L’università di Pisa inserisce la pace nello statuto: “Vietate le attività per lo sviluppo delle armi”. È il primo ateneo in Italia

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Niente più progetti e collaborazioni legati allo sviluppo degli armamenti. È la decisione dell’Università di Pisa, primo ateneo in Italia a compiere questo passo. L’università toscana ha ufficialmente modificato il proprio Statuto, introducendo il principio della pace e della sostenibilità come valori fondanti dell’Ateneo ed eliminando qualsiasi tipo di ricerca o progetto legato allo sviluppo di armamenti. Una decisione, quella del Senato accademico e del consiglio d’amministrazione, che arriva dopo anni in cui la comunità studentesca si era più volte unita contro alcune partnership poco etiche di UniPi.

“Vogliamo un’università di Pace, un’università che porti avanti un’attività di ricerca che dia priorità allo sviluppo collettivo. Non accettiamo un’università prona a un’industria che trae profitto da crimini di guerra e genocidi.” hanno dichiarato in un comunicato stampa gli studenti del sindacato Sinistra Per. Secondo quanto dichiarato dal rettore Riccardo Zucchi, la decisione di aggiornare lo Statuto nasce dalla necessità di promuovere una ricerca rispettosa dei diritti umani: “È indispensabile che l’università dia un segnale esplicito della sua scelta di campo a favore della pace e si dissoci da ogni attività volta allo sviluppo di armamenti”, ha dichiarato. “Abbiamo deciso di intervenire ai massimi livelli, andando a integrare nel principale atto normativo dell’Ateneo questi principi fondamentali”. La modifica dei primi quattro articoli dello statuto di ateneo porta a un’università che: “Non sostiene e non partecipa ad alcuna attività finalizzata alla produzione, allo sviluppo e al perfezionamento di armi e sistemi d’arma da guerra”, si legge nell’integrazione fatta all’articolo 4.

Ma la decisione non è stata accolta in modo unanime. Questa presa di posizione ha scatenato un acceso dibattito tra le fazioni studentesche, con posizioni differenti tra chi sostiene la scelta e chi la considera un errore. Azione Universitaria, attraverso la sua direttrice nazionale Annalisa Maggi, ha criticato duramente la scelta, sostenendo che si tratti di un’imposizione ideologica dato che “l’innovazione nasce anche in contesti militari e ha ricadute positive per tutta la società e per l’università stessa” ha dichiarato. Secondo il sindacato di destra la perdita degli accordi sulle ricerche sulle armi sarebbe un grave errore dato che era un modo per finanziare l’ateneo pisano. “Oggi, a causa di una pessima gestione finanziaria da parte del rettore Zucchi – accusa Maggi -, Unipi taglia servizi e aumenta le tasse agli studenti per ripianare il bilancio. Ogni progetto di ricerca, inclusi quelli in ambito militare, porta finanziamenti essenziali. Rinunciare a questi progetti significa tagliare ulteriormente servizi o imporre nuove tasse, mentre le grandi industrie si rivolgeranno a centri di ricerca più lungimiranti”.

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Di tutt’altro avviso Sinistra Per, che ha invece accolto con favore la modifica dello Statuto. In una nota, il collettivo studentesco ha espresso soddisfazione per il riconoscimento dell’università come “presidio democratico” e ha ribadito l’importanza di un ateneo libero da influenze dell’industria bellica. Rispondendo alle dichiarazioni del collettivo di destra, Sinistra Per si è dimostrato dispiaciuto nel leggere questo tipo di commenti. “In una società che è sempre più colorata dalla militarizzazione degli spazi civili il nostro è un atto di disobbedienza che libera la ricerca dai vincoli di un mercato mortifero e lontano dalla costruzione del sapere”. concludono. La polemica si inserisce in un contesto più ampio, in cui il dibattito sul rapporto tra università e industria bellica si sta intensificando. Già in passato, le collaborazioni tra l’Ateneo e aziende del settore militare avevano suscitato contestazioni, con richieste di maggiore trasparenza e di una netta presa di posizione dell’amministrazione universitaria. Con la recente modifica dello Statuto, l’Università di Pisa sembra aver scelto una direzione chiara, ma restano aperti interrogativi sulle modalità con cui verrà garantita l’applicazione concreta di questi principi. Nei prossimi mesi, sarà fondamentale capire se questa svolta porterà a un cambiamento tangibile nella gestione dei progetti di ricerca e nei rapporti con il mondo industriale, o se si tratterà soltanto di una dichiarazione di intenti destinata a rimanere sulla carta.



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