Il mondo senza armi di Capitan Baj

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Vedere una mostra di un artista come Enrico Baj è come sfogliare un meraviglioso libro fantastico, immaginifico, ludico, ironico e surreale. È l’impressione che si riceve vistando l’esposizione che è stata organizzata in occasione del centenario dalla nascita dell’artista a Palazzo Reale a Milano (Baj chez Baj, prodotta da Electa). I personaggi di Baj e loro storie, vastissima e variopinta galleria di tipi e ricerche, sono stati organizzati nel percorso ideato dalle curatrici Chiara Gatti e Roberta Cerini Baj, attraverso la successione di una sequenza di teatrini tematici dai titoli di capitoli fantasiosi come “Nucleari”,” Ultracorpi”, “Dame” e via di seguito. 

Enrico Baj nel 1964

Enrico Baj è stato un protagonista della vita artistica milanese nel secondo Novecento. Un protagonista sempre attento a quel che accadeva sulla scena sociale e non solo culturale della città. Infatti nella sua ricerca artistica, che si esprime con molta fantasia attraverso collage polimaterici e policromatici, si può distinguere un filone ludico, dove prevale il piacere di fare pittura con ogni sorta di materiali. Questo filone è sempre affiancato da un altro di forte impegno civile e una critica della contemporaneità, che si esprime nei Generali e nelle Parate militari degli anni sessanta, e ancor più nelle opere degli anni settanta.

Fa parte di questa famiglia di opere quella sua forse più famosa, I funerali dell’anarchico Pinelli, del 1972 (foto di apertura). È un’opera che ha avuto un percorso complesso e controverso, in quanto poco dopo che l’artista l’aveva realizzato era stato ucciso il commissario Luigi Calabresi, così il grande pannello, per ovvie ragioni di opportunità, non era stato esposto. Torna oggi a Palazzo Reale in una posizione simbolicamente prestigiosa, vale a dire nel Salone delle Cariatidi. Cioè nello stesso spazio dove nel 1953 Baj aveva ricevuto la folgorazione dell’impatto con Guernica di Picasso, eccezionalmente arrivata a Milano in occasione della mostra dedicata al grande artista spagnolo. I funerali dell’anarchico Pinelli sono un lavoro di 3 metri di altezza e 12 di lunghezza, con 18 figure ritagliate nel legno e unite con il collage: Baj l’aveva realizzato a seguito della morte di Giuseppe Pinelli, seguita alle indagini sulla strage di Piazza Fontana del 1969, in cui rappresenta con taglio amaramente ironico il cordoglio per la vittima. 

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L’impegno civile di Baj è caratterizzato in particolare da una forte connotazione antimilitarista, che si rende evidente nelle serie dei suoi Generali, figure alle quali l’artista riserva tutta la sua carica caustica e pungente. Altro obiettivo della critica di Baj è stata la crescente “robotizzazione” della vita umana. Come scrive Chiara Gatti nel testo in catalogo, «sfuggire al controllo e all’omologazione, al robot e ai suoi simili, è la missione del capitano Baj che ha contrapposto alle possibilità del pensiero elettronico, gli imprevisti dell’immaginazione, quell’arte che è invenzione di forme e di linguaggi, quell’ironia che sfugge a qualsiasi valutazione oggettiva, quel senso dell’umorismo che è frutto di un puro piacere intellettuale». 

La copertina di VITA magazine di febbraio

Non c’è in mostra per ovvie ragioni l’ultima opera dell’artista, a cui aveva lavorato sino pochi giorni dalla morte. È il grande Muro di Pontedera, completato postumo, nel 2005, con il contributo dell’architetto e amico  Alberto Bartalini: cento metri di mosaico che corre lungo la linea ferroviaria della cittadina toscana, nel quale, come in un testamento spirituale,  raccolse e rivelò ogni aspetto del suo lavoro, dall’impegno civile al gioco, dalla realtà all’immaginazione. Certamente si può discutere sull’effettiva grandezza di Enrico Baj. Resta comunque esemplare la vitalità con cui mette in gioco il suo essere artista rispetto a ciò che la realtà e l’attualità gli sottopongono.

Foto: Ufficio stampa mostra Baj Milano

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