Cam di Casoria, intervista al direttore Antonio Manfredi: «Vent’anni di battaglie»

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Dopo oltre un anno di lavori di ristrutturazione, il 17 gennaio il museo Cam di Casoria ha riaperto le sue porte con uno spazio completamente rinnovato e ricco di novità. In questa intervista, il direttore Antonio Manfredi racconta le nuove iniziative del museo, dall’area concerti al teatro sperimentale, dalla Cam Video Box al Concept Bar Exit, con l’obiettivo di rendere l’arte più accessibile e coinvolgente. Manfredi ripercorre anche i vent’anni di storia del Cam, tra battaglie per il finanziamento, impegno sociale e ricerca artistica internazionale. Un museo che continua a reinventarsi, rimanendo un punto di riferimento per l’arte contemporanea e la cultura nell’hinterland napoletano.

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Il Cam Quartet sul nuovo palco per concerti del Cam

Il 17 gennaio il Cam ha riaperto dopo dei lunghi lavori di ristrutturazione. Quali sono le novità del nuovo Cam? 
«Ci siamo aperti strutturalmente. Abbiamo allestito un’area concerti con un palco attrezzato, dove i musicisti del Cam Quartet possono provare e dove si terranno tante performance musicali. Abbiamo anche creato una stanza con una regia audio-video per vari utilizzi. Poi abbiamo riallestito e sistemato il teatro, dove daremo spazio al teatro sperimentale, e la Cam Video Box, dove sarà possibile visionare tutti i video d’arte in nostro possesso. Il Cam possiede una grande collezione di video d’arte, dal 2005 organizziamo il Magmart, un videofestival di livello internazionale. Abbiamo allestito la Cam Factory, la nostra sala per le mostre temporanee. Poi un atelier dove si terranno laboratori di pittura e una biblioteca d’arte adibita a spazio di co-working. Infine, il Concept Bar Exit, situato all’entrata del museo, per dare la possibilità di vivere lo spazio museale in modo più partecipativo». 

Atelier adibito per laboratori di pittura

Qual è stata l’idea iniziale alla base della fondazione del Cam vent’anni fa? Ritiene che sia stata mantenuta nel tempo?
«L’idea iniziale era quella di creare un centro per le arti. Vent’anni fa il mondo era diverso, ma il concetto di base è rimasto lo stesso. Già nel 2004 iniziammo ad organizzare dei simposi d’arte che svariavano dalla scultura alla street art. L’inaugurazione ufficiale arrivò nel 2005 con la mostra 100 artisti per un museo, che ebbe uno straordinario successo con la partecipazione di artisti provenienti da tutto il mondo. Io sono un artista e ho vissuto questo museo fin dalla sua creazione. La nostra collezione di circa 2000 opere – circa 250 esposte a rotazione – è frutto di viaggi, contatti e conoscenze dirette con gli artisti.

Nel 2005 ero in Cina a realizzare una scultura quando fui contattato dalla nuova amministrazione di Casoria, che mi chiese di aiutarli a creare uno spazio per le arti. Così nacque il Cam. L’idea di base è sempre stata questa, ma per strutturarci in questo modo ci sono voluti vent’anni».

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per lavori di ristrutturazione

 

In questi anni Cam ha affrontato molte difficoltà, tra cui la mancanza di finanziamenti pubblici. Come siete riusciti ad andare avanti?
«Pochi mesi dopo l’inaugurazione del 2005, l’amministrazione cadde e mi ritrovai con il museo in mano. Potevo chiudere e dare indietro le cento opere donate dagli artisti o andare avanti, e scelsi la seconda opzione. Per incoscienza, per amore dell’arte, non lo so.  In questi vent’anni abbiamo affrontato tante battaglie per rimanere aperti: Cam Art War, – dove vennero bruciate delle opere in segno di protesta – l’asilo politico alla Germania, il mio incatenamento nella stanza del sindaco… Un anno e mezzo fa il Comune, attraverso dei PICS – Programmi Integrati Città Sostenibile – ha ottenuto dei finanziamenti per mettere a norma la struttura, ma i lavori, che dovevano durare tre mesi, sono durati oltre un anno. Nel frattempo, abbiamo continuato a operare, trovando spazi alternativi per eventi e mostre. Adesso abbiamo riaperto con uno spazio completamente rinnovato».

Biblioteca e sala co-working

Negli ultimi anni si parla molto di musei che devono aprirsi al pubblico invece di aspettare che sia il pubblico a raggiungerli. Lei cosa ne pensa? 
«Il museo deve essere un luogo vivo e aperto, non una semplice esposizione di opere. Da qui nasce l’idea del Concept Bar Exit: un luogo dove i giovani possano bere uno spritz, ascoltare musica e immergersi nell’arte. L’arte è uno strumento fondamentale per la crescita culturale e sociale dei ragazzi.  Lavoriamo molto con le scuole per avvicinare i bambini all’arte e far loro capire che un museo, una galleria, un teatro o una biblioteca sono delle cose importanti. A Casoria, ma in generale nell’hinterland napoletano e in tutte le periferie italiane, c’è bisogno di poli d’attrazione come il nostro. Cerchiamo di superare la “Napoli-centralità” che rende difficile per i napoletani spostarsi anche solo di una fermata di treno per visitare Casoria».

Il Cam è un museo particolarmente attento ai temi sociali di attualità e sempre alla ricerca di nuovi artisti. Come è possibile fare questo non ricevendo finanziamenti?
«Noi abbiamo sempre operato per un’arte sociale, cerchiamo di essere attenti alla contemporaneità. In passato abbiamo creato confronti artistici tra artisti israeliani e palestinesi, ci siamo occupati della condizione delle donne in Iran, abbiamo fatto una grande mostra sulle mafie, intitolata CAMorra, che ci portò diverse difficoltà e abbiamo dedicato una sala del museo a Roberto Saviano. Ma non ci siamo mai fermati, crediamo che l’arte possa dire la sua su qualsiasi fenomeno sociale. Cerchiamo sempre di fare ricerca per portare alla luce nuovi talenti, evitando di riproporre sempre gli stessi nomi noti dell’arte contemporanea. Scoviamo gli artisti direttamente nei loro studi, ovunque nel mondo: nei Balcani, in Africa, in Asia. Questo è possibile grazie ai nostri collaboratori: Luigi Castiello e Stella Manfredi, che si occupano della parte musicale, Alma Dridi, che si occupa delle relazioni con artisti internazionali e Graziella Melania Geraci addetta all’ufficio stampa. Riusciamo a fare tutto questo grazie anche all’aiutoe degli studenti delle varie università campane, che vengono a svolgere periodi di formazione pratica qui da noi. Il museo è completamente autofinanziato e qui tutti, compreso io, lavorano a titolo gratuito». 

Il museo sta investendo molto anche nella digitalizzazione. Quali sono i progetti in corso?
«Abbiamo sviluppato una chatbot dedicata per permettere ai visitatori di ottenere informazioni sulle opere e sugli eventi in tempo reale. Basterà inquadrare un QR code, posizionato in vari punti del museo, per poter porre delle domande dal proprio smartphone. Stiamo facendo realizzare anche dei video direttamente agli artisti tramite i quali spiegheranno le loro opere. Inoltre, stiamo lavorando a un progetto di digitalizzazione avanzata chiamato “ArteInnova” realizzato da Genesis Group, che offrirà la possibilità agli utenti di esplorare virtualmente il museo e interagire con le opere guidati da un avatar». 

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Quali sono gli impegni futuri del Cam?
«Attualmente ospitiamo la personale dell’artista Enzo Cref “Il labirinto di Partenope” curata dall’artista Iabo, con testo di Annalisa Ferraro. Finita la mostra l’opera entrerà a far parte della nostra collezione permanente. Il 14 febbraio organizzeremo una serata, sia per coppie che per single, dove si potrà dipingere, volendo anche con colori fluo. L’idea è quella di proporre un San Valentino diverso, in una serata accompagnata dalla musica. Per l’occasione si esibiranno gli artisti Sabba e PeppOh seguiti dal Dj set di Pappel_G. Il 21 febbraio inaugureremo la mostra dell’artista kosovaro Albulen Neziri, anche in questa occasione avremo delle performance musicali degli artisti Andrea Tartaglia e Lucky Salvadori, per poi concludere con il Dj set di Pappel_G».





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