«La Regione sostenga invece quelle pubbliche»

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ANCONA – Anche Italia Viva si unisce al coro di ‘no’ lanciato da tutti i partiti di centrosinistra, i quali non hanno per niente apprezzato la scelta della Giunta regionale di aprire le porte all’università privata ‘Università degli studi Link’, nota precedentemente come ‘Link Campus University’. Una decisione, va detto, che ha fatto storcere il naso anche ad alcuni esponenti del centrodestra.

«Italia Viva – si legge nel comunicato inviato dal presidente provincia di Pesaro-Urbino di Iv Giuseppe Miranda e condiviso dalla segreteria regionale guidata da Fabiola Caprari – esprime forte preoccupazione per la recente decisione della Giunta regionale di aprire le porte all’Università degli Studi Link. Un’università privata con un passato segnato – è sempre Iv a dirlo – da problematiche amministrative e finanziarie. In particolare – sottolinea Miranda – l’università ha dovuto affrontare difficoltà legate alla chiusura della sua sede a Malta per non aver rispettato gli standard accademici richiesti dalle autorità locali».

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Ebbene «questa scelta, a nostro avviso, potrebbe compromettere ulteriormente il sistema universitario pubblico delle Marche e solleva dubbi sulla capacità della Giunta regionale, ma anche del Governo nazionale, di affrontare le reali sfide del settore sanitario». Secondi Italia Viva infatti «la manovra è incomprensibile: il sistema universitario pubblico va potenziato, non sottovalutato Mentre le università pubbliche marchigiane, come l’Università Politecnica delle Marche, l’Università di Urbino Carlo Bo, l’Università degli studi di Macerata e l’Università di Camerino, si trovano a lottare per ottenere risorse e migliorare l’offerta formativa, la Giunta regionale, con il supporto dell’assessore Saltamartini e dell’onorevole della Lega Carloni, ha deciso di favorire l’arrivo di una Facoltà di Medicina e Chirurgia privata in città come Fano, Ascoli Piceno e Macerata». «Non è un caso – va avanti Miranda – che sia stata la stessa corrente politica a favorire l’ingresso della Link Campus anche in Umbria, a Città di Castello, con corsi di Infermieristica e Fisioterapia. Questo ateneo potrebbe sollevare interrogativi su possibili conflitti di interesse, dato che risulta legato anche al marchio Cepu, noto per i suoi servizi di preparazione agli esami universitari. È possibile che chi offre aiuto agli studenti per laurearsi gestisca anche l’università? Perché non si investe nelle università pubbliche marchigiane?»

La domanda che Iv si pone è dunque questa: «Perché la Regione Marche non investe nelle proprie università pubbliche, che rappresentano una risorsa fondamentale per il territorio e piuttosto favorisce l’espansione di un ateneo privato il cui passato ha suscitato più di una preoccupazione?». Inoltre «La giunta Acquaroli non affronta il vero problema: servono più specialisti, non più laureati. Il loro entusiasmo per questa nuova iniziativa appare, a nostro avviso, scollegato dalla realtà del settore sanitario tenendo conto che: il vero problema non è il numero di laureati in Medicina, ma la scarsità di medici specialisti. Sebbene i posti nelle facoltà di Medicina siano aumentati, le borse di specializzazione restano vuote. Il motivo? Le condizioni lavorative per i medici in Italia sono critiche; l’Università ‘sotto casa’ non è la soluzione: La possibilità di studiare Medicina e Chirurgia in città più piccole non risolve la questione della qualità della formazione. Infatti come è noto, non è la distanza che porta gli studenti a cercare opportunità all’estero, ma i test di ingresso e i costi delle università private; le condizioni di lavoro sono il vero ostacolo alla permanenza dei medici in Italia: I medici italiani emigrano non per la distanza dalla loro casa, ma per le migliori opportunità economiche e professionali offerte all’estero, dove le condizioni di lavoro sono migliori e le carriere meno esposte a problematiche di contenzioso medico-legali e aggressioni». E poi, sempre per Iv, «gli ospedali marchigiani hanno bisogno di professionisti, non di studenti: La carenza di medici negli ospedali marchigiani non può essere risolta semplicemente aumentando il numero di corsi universitari. La vera sfida è attrarre e trattenere medici in Italia, migliorando le condizioni di lavoro e la competitività del nostro sistema sanitario; investire nelle università pubbliche e nelle condizioni di lavoro: Se la Regione vuole davvero migliorare la sanità marchigiana, è fondamentale investire nelle università pubbliche».



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