“Mia sorella è precipitata nel gioco d’azzardo”. Cronaca di una telefonata d’aiuto

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“Ho urgente bisogno di parlare con te. Mia sorella è ricaduta nella dipendenza. Me lo ha detto lei, l’altro ieri. Ne era uscita da tempo”.
Le parole sono precise e chiare nel contenuto, come di chi è abituato a parlare in pubblico. Non pulita invece la voce, mal supportata dal canale digitale. Mi dà del “tu” quindi credo mi conosca.
– Che tipo di dipendenza? sai che sono tante.
“Azzardo. Non mi riconosci?”.
– No, la voce va e viene.
“Mi sono messo in disparte per parlare solo, forse non prende bene. Sono Bruno (nome fittizio) di…”.
– Adesso ti riconosco. Ok. Non ci parliamo qui. Ci vediamo…
Fatto e nome mi hanno richiamato subito alla mente la figura, che mi è quasi sempre davanti quando, nei fine settimana, vado a prendere il giornale, al negozio per sigarette e “gratta e vinci”, e che funge pure da edicola. Tra le 7 e 7.30 del mattino, una donna, la stessa donna, è là, su un piccolo trespolo a “grattare”. Non è ovviamente la persona di cui alla telefonata.
Ogni volta quella donna mi dà una stretta al cuore. Penso a lei e alla sua famiglia, a tutti i colleghi e colleghe che come lei praticano l’azzardo, uno fra i comportamenti più cretini che esistano, capace di “sbancare” intere famiglie, bambini compresi.

Dati e fatti.
Continuo però in conversazione. È teso.
– Bruno, tua sorella ti ha spiegato un poco come è successo?
“Mi ha detto: una decisione presa là per là, nella sala giochi, dove era entrata d’istinto”.
– Già. Succede. La ricaduta è possibile, ma può essere un punto di partenza o ripartenza verso la libertà.
“Credo che a questo punto abbia bisogno di comunità!”.
– Lo ha detto lei?
“Era scoraggiata, giù di corda”.
– Allora è possibile che fosse ricaduta da tempo.
“Non mi ha detto da quando”.
– Forse intendeva dirti che non ce la fa da sola. Nella fase precedente, difatti, era ricorsa al suo medico e al SerD. Credo debba riprendere lo stesso percorso.
“E’ sempre stata pessimista sul SerD, per i tempi e certi discorsi…”.
– No! Errato. Il SerD ha personale competente e, vista la ricaduta, è in grado di indicare – proprio per ora e la ricaduta – con maggior precisione la strada da percorrere, con chi ed eventualmente dove. La comunità, se occorre, va scelta bene, perché le comunità non sono tutte uguali. Va preferita quella che ha esperienza terapeutica e riabilitativa per il gioco d’azzardo, centrata sulle caratteristiche personali di tua sorella.
“Credo tu abbia ragione. Ma ne parleremo tra noi due, quando vengo”.
– Va bene. Vieni tu solo. Con la sorella batti il chiodo. Dille: torna da chi ti conosce, vai dal tuo SerD, riprendi i contatti che conosci e ti hanno aiutato molto.
“Grazie, ci vediamo”.

Senso e significato.
Questo dialogo concreto, piuttosto deciso, mostra come un familiare, stavolta un fratello, reagisce alla comunicazione della sorella, ricaduta nell’azzardo.
È già molto importante che ci sia stata la comunicazione. Ma non è sufficiente. Serve un accompagnamento professionale, capace di fare il punto e di portare l’interessata (in questo caso) a prendere consapevolezza dei suoi limiti e delle sue risorse, per venire a capo di “questo problema in più”, non proprio piccolo.
Piuttosto grave, secondo le stesse parole della donna, tanto da richiedere quasi subito una comunità. Di solito si va al contrario. Forse si è trovata “sbancata” di tutti i suoi soldi e teme un peggioramento. Motivo in più per farsi conoscere a fondo ed esaminare il come e il perché della ricaduta.
La confidenza al fratello e la solidarietà ricevuta costituiscono un grosso dono da lei ricevuto di ritorno, anche se magari sa di non meritarselo. Ha parlato con lui, piuttosto che con i genitori, perché un fratello è più confidente e meno giudicante. Quindi le dà meno vergogna e meno senso di colpa. soprattutto non fa soffrire i genitori (ancora vivi, dotati di crisma e forza!, non ultimi per faccende economiche e finanziarie).
Ecco un punto: la donna ha forse un buon reddito e ora non sa più come far fronte ai suoi impulsi, che non si fermano davanti alle perdite, anzi! Più grande è la mancata resa del banco, più grande quindi è la perdita, più forte risulta il relax della perdita e l’abbandono del campo in attesa del prossimo – purtroppo assai vicino – impulso al rischio, alla posta in gioco e al …relax conseguente.
Questo è un clamoroso corto circuito, mentale ed emozionale, del tutto irragionevole e ingannatore. Un perfido circolo vizioso che porta alla fine dei soldi e all’ingrasso dei titolari alti del “gioco legale” (che legale proprio non è).
Con lo “stato biscazziere”, che appoggia proprio loro, a danno certo dei suoi cittadini.
Una politica corretta e giusta può accettare una cosa del genere? Come si può approfittare degli impulsi irrazionali, di chi si affida alla sorte, e puntare deliberatamente su calcoli di gioco che producono danni stabili (facendo ricchi i criminali che si aggiungono all’ipocrita “gioco legale”?).
“Gioco” che non è gioco, ma una trappola infernale. “Legale” che non è tale, perché è illegale e immorale ogni distruzione di ricchezza, a bella posta messa in pasto alla “sorte”. Che non è “sorte” perché tutto è calcolato per fregare i giocatori e far vincere il banco al suo “buon fine”, che è far cassa finanziaria.

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Valutazione.
Il gioco d’azzardo (in sigla Gda), in tutte le sue forme, è una gran brutta bestia.
Costituisce spesso una grave dipendenza patologica.
Tale dipendenza è sottovalutata, nascosta e coperta, comportando motivi di vergogna, non solo per chi la pratica, ma per i familiari che ne subiscono i meccanismi.
Le perdite economiche sono continue, ripetute. Se esse sono un motivo valido per smettere – per sempre – l’occasione di ricaduta però si presenta, si può dire, a ogni passo fatto, in ogni piazza e in ogni via.
Per cedimento abominevole, pur essendo proibita per legge, la pubblicità diretta al Gda continua imperterrita. Prende di mira aree di intensa presenza di ragazzi e giovani, cioè lo sport. Non senza ipocrisia cinica, finanzia squadre, giocatori e sportivi, che portano in giro ogni momento insegne e sigle di riconoscimento.
Si parla, per l’azzardo in Italia, di un rigiro finanziario che va oltre i 150 miliardi di euro. Per farne cosa?
Per moltiplicare situazioni di povertà, causare collassi alle famiglie e alle aziende, colpire la salute di varie persone, aumentare le entrate in carcere (chi ha bisogno di soldi ricorre a ruberie, scassi e rapine), inquinare le relazioni familiari e sociali, quindi producendo danni superiori all’intero rigiro degli affari collegati al gioco.
Nessun beneficio neppure a chi vince. In genere chi vince si rigioca tutto.
Il Gda è un’idrovora che raccoglie l’acqua preziosa dei redditi e dei risparmi per farne inquinamento di corpi e anime.

Scelte e decisioni.
Credo sia chiaro. Primo, scoprire i Gda e parlarne. Non certo in piazza, ma nei luoghi adeguati a dare una mano e capaci di fornire percorsi riabilitativi in rapporto ai casi personali.
Secondo. I giocatori non sono tutti uguali, quindi servono servizi e professionisti che riescono a fare una diagnosi seria di gioco patologico, con la ricerca di accordi per le strade riabilitative possibili. Da percorrere, ovviamente, chiedendo disponibilità e volontà agli interessati.
Terzo. Importante che pure la famiglia partecipi al percorso per prendere le proprie responsabilità e decisioni, a partire dalla gestione dei soldi (che impone di smascherare i giochi nascosti e i trucchi pensati per racimolare denaro).
Quarto. Creare gruppi di azione sociale e politica per impedire la presenza di case gioco e negozi mascherati, spesso segno di presenza – spesso purtroppo – pure di affari illegali.
Quinto. Educare i bambini, fin da piccoli, alla gestione oculata e ben motivata del denaro a disposizione. Non importa se non riguarda ancora il gioco (ma attenzione che in internet, anche i bambini possono giocare facilmente), bisogna chiedere i motivi della presenza di un oggetto nuovo, acquistato o meno che esso sia. Perché c’è qui questa cosa? Il motivo è la prima domanda che avvia la gestione. Si acquistano le scarpe per camminare, il cibo per mangiare, il vestito per coprirsi e …questo aggeggio – mai visto prima – come mai è qui e a che cosa serve?
A volte serve solo un po’ di umorismo e la pazienza di osservare e chiedere!
I princìpi semplici dell’economia possono essere insegnati anche ai bambini.

Gigetto De Bortoli

direttore responsabile del settimanale Progetto Uomo

e presidente CEIS di Belluno



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