando di verificare l’effettiva consistenza delle posizioni aperte con le sue partecipate. Tuttavia, alcune voci rimangono soggette a ulteriori riscontri, soprattutto quelle relative ai servizi pubblici locali gestiti da AMA e ATAC.
Gli accantonamenti per contenziosi: un quadro opaco
Un’altra area critica evidenziata dalla Corte riguarda la gestione degli accantonamenti per contenziosi, con particolare riferimento al progetto dei “Punti Verdi Qualità”. Si tratta di iniziative avviate con lo scopo di valorizzare aree verdi della città attraverso investimenti privati, ma che si sono trasformate in un problema finanziario per Roma Capitale.
Secondo quanto riportato nel documento della Corte dei Conti, il Comune ha registrato fondi per far fronte ai contenziosi aperti, ma vi sono ancora numerose incertezze sui procedimenti in corso con l’Istituto per il Credito Sportivo (ICS). In particolare, non è chiaro come verranno chiusi alcuni di questi procedimenti e quale sarà l’impatto finale sulle finanze comunali.
La magistratura contabile ha esortato l’Amministrazione a monitorare e definire celermente le controversie pendenti, seguendo l’esempio dell’accordo già raggiunto con la Banca di Credito Cooperativo di Roma. Un’azione di questo tipo permetterebbe di evitare ulteriori passività che potrebbero emergere nei prossimi anni, aggravando la situazione finanziaria della città.
Il rischio principale è che la mancata definizione dei contenziosi possa generare passività impreviste, con effetti negativi sul bilancio comunale. La Corte ha inoltre segnalato la necessità di verificare l’adeguatezza dell’accantonamento per questi contenziosi, dal momento che alcune somme potrebbero essere state contabilizzate in modo improprio o non sufficientemente coperte.
1 – Continua…
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link