“Alcuni giudici vogliono governare: allora si candidino”, ha attaccato la premier dopo l’avviso di garanzia della Procura di Roma. “I politici non facciano i magistrati e lascino a loro valutare gli atti processuali senza condizionamenti”, ha replicato l’Anm. Come confermato da fonti della Presidenza della Repubblica, Meloni ha incontrato e avvisato dell’indagine martedì scorso Mattarella al Colle, prima del video in cui ha fatto sapere di aver ricevuto l’informativa d’iscrizione nel registro degli indagati
La vicenda del generale libico Almasri – accusato dalla Corte penale internazionale di crimini di guerra e crimini contro l’umanità, arrestato a Torino e poi scarcerato e rimpatriato dall’Italia con un volo speciale – contiene ad alimentare il dibattito politico. L’avviso di indagine della Procura di Roma ha fatto “un danno alla nazione”, ha detto la premier Giorgia Meloni. La presidente del Consiglio risulta indagata insieme al sottosegretario Alfredo Mantovano e ai ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi. “Alcuni giudici vogliono governare: allora si candidino”, ha attaccato Meloni. “I politici non facciano i magistrati e lascino a loro valutare gli atti processuali senza condizionamenti”, è stata la replica dell’Anm. Ed emerge anche un incontro al Quirinale tra Meloni e il presidente Sergio Mattarella prima del video-denuncia.
L’incontro al Quirinale
Fonti della Presidenza della Repubblica hanno confermato che la premier ha incontrato nel pomeriggio di martedì, al Quirinale, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, per comunicargli di aver ricevuto da parte della Procura di Roma l’iscrizione di lei e di altri membri del governo nel registro degli indagati. L’incontro è avvenuto prima della diffusione, intorno alle 17, del video di Meloni in cui la premier ha informato gli italiani sull’informativa di iscrizione nel registro degli indagati, firmata dal procuratore Francesco Lo Voi per favoreggiamento e peculato. Come racconta Il Messaggero, la premier aveva già incontrato Mattarella al Colle la mattina per la Commemorazione della Memoria, ma ha deciso di reincontrare il presidente della Repubblica dopo un confronto con il sottosegretario Mantovano, anche lui indagato con i ministri Piantedosi e Nordio. Cosa Meloni e Mattarella si siano detti “non è dato sapere”. “Riserbo assoluto, granitico fra le parti come prevede la grammatica istituzionale. E non è un caso che il Colle si attesta su un rigido no-comment nelle ore e nei giorni a venire, man mano che deflagra lo scontro fra centrodestra e un pezzo di magistratura”, ha spiegato il giornale.
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L’attacco di Meloni alla magistratura
Nelle scorse ore, Meloni è tornata ad attaccare la magistratura. L’avviso di indagine della Procura di Roma ha fatto “un danno alla nazione” ed è l’esempio di come “un pezzetto di magistratura” vuole “governare”, ma “allora si candidino: non si può fare che loro governano e io vado alle elezioni”, ha detto la premier. Tesi confutate dall’Anm: ‘I magistrati non fanno politica, sarebbe auspicabile che i politici non provassero a sostituirsi ai magistrati, lasciando loro il compito istituzionale di esaminare e valutare gli atti processuali senza impropri condizionamenti”, ha replicato il segretario generale dell’Associazione Salvatore Casciaro. Assistiti dall’avvocata Giulia Bongiorno, la premier e gli altri indagati devono ancora decidere se farsi ascoltare dal Tribunale dei ministri o inviare memorie. A Palazzo Chigi, comunque, sono convinti che tutto si chiuderà a breve con un’archiviazione.
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Il Parlamento
Fonti qualificate hanno assicurato che l’esecutivo non ha posto il segreto di Stato sulla vicenda del libico e questo implica che i ministri potranno riferire in Parlamento. “Meloni continua a scappare, dovrebbe riferire al Paese nelle sedi istituzionali e non ai propri follower”, ha attaccato la leader del Pd Elly Schlein. “Il danno d’immagine è avere fatto la scelta politica di sfregiare la legalità internazionale imbarcando su un volo di Stato, a nostre spese, un criminale con accuse anche per stupri a bambini di 5 anni”, ha aggiunto il presidente M5s Giuseppe Conte. “Nessuno pensa che Almasri sia un santo, lo abbiamo espulso proprio perché era pericoloso”, ma a liberarlo sono stati “i magistrati”, è stata la sintesi di Antonio Tajani, che senza dubbio affronterà altre domande sul tema quando mercoledì mattina sarà in audizione alle commissioni Esteri.
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