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Nel dibattito pubblico relativo alla politica internazionale regna la confusione, come se la logica avesse abbandonato il mondo degli umani e il linguaggio divenisse sempre più ambivalente. Gli esempi sono molteplici. Il Parlamento Europeo, che, come sappiamo, non è un organo legislativo, è privo di iniziativa legislativa e di partiti transnazionali, obbedendo alle direttive di un esecutivo miope e asservito alle oligarchie, espressione del deficit democratico dell’UE, ed equipara i simboli nazisti alla falce e martello comunista. Come ci insegna Luciano Canfora, nella ricostruzione storica è sbagliato mettere sullo stesso piano Hitler e Stalin, ma possiamo comprendere che i campi di concentramento nazisti siano in qualche modo simili nella violenza totalitaria alle purghe e ai gulag. Risulta tuttavia inquietante che non si faccia la differenza tra una ideologia nazista e razzista, basata sul disprezzo del debole e del malato, prona a giustificare il predominio della razza più forte, e il sogno comunista di un mondo senza classi e ingiustizie sociali, in grado di dare a tutti secondo i loro bisogni. Da un lato un mondo distopico e aberrante, dall’altro una utopia di stampo evangelico. Non si nega che le due ideologie avevano in comune la mancanza della protezione dei diritti individuali contro un’idea che li sorpassa, e possedessero quindi germi totalitari, né si dimentica che le loro realizzazioni sono state una sconfitta per la storia democratica dell’umanità. Il concreto agire della storia si allontana sempre dai suoi archetipi: la Chiesa dai suoi precetti, gli Stati dalle Costituzioni. È altrettanto inquietante che si sia voluto sporcare un simbolo, falce e martello, di lotta di liberazione degli oppressi, senza comprenderne il legame con le speranze umanistiche, assimilandolo alla storia infame del nazismo, alla deviazione perversa del pensiero occidentale.

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La Giornata della Memoria viene celebrata con un autoreferenziale ed esclusivo riferimento all’Olocausto degli Ebrei, ostracizzando quei movimenti, l’ANPI ma non solo, che vorrebbero ricordare come le celebrazioni siano un inno di rivolta contro i genocidi e contro tutti i crimini perpetrati a danno di tutti i popoli vittime di violenza e stermini. Oggi in particolare, di fronte allo sterminio del popolo palestinese ad opera di un governo israeliano criminale, l’autoreferenzialità della comunità ebraica e di una classe dirigente che paga tributo alla lobby di Israele, suona come un grave attentato alla cultura umanistica e alle maggiori conquiste della civiltà occidentale. Considerare inoltre l’odio per le posizioni assunte dalle comunità ebraiche a difesa del genocidio palestinese quale rigurgito antisemita falsifica la realtà e la storia. L’antisemitismo è odio per gli Ebrei per quello che sono, religione, lingua, abitudini, tratti somatici non per quello che fanno. È lecito per un ebreo odiare un nazista? Sarà lecito per chi difende oggi le vittime provare sentimenti di ostilità nei confronti di chi (anche se ebreo) sostiene i carnefici e non prende le dovute distanze dal genocidio in corso? Bisogna comprendere che gli ebrei di oggi sono i palestinesi.

Infine la peggiore ambiguità si riscontra in relazione all’Europa. Coloro che hanno affossato il sogno europeo, tradendo gli ideali di pace e prosperità, difendendo un ordo- liberismo che ha divorato le ragioni del lavoro e ha acuito le asimmetrie tra Nord e Sud, sostenendo una UE di mercato, unione monetaria, ma non fiscale né politica o federale, oggi tornano alla ribalta e ci parlano di sovranazionalità, di voto a maggioranza e non all’unanimità. Ci parlano anche di debito comune per una fantomatica difesa europea, che non potrebbe non essere schiava di interessi geopolitici statunitensi e non europei, come la guerra in Ucraina ha ben dimostrato.

Gentiloni, (e cito un politico emblematico del centro-sinistra, persona conosciuta e ospitata in residenza diverse volte e a cui devo tra l’altro il mandato come Ambasciatrice a Bruxelles) torna il 27 gennaio su Repubblica a patrocinare la difesa europea, contro le minacce di Trump. Non tiene conto tuttavia di come sia difficile oggi, senza modifiche dei trattati, in un’Europa scandinava, baltica e polacca, credere che l’Unione possa perseguire una autonomia strategica. Si comprende quindi come si stia cercando con il debito comune e lo smantellamento dello Stato Sociale di costruire piuttosto il braccio armato della NATO in Europa.

La confusione purtroppo impera anche nell’area del dissenso in quanto la giusta critica all’Europa liberista e falsamente liberale odierna, si trasforma in un anelito reazionario che mette da parte l’intero sogno europeo, il tentativo di superare le grette ottiche nazionalistiche in nome di un interesse generale e di un bene comune dei cittadini europei che condividono un destino comune.



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