Nuovo Giornale Nazionale – CHI VUOLE FAR CADERE IL GOVERNO? CHI NE HA FACOLTA’? E LA RAGION DI STATO

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Conto e carta

difficile da pignorare

 


di Carla Ceretelli

Chi non conosce il gioco   della  ” palla avvelenata”, almeno quelli della mia generazione. L’ultimo che la prende paga. Il capo della polizia libica accusato di torture nei confronti dei migranti, l’essere criminale e aguzzino, quel carnefice,  ha girato   per l’Europa  senza essere disturbato da niente e nessuno sotto gli occhi della  Corte di Giustizia europea. Ma, guarda caso, come entra in Italia hanno spiccato un mandato di carcerazione, per creare una crisi di governo. Ma il governo Meloni l’ha rispedito al mittente, adelante, con grande stizza e irritazione della magistratura, almeno una certa parte, quella molto molto “democratica”, che lo voleva in Italia. Ovviamente a spese nostre, per creare disordini o, peggio, al fine di destabilizzare il nostro governo.

In linea di massima e per regola, una decisione politica non si processa o non si dovrebbe processare in tribunale e non si sottopone a un procedimento penale. Ma evidentemente per qualcuno non è chiaro.

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Eccoci di nuovo, come ai vecchi tempi berlusconiani. Ormai è notorio quanto è successo negli ultimi giorni. Giorgia Meloni, udite udite, è indagata per favoreggiamento e peculato. Ma, per non lasciarla sola a piangersi addosso, anche se normalmente non è sua consuetudine fare, hanno pensato bene di farla scortare  da alcuni ministri.  E chi più idoneo di   Piantedosi, Interno, e Nordio, Giustizia. Senza farsi mancare un sottosegretario. E chi meglio di quello alla Presidenza del Consiglio, Mantovano? Nel mirino della Procura di Roma, insieme al   rinomato e popolare Francesco Lo Voi  assistiamo  alla gestione  e all’organizzazione del caso del comandante libico Najeem Osema Almasri Habish, arrestato e poi rilasciato e riportato in Libia con aereo di Stato dei servizi. E, ripetiamo, dei Servii. Segreti, dunque molto riservati, per usare un eufemismo. In un momento così delicato in cui è già altissima la tensione tra politica e magistratura, ecco la nuova indagine sui membri del Governo, in primis  il  primo Ministro.

Allucinante e delirante. Quasi sconvolgente.

Dunque assistiamo alla sceneggiata che vede indagata per il caso Almasri lo stesso Presidente del consiglio che ne annuncia la manfrina “La notizia di oggi è questa, il procuratore della Repubblica Francesco Lovoi, lo stesso del fallimentare processo a Matteo Salvini per sequestro di persona, mi ha appena inviato un avviso di garanzia per i reati di favoreggiamento e peculato in relazione alla vicenda del rimpatrio del cittadino Almasri. Avviso di garanzia inviato anche al ministro Carlo Nordio, Matteo Piantedosi e Alfredo Mantovano presumo al seguito di una denuncia che è stata presentata dall’avvocato Luigi Li Gotti, ex politico esponente del MSI fino al 1995, di AN  fino al 1998, infine   passato a IDV dal 2002 al 2013. Personaggio, in un certo periodo del suo governo  anche  molto vicino a Romano Prodi,  conosciuto per avere difeso pentiti del calibro di Buscetta, Brusca e altri mafiosi”, ha detto Giorgia Meloni in un video.  Il quale ha tenuto a precisare di non avere denunciato il Primo ministro per motivi politici.  Ohibò, e perchè avrebbe tenuto a precisarlo?  Se nella norma, non avrebbe dovuto aver bisogno di sottolinearlo. Ovviamente  la notizia dell’indagine sul premier e i ministri ha immantinente  scatenato un acceso dibattito politico.  E, naturalmente, l’Italia è divisa in due, ma anche in  tre, dato che qualcuno  a una qualche difficoltà a prendere posizione. Tutto questo  è attinente alla prevista riforma della Giustizia,  di cui si parla da decenni, alla quale, silente come consuetudine, ha messo mano da tempo il Ministro della Giustizia.  Chi non fa non falla, dice il noto motto e chi si accinge a “fare” viene immediaramente  bloccato, ostacolato e interrotto da chi non ne ha facoltà. Nel caso specifico, la magistratura, autonoma proprio come gli altri due poteri dello stato, l’esecutivo e il legislativo che  evidentemente non hanno lo stesso potere del primo che si intromette vieppiù , e a ogni piè sospinto, negli affari che spettano agli altri due.

Intanto  il Presidente del consiglio evoca ciò che spesso ha ripetuto in passato “Io penso che valga oggi quello che valeva ieri, non sono ricattabile e non mi faccio intimidire ed è possibile che per questo sia invisa a chi non vuole che l’Italia cambi e diventi migliore ma anche e soprattutto per questo intendo andare avanti per la mia strada a difesa degli italiani, soprattutto quando è in gioco la sicurezza della nazione. A testa alta e senza paura”

Mentre Tajani, vice presidente nonché  Ministro degli affari esteri dichiara.”Sembra ripicca delle toghe”, Salvini che gli fa eco dicendo “Vergogna, subito riforma giustizia”.

“Ora i fatti sono abbastanza noti: la Corte penale internazionale dopo mesi di riflessione emette un mandato di arresto internazionale nei confronti del capo della polizia giudiziaria di Tripoli, curiosamente la Corte lo fa proprio quando questa persona stava per entrare sul territorio italiano dopo che per 12 giorni aveva  in tutta serenità soggiornato in altri tre Stati europei”, afferma ancora Giorgia Meloni. La regia “occulta”, dunque,  ha fatto in modo che arresto e conseguente scarcerazione avvenisse in Italia.

Considerando anche  che la Libia ha ruolo molto delicato nello scacchiere mediterraneo.

Probabilmente finira’  tutto  in bolle di sapone   e in un nulla di fatto, e  si risolverà in una assurdità  sotto la tutela della Ragion di Stato. Giustamente.

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E non era affatto atto dovuto quello  che a qualcuno è venuto in mente per punire e far penare  il Governo.

Una volta i magistrati parlavano solo con le sentenze. E godevano della fiducia della quasi totalità degli italiani.

Poi hanno incominciato a parlare solo con gli avvisi di garanzia. E ora godono della fiducia di meno del 40% degli italiani.

Nel caso in questione, Meloni/Nordio sono arrivati a parlare, o, meglio, sparlare,  addirittura con i comunicati stampa, come un Fratoianni o un Bonelli qualsiasi. Dove ambiscono arrivare?

Sembrerebbe davvero una ripicca per la separazione delle carriere, che sta riprendendo in questi giorni  il suo  percorso  in Senato.  O forse Il tentativo di seguire il consiglio contenuto nella famosa mail del magistrato Marco Patarnello: “Meloni più pericolosa di Berlusconi, bisogna porre rimedio”. Abbastanza difficile dare una risposta.  Certo è che ci troviamo di fronte all’ennesima azione eclatante che rischia di innescare ingiustificatamente un ulteriore motivo di tensione e di conflitto.

E, guarda caso, la procura si è espressa proprio in seguito a un esposto dell’avvocato Luigi Li Gotti, è lo stesso “del processo a Matteo Salvini per sequestro di persona” fallito dopo anni di   riprovevoli accuse e biasimo, caduti nel nulla come spesso accade ormai da tempo.  In effetti anche   il processo Open Arms è stato organizzato per indagare su un atto politico, una vicenda giudiziaria durata anni e chiusa con l’assoluzione dell’ex ministro dell’Interno poco prima di Natale. Che, in ogni caso, ha colpito in modo estremamente negativo la vita di chi lo ha subito.

In realtà e senza dubbio alcuno, indagare su un atto politico è paradossale e inverosimile. Il punto della discussione è proprio questo. Come si possono ipotizzare i reati di favoreggiamento e peculato, si intende peculato d’uso, per i vertici dello Stato e per una vicenda del genere? Occorre assolutamente   fare chiarezza, anche in modo forte e coraggioso.   Una decisione politica, specie se operata da un ruolo alto come quello del Presidente del consiglio, non si processa in tribunale e non si sottopone a un procedimento penale.  Inconcepibile davvero camuffare la decisione incontestabile di un premier o di un ministro da reato. Questa va combattuta in Parlamento, l’altro potere, insieme all’esecutivo, e non discussa davanti a un giudice.   L’insidia non riguarda solo il governo attuale, guarda caso di destra, ma anche tutti quelli che verranno. Pur sapendo con assoluta certezza, per averlo provato e vissuto, che con la sinistra al potere emerge molta più clemenza.

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Del resto, tutta questa vicenda ricorda molto da vicino quanto accaduto nel 1994, quando Silvio Berlusconi ricevette l’avviso di garanzia a Napoli mentre presiedeva il vertice Onu sulla criminalità. L’offensiva giudiziaria è dunque più che sospetta, proprio l’ennesimo tentativo della sinistra contro un governo di destra.  

Anche la tempistica fa riflettere. L’avviso di garanzia, l’iscrizione nel registro degli indagati, o quel che è, dato che anche questo non è del tutto chiaro, arriva 24 ore prima dell’informativa in Parlamento sul caso Almasri, quasi a voler sminuire squilibrare e indebolire il dibattito politico. Per annullare e risolvere le polemiche sarebbe utile l’immediata archiviazione da parte del tribunale dei ministri.  Per diversi motivi, primo fra i quali evitare anni di processo alla Meloni e ai suoi ministri senza una valida ragione. Inoltre, per ribadire che non è possibile ipotizzare reati per aver governato nell’interesse nazionale.

I giudici ora avranno novanta giorni per indagare e giungere alla conclusione: archiviare o chiedere al parlamento l’autorizzazione a procedere.

Inoltre questa scelta che pare la più saggia, servirebbe anche ad accelerare  la riforma della giustizia, soprattutto  quella parte   che più spaventa le correnti della magistratura: la riforma del Consiglio superiore della magistratura. Con buona pace dei magistrati politicizzati e ideologizzati.

Effetto boomerang: mancato il bersaglio, “Lei” ne uscirà vieppiù rafforzata, e “loro” con le pive nel sacco.  Si accettano scommesse. A nome di un amico.

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