La tentazione. Meloni e l’idea delle elezioni anticipate

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“La domanda che deve porsi Giorgia Meloni è quella del suo tempo e quello degli avversari, del carpe diem, del cogliere l’attimo. Oggi è forte, l’assalto delle toghe ha fatto balzare il consenso, la sinistra è a pezzi, la destra è unita. E gli italiani hanno capito. Non c’è una crisi di governo, ma c’è una crisi di sistema, l’hanno aperta i magistrati”: si conclude così l’editoriale odierno di Mario Sechi, che prima di dirigere Libero curava la comunicazione di Palazzo Chigi. Si affaccia, dunque, l’ipotesi di elezioni anticipate. Per capire come ci si è arrivati, proviamo ad entrare nella testa di Giorgia Meloni.

Com’era prevedibile, il premierato, “la madre di tutte le riforme“, è finito su un binario morto, mentre l’autonomia differenziata è stata fatta a pezzi dalla Consulta. Delle tre bandiere riformiste che avrebbero dovuto sventolare, caratterizzandola, su questa legislatura ne è rimasta solo una: la separazione delle carriere di magistrati requirenti e giudicanti. Era la bandiera di Forza Italia, ma Giorgia Meloni l’ha fatta propria. E nel farlo ha messo in conto la furibonda reazione della magistratura organizzata come era già accaduto a Silvio Berlusconi, a Clemente Mastella, a Matteo Renzi.

A torto o ha ragione, la notizia della sua iscrizione sul registro delle notizie di reato assieme ai ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e al sottosegretario Alfredo Mantovano è stata, perciò, letta come il primo atto di tale offensiva. Il primo, ma non l’ultimo. Secondo più di un meloniano, dietro il mandato di cattura per il libico Osama Almasri ci sarebbero manine tedesche volte ad indebolire l’Italia in Europa e/o manine francesi volte ad indebolire l’asse tra il governo italiano e quello di Tripoli, tifando la Francia per la fazione libica guidata a Bengasi dal generale Khalifa Haftar. L’azione del procuratore di Roma, Francesco Lo Voi, che ovviamente non porterà all’apertura di un processo per favoreggiamento e peculato, avrebbe come obiettivo quello di minare l’immagine internazionale della premier italiana e del suo governo, creando le condizioni perché altre inchieste possono destabilizzare definitivamente l’esecutivo. Quali? È opinione diffusa che nel mirino finirà presto Arianna Meloni. Per due motivi. Perché, essendo noto lo strettissimo legame che la unisce alla presidente del Consiglio, colpire lei sarebbe come colpire la premier. E perché Arianna non è stata eletta in Parlamento, dunque non gode di quel po’ di guarentigie sopravvissute alla dissennata riforma dell’articolo 68 della Costituzione.

 

Cosa accadrebbe se Arianna Meloni ricevesse un avviso di garanzia per traffico di influenze o simili? Accadrebbe, prevedono in molti, che verrebbe giù tutto. Anche perché vi sarebbero ulteriori dati politici a consigliare lo scioglimento anticipato: l’economia è in stallo, il malessere sociale è destinato a crescere, i flussi migratori hanno ripreso vigore, il competitor Matteo Salvini è al culmine della propria debolezza, le opposizioni sono oggi evidentemente incapaci di rappresentare un’alternativa di governo credibile.

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Ottenere dal Quirinale lo scioglimento delle Camere potrebbe dunque essere la condizione per non logorarsi al governo e per poter ragionevolmente pensare di invertire la tendenza per cui nella seconda Repubblica nessun premier ha mai vinto le elezioni politiche due volte di seguito. Il fatto che tra i partiti del centrodestra si sia improvvisamente cominciato a discutere di una nuova legge elettorale (proporzionale con un forte premio di maggioranza) è considerato indizio decisivo da chi sospetta che la tentazione del ricorso anticipato alle urne si stia facendo largo nella mente della presidente del Consiglio. Ipotesi per certi aspetti paradossale. Se, infatti, la teoria della cospirazione giudiziaria contro il governo fosse fondata, la ratio potrebbe essere solo quella di arrivare all’interruzione anticipata della legislatura per impedire l’approvazione finale della legge costituzionale sulla separazione delle carriere. Il paradosso è che per reagire a tale offensiva Giorgia Meloni ne suggellerebbe il risultato politico.



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