Nessuna competitività per l’Ue finché ci sarà il Green Deal

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La vittoria di Trump e le sue minacce di dazi nei confronti di paesi europei, come per altri paesi, o per l’intera industria europea, a fronte dell’enorme deficit commerciale a favore dell’Europa nei confronti degli USA, sta accelerando il dibattito politico e le iniziative della Commissione Von der Leyen per una pericolosa centralizzazione, a scapito delle competenze nazionali. 


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Dopo aver banalizzato il semestre di presidenza ungehrese che aveva messo al centro del suo programma la competitività europea, la Commissione ha presentato il 29 gennaio la sua “Bussola per la competitività” o “Competitiveness Compass”, una vera e propria tabella di marcia per ripristinare il dinamismo economico dell’Europa e stimolarne la crescita. Tuttavia, oltre alle probabili critiche dei singoli governi e gruppi parlamentari, già ieri la Confederazione europea dei sindacati (CES) ha declinato l’invito rivolto alle “parti sociali” ad approvare la strategia della Commissione, affermando di non essere stata consultata sul nuovo progetto di crescita economica dell’esecutivo UE e che il piano «minerebbe i posti di lavoro, i diritti e le norme minime di tutela». 


La strategia proposta si basa sull’analisi del rapporto di Mario Draghi sul futuro della competitività europea, presentato lo scorso settembre e sul quale abbiamo sottolineato le diffuse criticità e gravi lacune su queste pagine. A fronte degli imperativi evidenziati da Draghi per il rafforzamento della competitività (colmare il divario di innovazione, dotarsi di una strategia comune per decarbonizzazione e competitività, aumentare la sicurezza e ridurre le dipendenze eccessive dagli altri paesi), la “bussola della competitività” definisce un approccio e misure adeguate per tradurre questi imperativi in ​​realtà.  


In che modo l’Unione Europea stimolerà l’innovazione? 


Creando un ambiente amichevole per le giovani aziende che vogliono iniziare ed espandersi, aiutando le grandi aziende ad adottare nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale (IA) e la robotica, rendendo più facile per le aziende operare in tutta l’UE semplificando le norme e le leggi, con una proposta per un unico insieme di regole in tutta l’UE, sostenendo lo sviluppo di nuove tecnologie, con piani d’azione per i materiali avanzati, tecnologie quantistiche, biotecnologie, robotica e tecnologie spaziali. 


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Come Bruxelles imporrà la decarbonizzazione? Proponendo un patto industriale che aiuti e a ridurre le emissioni di carbonio, in particolare per le aziende ad alta intensità energetica e facilitando la loro transizione, verso tecnologie a basse emissioni di carbonio, sviluppando “Piani d’azione per l’energia accessibile” che aiuti ad abbassare i prezzi e i costi dell’energia. 


Come ridurre le dipendenze da paesi terzi? L’Europa che già dispone di una serie di accordi commerciali con 76 paesi, desidera diversificare e rafforzare ulteriormente le fonti di approvvigionamento e fornitura di materie prime e rare, sviluppando anche una nuova gamma di “Partenariati per il commercio e gli investimenti puliti” per aiutare a garantire la fornitura di materie prime, energia pulita, carburanti per trasporti sostenibili e tecnologie pulite da tutto il mondo. 


Si vorrebbero stabilire anche “Norme sugli appalti pubblici”, finalizzati a favorire aziende europee negli appalti pubblici per i settori e le tecnologie sensibili. Per integrare e sviluppare velocemente questi tre pilastri, la “bussola della competitività” europea propone cinque abilitatori orizzontali: semplificare norme e abbattere impedimenti burocratici europei e nazionali; ridurre tendenzialmente a zero le barriere nazionali al mercato unico (suggerito dallo studio di Enrico Letta su mandato del governo del Belgio); accrescere i finanziamenti europei per sviluppare la competitività; promuovere le competenze professionali e posti di lavoro di qualità e migliorare il coordinamento delle politiche a livello nazionale e dell’UE. 


Tutto ciò, nelle previsioni della Commissione, dovrebbe essere attuato concretamente dal gennaio 2025 al primo quadrimestre del 2026. Durante la conferenza stampa di presentazione della strategia europea non si è accennato ai dissensi politici sempre più chiari sul Green Deal, dopo che la proposta dei Patriottici di sospenderne tutte le previsioni ed obbligazioni è stata discussa e ha trovato consenso da parte del Gruppo parlamentare dei Conservatori, pur senza trovare entusiasmo tra i Popolari

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Secondo Ursula Von der Leyen, entro la fine del suo mandato nel 2029, la Commissione avrà presentato «proposte che potrebbero far risparmiare alle imprese oltre 37 miliardi di euro all’anno». Tutto bene? Per nulla, non giova all’approvazione dell’intero pacchetto di misure proposte da Bruxelles imputare ai singoli stati membri le cause della ridotta competitività europea, come se le politiche industriali dei singoli Stati siano una zavorra, invece di una colorata e feconda opportunità. 


L’idea che per aumentare la competitività dell’Unione e al contempo riuscire a raggiungere i propri obiettivi climatici, l’esecutivo dell’UE sostenga ancora una volta la necessità di avere un controllo più stretto sulle strategie industriali nazionali e di assicurarsi che gli Stati membri non si discostino dalle decisioni di Bruxelles, così come l’idea di incentivare il rispetto delle norme vincolando i fondi dell’UE e della Banca europea per gli investimenti (BEI), al raggiungimento di determinati obiettivi e parametri di riferimento imposti da Bruxelles, sono chiari segnali di un rinnovato e pericoloso centralismo. Sospendere la folle e univoca corsa europea al Green Deal è l’indispensabile precondizione per una qualunque elaborazione di piani strategici europei. La “bussola” di Bruxelles ha qualche serio problema di funzionamento o forse è il capitano della nave che ci porta verso le secche?




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