Nel Partito Democratico si agita un`ombra riformista: se sarà destinata a crescere o a rimanere tale, lo decideranno i dirigenti che ieri hanno recepito come una ventata di novità le parole di Dario Franceschini. Ne abbiamo parlato con la senatrice Valeria Valente, Segretaria del Senato.
Franceschini ha aperto la sua “officina”. Il Pd di Elly Schlein ha bisogno di un tagliando?
«In due anni è cambiato il mondo, avanzano le destre e le autocrazie, oltre alla guerra contro l`Ucraina si è aperto anche il fronte mediorientale, si è aperta l`era Trump. Siamo chiamati a misurarci con una complessità inedita, quindi direi che non è il Pd a dover fare il tagliando, ma tutti noi ad aggiornare, e rapidamente, le nostre categorie. Quanto al Pd a guida di Elly Schlein mi pare difficile negare che, seppur in un contesto così difficile e in continua evoluzione, cresce rispetto a qualche anno fa e questo anche grazie a un`identità più riconoscibile e leggibile, di certo merito anche della nuova
segretaria. Francamente non parlerei di tagliando».
Il vecchio Pd a vocazione maggioritaria deve lasciare spazio a una coalizione plurale, a soggetti minori capaci – cito Franceschini – di `marciare divisi per colpire uniti`?
«Sono convinta da tempo che il Pd deve fare il Pd e certo non possiamo passare i prossimi tre anni ad avvitarci in discussioni sterili sulla coalizione, un`ossessione quotidiana che non ho mai condiviso. Ogni partito del centrosinistra si deve concentrare sulla propria proposta e su questo va dato atto ad Elly Schlein di averci lavorato. Il Pd è e deve restare un grande partito progressista e riformista che mantiene fede al suo impianto fondativo e alle diverse culture che lo hanno generato e che così guarda alla complessità delle sfide del presente e del futuro del Paese».
Lei crede in una nuova Margherita, cioè in un nuovo soggetto che stia tra Pd e Forza Italia e federi tutte le forze in un soggetto capace di allearsi con il Pd dopo le elezioni, per formare un governo?
«Vedo un fermento positivo, può esistere uno spazio al centro e potrebbe essere utile alla coalizione di centrosinistra, ma la politica ci insegna che nulla si inventa davvero a tavolino e che certamente non si torna indietro».
Schlein piace diversamente e relativamente. I due convegni di Libertà Eguale e dei Cattolici democratici della settimana scorsa confermano che ci sono più anime che chiedono di essere meglio rappresentate.
«La segretaria Schlein ha il grande merito di aver reso più riconoscibile il profilo del nostro partito, recuperando il voto dei giovani e di molti che si erano allontanati. Il Pd è un partito plurale, questa è la sua forza principale, lo confermano anche questi ultimi convegni. La sfida sempre attuale è di fare sintesi tra le nostre diverse culture senza annacquare la sua identità, riconoscendo che proprio questa sintesi ci consente di coltivare l`ambizione di un grande Pd in grado di guidare la coalizione».
Il ritorno di Gentiloni al Nazareno e la posizione di rinnovata centralità in Europa della pattuglia degli ex sindaci e amministratori riformisti possono contribuire a riequilibrare il partito?
«Gli amministratori e le amministratrici locali sono da sempre una grande risorsa del Pd. La stessa Elly Schlein viene dalla giunta regionale dell`Emilia-Romagna. Siamo la prima delegazione nei S&D, abbiamo una grande responsabilità nell`Ue e guardiamo a quella».
Sul jobs act Landini chiama la sinistra al referendum. Schlein sembra tentata, Malpezzi le fa sapere che non se ne parla. Lei quale posizione sostiene?
«Credo che sul Jobs Act abbia ragione chi sostiene che sono quattro quesiti, tre dei quali non sono sul Jobs Act e uno è su un decreto attuativo che è già cambiato, come lo è profondamente il mondo del lavoro. Penso che adesso l`urgenza sia concentrarsi, come stiamo facendo, sull`introduzione del salario minimo e più in generale sulle basse retribuzioni, sul contrasto al lavoro povero e sulla necessità di rilanciare l`occupazione delle donne e dei giovani».
Certo se ci fosse un referendum sulle anni all`Ucraina, non so come si dividerebbe il Pd…
«Sull`Ucraina il nostro faro sono le parole del discorso di fine d`anno del Presidente Mattarella: l`Italia persegue `la pace che non significa sottomettersi alla prepotenza di chi aggredisce gli altri paesi». E sul mandato a De Luca, ha ragione il Nazareno o il governatore?
«Il tema del limite ai mandati per chi incarna un potere esecutivo è quanto mai attuale in un momento in cui assistiamo a tutti i livelli al rischio di un accentramento che può anche arrivare a mettere in discussione gli equilibri democratici. Non può dunque essere letto in chiave personalistica. Detto questo, De Luca ha ragione quando dice che le regole devono valere per tutti e non solo per lui».
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