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Coordinamento redazionale di Angelo Mistrangelo

 

CHIERI. MUSEO DEL TESSILE: NEW COLOR LIGHTS. VESTIRE IL FUTURO

Sabato 1 febbraio 2025, ore 16

Via Santa Clara, 10 – Chieri (Torino)

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 

Sabato 1 febbraio, alle ore 16.00, verrà inaugurata al Museo del Tessile di Chieri (via Santa Clara, 10), la mostra “New Color Lights”. Frutto della collaborazione tra l’Accademia Albertina di Belle Arti e la Fondazione Chierese per il Tessile, curata da Vincenzo Caruso, Valentina Rotundo e Melanie Zefferino, la mostra, già ospitata dal 19 dicembre al 26 gennaio all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, approda ora al Museo del Tessile di Chieri, dove potrà essere visitata, con ingresso libero, fino a sabato 15 febbraio.“New Color Lights” è un progetto didattico ed espositivo che comprende 14 abiti realizzati impiegando il tessuto bandera, di antica tradizione torinese. I 14 abiti esposti sono stati realizzati da: Michelle Vecchio, Sofia Crepaldi, Marco Fiananese, Giulia Rinaudi, Matilde Milano, Yu Yihan, e Zhou Yayin.La realizzazione dell’intero progetto interdisciplinare ha visto coinvolti 40 studenti dell’Accademia, con l’obiettivo di mettere in atto una sperimentazione di ricerca nell’universo moda per una nuova visione sostenibile promossa dall’ateneo presieduto dalla Dott.ssa Paola Gribaudo e diretto dal Prof. Salvo Bitonti.Una capsule collection di abiti a trapezio, dalla caratteristica forma ad A, con inserti tinti con coloranti naturali nei sette colori dell’arcobaleno, usando tecniche sperimentate dagli studenti nel corso di un workshop al Museo del Tessile di Chieri.Al progetto, patrocinato dalla Città Metropolitana di Torino e dal Comune di Chieri, hanno collaborato per la Fondazione anche Giulia Perin, Lev Nikitin e Orsola Benente.All’inaugurazione in Chieri interverranno Antonella Giordano, assessore alla Cultura del Comune di Chieri, Melanie Zefferino, Presidente della Fondazione chierese per il Tessile e Museo del Tessile, Vincenzo Caruso, direttore del corso di Fashion Design dell’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, la Prof.ssa Valentina Rotundo.Gli allievi del corso biennale di Progettazione Artistica per l’Impresa con indirizzo Fashion Design, hanno impiegato il tessuto bandera, di tradizione antica a Torino e dintorni, per realizzare una capsule collection di abiti a trapezio, icona del guardaroba anni ’60, un abito ideato dallo stilista Yves Saint Laurent moderno e versatile diventato un evergreen. Sul bianco ottico di questo tessuto in puro cotone, prodotto dalla Pertile srl con certificazione GOTS, si innestano gli inserti della stessa stoffa tinta con coloranti naturali nei sette colori dell’arcobaleno, usando tecniche che gli studenti hanno sperimentato nel corso di un workshop al Museo del Tessile di Chieri.Gli allievi della scuola di “Cinema, fotografia e audiovisivo” diretti dal Prof. Fabio Amerio, hanno documentato il work-in-progress del progetto e curato lo shooting fotografico, al quale hanno collaborato anche gli studenti del corso di “Trucco e maschera teatrale” della Prof.ssa Arminda Falcione. Gli esiti di questa progettazione artistica multanime, ovvero gli abiti e gli elaborati visivi, sono ora esposti in questa mostra di restituzione. Gli abiti protagonisti, dalla caratteristica forma ad A, mostrano cenni di colore sapientemente studiati. Frutto di tintura con coloranti naturali, le nuances in questione emergono dal bianco di ognuno dei capi, dando vita ad una immersione nel mondo vibrante e potente dei cromatismi. Il trapezio veste il corpo della donna come dell’uomo in un atto di rivelazione che, dalla sua purezza e versatilità, parla di luce e rinascita culturale. I colori dell’arcobaleno, simbolo di bellezza e diversità, ci ricordano l’importanza dell’inclusione all’interno della società.Frutto di un lavoro interdisciplinare e intergenerazionale, con il coinvolgimento attivo dei giovani studenti dell’Accademia Albertina, questa iniziativa risponde concretamente alle istanze per il raggiungimento di obiettivi chiave (SDG) dell’Agenda 2030 in termini di sostenibilità dei processi, rispetto dell’ambiente, educazione di qualità, lavoro dignitoso e creativo.Dal 1 al 15 febbraio 2025 la mostra è visitabile nella sala polifunzionale del Museo del Tessile di Chieri, con ingresso da Via Santa Clara 6-10, nei seguenti giorni:sabato e mercoledì pomeriggio dalle 15:00 alle 18:00martedì mattina dalle 10:00 alle 12:00 (scuole su prenotazione).Ingresso libero.

PALAZZO MADAMA. GIRO DI POSTA. PRIMO LEVI, LE GERMANIE, L’EUROPA

Ha aperto venerdì 24 gennaio a Torino, nella Corte Medievale di Palazzo Madama, la mostra Giro di posta. Primo Levi, le Germanie, l’Europa, promossa dal Centro Internazionale di Studi Primo Levi e curata da Domenico Scarpa.Realizzata con documenti in gran parte inediti, Giro di posta offre una vasta rete di carteggi privati che soltanto oggi diventano pubblici, e che raccontano l’Europa e la Germania divise in due. A tessere la trama sono gli interlocutori tedeschi e germanofoni di Levi, ma non soltanto loro. Le corrispondenze esposte – messaggi scarabocchiati a matita su fogli di fortuna o impeccabili lettere battute a macchina su carta intestata – attraversano quasi mezzo secolo di storia europea.Auschwitz, esperienza di cui Levi non smise mai di indagare i segreti e i significati, è il fuoco geometrico della vicenda. Se questo è un uomo suonava fin dal titolo come una domanda rivolta al lettore, ma i fatti del libro erano avvenuti in tedesco e per mano di tedeschi, e dunque a loro quella domanda doveva arrivare. Nel 1959 fu avviata finalmente la traduzione del libro in tedesco, che uscì nel 1961, lo stesso anno in cui venne costruito il Muro di Berlino. Da quel momento in poi, una «intricata rete epistolare» mise Primo Levi in contatto con un gran numero di interlocutori notevoli: lettrici e lettori comuni, lettori che erano anche scrittori, ex compagni di Lager, e persino qualcuno che in Auschwitz stava «dall’altra parte». Conoscendo Levi, non c’è da meravigliarsi che tra i suoi corrispondenti lo attraessero in particolare i più lontani per mentalità o per geografia.Negli ottant’anni dalla liberazione di Auschwitz (27 gennaio 1945 – 27 gennaio 2025), il «giro di posta» del titolo si presenta dunque come un’ampia discussione sulla Shoah e sul suo posto in un’Europa da ricostruire dopo la guerra, ma ben presto divisa in due blocchi contrapposti. E si presenta come una rete per molte ragioni: perché ci sono circuiti di posta dove una stessa lettera viene spedita a più destinatari per sollecitarli a dire la loro; perché copre come un reticolato aree della Germania a Est e a Ovest, sconfinando in ulteriori paesi; perché vi si intrecciano le quattro lingue – l’italiano, il francese, l’inglese e il tedesco – adoperate da Levi. La mostra – con ingresso incluso nel biglietto del museo – è stata realizzata nell’ambito del progetto LeviNeT, coordinato presso l’Università di Ferrara da Martina Mengoni, curatrice del volume Primo Levi. Il carteggio con Heinz Riedt edito da Einaudi. Il progetto, finanziato dallo European Research Council, prevede di qui al 2027 la pubblicazione progressiva in open access (www.levinet.eu, sito già attivo) delle corrispondenze “tedesche” di Levi.

 

GALLERIA ACCADEMIA. SVELARE E RIVELARE. TRENT’ANNI SENZA ALIGHIERO BOETTI

a cura di Luca Beatrice

Via Po, 39 (interno cortile)

Fino al 15|03

Inaugurazione martedì 4 febbraio dalle 18.30

 

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Sciamano e showman, sottile e ironico, geniale precorritore di ciò che è accaduto nei nostri anni, Alighiero Boetti torna a Torino, la sua città, dove era nato nel 1940. Presenza alquanto rara, dopo l’antologica alla GAM del 1996 si è visto davvero poco mentre le sue mostre hanno raggiunto i musei internazionali, nonostante il legame sempre mantenuto. La sua famiglia, nobile d’origine, viveva in Crocetta, e Alighiero prima di trasferirsi a Roma nel 1972 lavorò negli studi di via Principe Amedeo, poi in corso Principe Oddone.

Lo ritroviamo oggi in via Po 39, sede della Galleria Accademia dove è esposta una selezione di circa venti rare opere tra arazzi, carte, disegni, progetti. Artista che a continuare a studiarlo emergono sempre aspetti inediti, in particolare l’intuizione di instaurare un dialogo con il lontano oriente, sempre alla ricerca di ispirazioni altre, incontri e relazioni tra culture diverse che se oggi sembrano scontate, nel suo tempo rappresentavano una novità assoluta.

Alighiero Boetti, scomparso prematuramente a Roma il 24 aprile 1994 a soli 54 anni, è attualmente riconosciuto come uno degli artisti italiani del secondo novecento più importanti al mondo. Prima ancora della fondazione dell’Arte Povera (1967) già i lavori precedenti contengono l’ansia sperimentale giovanile di utilizzare tecniche e materiali differenti: inchiostri di china, disegni, oggetti d’uso quotidiano, per poi giungere ai più noti arazzi, dove entra l’elemento forse più riconoscibile, le lettere che formano una parola, da leggersi però dall’alto in basso, dunque in verticale, come a suggerire un cambio di prospettiva e visione.Tra le opere in mostra alla Galleria Accademia spiccano alcuni arazzi, tra cui un rarissimo “Kabul” in seta, realizzati dalle ricamatrici afgane dove Alighiero si recava periodicamente. Una produzione iniziata alla fine degli anni ’70, che incarna l’ideale di arte concettuale cui non necessita dell’intervento dell’artista nella realizzazione dell’opera, creando il presupposto per un’arte partecipativa e globale. In mostra troveremo, oltre agli arazzi e il ricercatissimo manifesto dell’Arte Povera, lavori di matrice concettuale, divertissement, carte e disegni che mettono in luce la dimensione intima e riflessiva del lavoro dell’artista. Il percorso espositivo è concepito per coinvolgere il pubblico in un viaggio che attraversa i temi centrali della poetica di Boetti: il tempo, lo spazio, il linguaggio e la dualità.L’arte di Alighiero Boetti voleva comprendere il tutto nel tentativo di far quadrare il mondo – scrive in catalogo Luca Beatrice. La classificazione, la mappatura, la volontà di mettere ordine sono elementi primari. Era un intellettuale privo di moralismi e quindi profondamente laico che credeva nel primato dell’intelligenza e della memoria. L’infinita serie di frasi composte da 16, 20 o più lettere (i famosi arazzetti), la trascrizione dei mille fiumi più lunghi del mondo, di cui qui in mostra un collage preparatorio datato 1970, la cartina geografica della terra dove i confini sono delimitati dai colori delle bandiere dei singoli Stati. Sono questi alcuni tra i lavori di Boetti che più hanno germinato filiazioni.Boetti è artista del tempo. Quando entra a far parte di un’opera d’arte, il tempo le attribuisce quel valore concettuale e teorico che sfugge alle soluzioni meramente rappresentative. Il tempo concettualizza l’opera perché le offre l’inafferrabile restando sospeso ai margini dell’incertezza.

Dopo la sua scomparsa, l’interesse per il lavoro di Alighiero Boetti non ha mai smesso di crescere. Le sue opere sono state esposte nei più prestigiosi musei e gallerie del mondo, dimostrando come il suo linguaggio sia stato capace di attraversare i confini temporali e geografici.

LA COLLEZIONE SANDRETTO RE REBAUDENGO PER LA PRIMA VOLTA NEGLI STATI UNITI

Through Their Eyes. Opere dalla Collezione Sandretto Re Rebaudengo

Jan Shrem and Maria Manetti Shrem Museum of Art dell’Università della California a Davis

26 gennaio – 22 giugno 2025

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Il Jan Shrem and Maria Manetti Shrem Museum of Art dell’Università della California a Davis, presenta Through Their Eyes, la prima mostra della Collezione Sandretto Re Rebaudengo negli Stati Uniti, con opere di 30 artiste internazionali e intergenerazionali.

Through Their Eyes: Opere dalla Collezione Sandretto Re Rebaudengo riunisce 60 lavori tra pittura, fotografia, scultura e video di alcune delle artiste più importanti del panorama artistico contemporaneo, accanto a nuove voci emergenti: da Nan Goldin a Ambera Wellmann, da Barbara Kruger a Danielle Mckinney. Ogni opera esplora la costruzione dell’identità, in particolare attraverso le lenti del genere e della sessualità, utilizzando metodi diversi per indagare stereotipi e aspettative.Articolata in sei sezioni – Infinite Possibilities, Systems of Value, Becoming a Commodity, The Private and The Public Body, The Notion of the Facade e In Front of the Camera/Behind the Scenes – la mostra è curata da Susie Kantor, responsabile del dipartimento mostre del Manetti Shrem Museum.

ASTI. FONDAZIONE EUGENIO GUGLIELMINETTI. ENRICO COLOMBOTTO ROSSO. REALTÀ FANTASTICA

Asti, corso Alfieri 375

Sabato 1 febbraio 2025 alle ore 17 in Asti, presso la Fondazione Eugenio Guglielminetti (corso Alfieri 375, Palazzo Alfieri) sarà inaugurata la mostra: “ Enrico Colombotto Rosso (Torino 1925- Camino 2013). Realtà fantastica”, in occasione del centenario della nascita del Maestro, originale protagonista dell’arte e della cultura del Novecento.

La mostra è promossa dalla Fondazione Eugenio Guglielminetti in collaborazione con Fondazione Asti Musei, Comune di Asti- Assessorato alla Cultura, Provincia di Asti, Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, Reale Mutua Assicurazioni- Agenzia di Asti e Banca Reale.

Dal Fondo donato dal Maestro alla Fondazione Eugenio Guglielminetti nel 2007 per la pluridecennale collaborazione professionale con lo scomparso scenografo astigiano, sono stati selezionati trenta bozzetti ad acquarello, tempera e china su carta, realizzati tra il 1958 ed il 1971 per la scenografia cinematografica e teatrale.

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Formatosi negli anni Cinquanta nell’ambiente culturale torinese, sensibile alle tendenze Art Nouveau ed alla Secessione Viennese, Colombotto Rosso soggiornò a lungo negli Stati Uniti, in Germania, Austria, Spagna per conoscere le tendenze d’avanguardia e sperimentare i linguaggi espressionisti, particolarmente coltivati nel decennio Sessanta in Francia, a Parigi accanto agli intellettuali e pittori surrealisti Leonor Fini e Stanislao Lepri.

Nell’immaginazione pittorica, la realtà e la condizione umana assumono la forza drammatica della quotidianità, della sofferenza e del dolore mediante timbri cromatici potenti e contrasti aspri. Il disegno rigoroso e l’essenzialità si rivelano congeniali alla rappresentazione scenografica, alla trasposizione visiva dei personaggi della letteratura teatrale in costumi e fondali scenici, avvolti dalle allusive e misteriose luci del palcoscenico.

La prima sezione espositiva, dedicata alla scenografia per il cinema, presenta quattordici disegni a china e acquarello su carta eseguiti da Colombotto Rosso nel 1958 per il produttore Dino De Laurentiis nell’ambizioso progetto cinematografico “La Bibbia”, con la prima sceneggiatura dei registi Robert Bresson, Orson Welles e Luchino Visconti, che abbandonarono per motivi tecnici la realizzazione, compiuta soltanto nel 1964 da John Huston (“The Bibble: in the beginning” , 174 minuti, coproduzione Italia- USA, 1966). La sequenza dei disegni di Colombotto Rosso coglie ciascun bozzetto di costume nell’atemporalità universale della storia e della spiritualità umana. Prive di definizione somatica, le figure si identificano mediante colori e struttura dei costumi, decorazioni, acconciature e simboli (“Giovane Principe”, “Paggio”, “Signora”, “Giovane schiava”, “Profeta bianco”).

La seconda sezione è dedicata agli allestimenti teatrali: “La gallinella acquatica” del drammaturgo polacco Stanislaw Witkiewicz fu rappresentata al Teatro Gobetti di Torino nel 1969, nell’innovativo progetto di “teatro della Pura Forma”: i bozzetti di costume a tempera su carta rappresentano i personaggi (cameriera, Gallinella, bambina) nei colori vivaci dell’ironica ambientazione espressionista. Di suggestiva efficacia è la singolare interpretazione scenografica de “Le jeu du massacre” di Eugene Jonesco che Colombotto Rosso, su richiesta del regista Gualtiero Rizzi e consulenza di Gian Renzo Morteo, creò per il Teatro Stabile di Torino nel 1971, dopo le rappresentazioni di Dusseldorf e Parigi. Le inquietanti “mummie”, la “Vecchia elegante”, la “Portinaia” sono alcune delle creazioni dei venti episodi ideati (patrimonio visivo tuttora custodito presso l’Archivio del Teatro Stabile di Torino).

Dopo l’intensa attività espositiva in Europa, Americhe, Asia e Oceania, negli anni Novanta si trasferì definitivamente a Camino, ove si dedicò alla pittura, all’illustrazione per l’editoria, ordinando antologiche ad Aosta (Torre del Lebbroso, 1989), Carignano (Confraternita dei Battuti Bianchi, 1991), Alessandria (Triangolo Nero, 1999), Torino ( Sala Bolaffi, 2000), Bad Frankenhausen ( Panorama Museum 2003), Asti (“Omaggio al Maestro del Palio” , Centro Giraudi Arte 2004; Fondazione Eugenio Guglielminetti 2012). La Fondazione Enrico Colombotto Rosso conserva l’opera del Maestro nei tre depositi di Camino, Conzano e Pontestura, rappresentandone la personalità artistica in rassegne internazionali.

A commento della mostra, la sezione documentaria delinea i riferimenti culturali della pittura fantastica e onirica perseguita a Torino nei decenni Cinquanta- Sessanta, presentando opere grafiche di Filippo De Pisis, Ernst Fuchs, Felice Casorati, Raffaele Ponte Corvo, Giovanni Macciotta, Sergio Albano, Francesca Sirchia Settegrani, opere custodite presso le Collezioni della Fondazione Eugenio Guglielminetti.

La mostra, a cura di Marida Faussone e Giuseppe Orlandi, sarà visitabile tutti i giorni dalle ore 10 alle 19 fino al 25 aprile 2025. Info: www.museidiasti.com; contatti: fond.eugenioguglielminetti@gmail.com

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TORRE PELLICE, MUSEO VALDESE. ESPOSIZIONE OPERE DI PAOLO PASCHETTO (1915-1923)

La Collezione della Tavola valdese Museo valdese

Fino al 4 maggio 2025

Il Museo Valdese di Torre Pellice è lieto di annunciare l’apertura di una mostra dedicata al celebre artista Paolo Paschetto (1885-1963). In esposizione, una selezione di 50 opere provenienti dalla Collezione della Tavola Valdese: dipinti a olio, acquerelli, disegni a china e linoleum grafie, realizzate dall’artista tra il 1915 e il 1923.Le opere di Paschetto offrono una visione unica del territorio delle valli valdesi, con un’attenzione particolare ai paesaggi e agli edifici storici che oggi rivestono un importante valore simbolico. Tra questi, spiccano alcune rappresentazioni come le “scuolette Beckwith”, i templi e scene che ritraggono donne con il costume tradizionale valdese. Paschetto con queste opere realizzate durante la Grande Guerra sembra che cerchi di fermare nella memoria collettiva attimi di “pace” come se fosse alla ricerca di quell’intima umanità che forse è rimasta malgrado le tragedie subite.L’esposizione è ulteriormente arricchita da alcune recenti acquisizioni di grande capacità evocativa.L’iniziativa rappresenta un’occasione unica per ammirare il talento di Paolo Paschetto e la sua abilità di cogliere l’anima di un territorio ricco di storia e tradizioni, attraverso il suo elegante linguaggio artistico.

Orari e informazioni:

La mostra sarà visitabile presso le sale espositive del Museo Valdese di Torre Pellice via Beckwith 3 fino al 4 Maggio 2025

Orari: dal giovedì alla domenica dalle ore 15.00 alle ore 18.30

Info e prenotazioni: bookshop@fondazionevaldese.org

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PINO TORINESE. MOSTRA “LA MAGIA DEL COLORE”

“La magia del colore” è il titolo della mostra che l’Associazione Vivere ha inaugurato sabato 25 gennaio presso la Biblioteca Civica “A. Caselle”.Si tratta dell’esposizione dei quadri realizzati durante il laboratorio di pittura iniziato a fine settembre 2024, nei quali i ragazzi e le ragazze dell’Associazione hanno trasferito le loro sensazioni, fantasie e sentimenti, utilizzando diverse tecniche, come tempere, pastelli, pennarelli e matite.La mostra è visitabile fino al 7 febbraio in orario di apertura della Biblioteca.

 

 

 

 

 

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NOVARA. “PALLONI GONFIATI” DI GIANNI CELLA IN PIAZZA DELLA STAZIONE

Dal 24 gennaio, la piazza della Stazione di Novara ospita una nuova rassegna artistica all’aperto: “Palloni gonfiati” è il titolo dell’esposizione promossa dal Comune di Novara insieme a Solart.“Come avevamo annunciato – spiega l’assessore alla Cultura Luca Piantanida – proseguiamo sul percorso di valorizzazione dei giardini della Stazione che di fatto sono uno degli ingressi della nostra città. Ancora una volta sarà protagonista l’arte contemporanea con le sculture di Gianni Cella che con un gioco di parole e un po’ di provocazione verranno posizionate nell’area in questione. L’obiettivo, come sempre, è quello di dare la possibilità alle migliaia di persone che gravitano ogni giorno in questa zona per motivi di lavoro, di studio o altro, di entrare in città attraverso un’esposizione che catturi l’attenzione. Così è stato per le chiocciole, che hanno di fatto aperto questa rassegna, e successivamente per Bonomi con i fiori giganteschi che hanno abbellito i giardini lo scorso anno. Progetti realizzati grazie alla preziosa collaborazione con l’associazione Solart”.”Siamo estremamente felici di vedere prendere forma un progetto come questo, che trasforma Piazza Garibaldi in uno spazio di dialogo tra arte e comunità. Portare un artista del calibro di Gianni Cella a Novara è un grande motivo di orgoglio per noi di Solart: le sue opere, con la loro ironia e profondità, sono un invito a riflettere e, al contempo, a sorridere. Voglio esprimere la mia sincera gratitudine al Comune di Novara per aver reso possibile questa iniziativa e per il supporto costante alla cultura. Sono fiducioso che questa sia solo una delle molte collaborazioni che vedranno Solart coinvolta nella crescita culturale della città – dichiara Giuseppe Barbera, Presidente dell’Associazione Culturale Solart e CEO di Gruppo Zenit – L’operazione si sposa pienamente con i principi della nostra associazione culturale, che, pur essendo una realtà giovane, è impegnata nella promozione di iniziative artistiche che creano un legame tra arte, territorio e comunità. Le sei sculture dei Palloni gonfiati di Cella non sono solo un’installazione, ma un’occasione per stimolare il pensiero critico e l’immaginazione di chi le osserva, riflettendo sulla vacuità dei giochi di potere. Inoltre vogliamo rendere l’esperienza dei visitatori più completa, offrendo strumenti tipici di una mostra, come una guida interattiva con QR code e visite guidate. La presentazione del catalogo dell’opera omnia di Gianni Cella al Circolo dei Lettori sarà un ulteriore momento di approfondimento per avvicinare il pubblico all’artista e alla sua poetica”.I Palloni gonfiati di Gianni Cella consistono in grandi sculture di circa due metri a mezzo (peso 30 kg) ciascuna raffigurante una figura umanoide caratterizzata da una testa sproporzionata rispetto al corpo. Si tratta di un tema piuttosto ricorrente nel lavoro dell’artista che, attraverso l’utilizzo giocoso della parola, realizza in maniera tridimensionale oggetti che sono frutto di modi di dire o giochi di parole. In questo caso il “pallone gonfiato” è letteralmente una figura dalla testa gonfia: sfruttando il meccanismo ironico viene data forma a un personaggio che permette di ironizzare sui giochi di potere e sulle figure rappresentative del mondo contemporaneo, talvolta semplici uomini e donne “gonfiati” dal proprio ruolo.

 

 

TORINO. GALLERIA FEBO E DAFNE. DUE DI QUADRI: MARCO D’APONTE & GLORIA FAVA

ARTE E CULTURA AUTOMOBILISTICA A CASA ACI

Gli aspetti delle esperienze artistiche si fondono con la tradizione della cultura automobilistica all’interno della mostra “Fari nella Città”, che s’inaugura mercoledì 5 febbraio, alle 17,30, nel Salone di Casa ACI, in piazzale San Gabriele di Gorizia 210. Curata da Anna Sciarrillo, pone l’attenzione dei visitatori sull’impegno, le ricerche e la creatività di un’ottantina di artiste e artisti che hanno, per l’occasione, interpretato il temalegato al mondo dell’automobile in rapporto alla città, con gli spazi urbani, gli ampi viali e le piazze metafisiche che ricordano la straordinaria stagione di Giorgio De Chirico. Dopo le precedenti edizioni ospitate nei locali storici di via Giolitti, questo nuovo incontro permette di cogliere le molteplici soluzioni tecnico-espressive con “maggiore risalto” – suggerisce Anna Sciarrillo – grazie “all’accoglienza in queste prestigiose sale” e alla particolare collaborazione con il Circolo degli Artisti di Torino e l’Automobile Club Torino.Un percorso, quindi, che nel tempo si snoda da “Fari nella Città” a “Emozioni a ruota libera”, “On the road”, “Rally d’Arte”, sino all’attuale esposizione “Riflessi di vita”. Con “l’automobile simbolo del made in Torino” e “l’estro creativo espresso dagli autori nei loro dipinti, nelle loro fotografie e nelle loro sculture”, come è stato scritto e sottolineato negli interventi delle presidenze e direzioni del “Circolo” e “ACI”.La mostra, corredata dal catalogo a cura di Angela Betta Casale, è aperta sino al 20 febbraio, con il seguente orario: 8,30-16, dal lunedì al venerdì.

Angelo Mistrangelo

 

 

 

TORINO, INFINI.TO: CECILIA PAYNE E HENRIETTA LEAVITT DUE ASTRONOME, UN CENTENARIO. MOSTRA FOTOGRAFICA

Mercoledì 29 gennaio, al Rettorato (via Verdi 8, Torino), prende il via l’iniziativa promossa dall’Università di Torino con Accademia delle Scienze, Infini*to – Planetario di Torino, Museo dell’Astronomia e dello Spazio “Attilio Ferrari”, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e patrocinata dal Cirsde, con l’inaugurazione della mostra fotografica “1925 – 2025 Payne e Leavitt – Due astronome, un centenario” prodotta da UniVerso per celebrare le straordinarie figure di Cecilia Payne e Henrietta Leavitt, due scienziate dello Harvard College Observatory che, con le loro ricerche, hanno segnato una svolta nella storia dell’astrofisica.

Esattamente cento anni fa, nel 1925, due loro scoperte hanno infatti rivoluzionato la comprensione dell’Universo: grazie a Cecilia Helena Payne abbiamo capito di cosa sono fatte le stelle e grazie a Henrietta Swan Leavitt che la nostra galassia, la Via Lattea, è solo una tra miriadi di galassie.

Queste due scoperte fondamentali non solo hanno aperto nuove frontiere per la conoscenza umana, ma hanno anche ispirato generazioni di scienziati e scienziate.La mostra fotograficaLa mostra, curata da Infini*to – Planetario di Torino, Museo dell’Astronomia e dello Spazio “Attilio Ferrari” con il coordinamento scientifico di Antonaldo Diaferio, ripercorre attraverso testi e immagini le vite di Cecilia Payne e Henrietta Leavitt, che iniziarono il loro cammino scientifico seguendo percorsi inizialmente lontani dall’astrofisica – Payne studiando botanica e Leavitt interessandosi alla musica – per poi essere attratte dalla sfida di comprendere l’Universo. La loro dedizione, creatività e tenacia permisero loro di superare le barriere di un mondo scientifico dominato dagli uomini, contribuendo in modo determinante alla nostra comprensione del cosmo.

Questa iniziativa non è solo un tributo alle loro scoperte, ma anche un invito a riflettere sulle qualità imprescindibili di chi si dedica alla scienza: una curiosità instancabile e una tenacia indomabile.

La mostra, allestita nel Cortile del Rettorato (via Verdi 8, Torino), viene inaugurata alle ore 18 alla presenza di Dava Sobel, divulgatrice scientifica autrice del libro Le scienziate che misurarono il cielo, che terrà un discorso per rendere omaggio al contributo di Payne e Leavitt alla conoscenza umana.

Mostra fotografica 1925 – 2025 Payne e Leavitt – Due astronome, un centenario

Università di Torino, Cortile del Rettorato, via Verdi 8/via Po 17

Dal 29 gennaio al 29 marzo 2025

Orario di apertura da lunedì a sabato ore 10-18 Ingresso gratuito


Visto da: 201



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