l’omicidio di Pasquale Barbarino e i legami con la mafia

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L’omicidio di Pasquale Barbarino, avvenuto il 7 giugno 1980 a Cuorgnè, è un caso che affascina e incuriosisce da decenni. Nonostante le numerose indagini condotte, il delitto rimane avvolto nel mistero, con una scia di omertà e collegamenti a mafie locali. Chi era realmente Barbarino, e quali segreti si nascondono dietro a questo crimine?

Il delitto di Pasquale Barbarino

Pasquale Barbarino, un panettiere di 40 anni, fu ucciso con sette colpi di pistola all’una di notte di un sabato mattina, nei pressi del suo negozio. L’evento scosse la comunità e fece subito pensare a un’esecuzione legata a interessi poco chiari, da attribuire a debiti o vendette per gravi sgarri. Barbarino, proveniente da San Felice a Cancello in provincia di Caserta, si era trasferito al Nord per cercare fortuna, come molti altri emigrati del suo tempo.

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Le indagini iniziarono sotto la direzione del sostituto procuratore della Repubblica di Ivrea, Enrico Gumina. Una mole ingente di documenti e testimonianze vennero raccolte e, nonostante gli sforzi, l’omicidio fu archiviato come “ad opera di ignoti”. Gli inquirenti non esitarono a scandagliare il mondo della ‘ndrangheta, in espansione in quel periodo nella zona canavesana, con il crimine organizzato che si stava radicando anche al Nord.

L’assenza della pistola calibro 7,65 usata per l’omicidio ha alimentato il mistero. Senza l’arma, è stato arduo conferire a questo crimine un volto chiaro e una conclusione certa, mentre le indagini continuavano e si allargavano a includere contesti più ampi, collegando l’esecuzione a dinamiche mafiose più radicate in territorio piemontese.

Il legame con il caso di Bruno Caccia

Negli anni successivi all’omicidio di Barbarino, la situazione si complicò, quando le indagini per l’assassinio del procuratore capo della Repubblica di Torino, Bruno Caccia, riportarono l’attenzione sul delitto insoluto. Caccia fu ucciso nel 1983 con cinque colpi di pistola, e a quel tempo emerse un legame ancor più inquietante: la moglie di Barbarino, Teresa Schirripa, era sorella di Rocco, uno degli imputati nel secondo processo per l’omicidio di Caccia.

Durante quel periodo, le indagini portarono all’arresto di Santo Pascuzzi, operaio metalmeccanico che aveva giocato a carte con Barbarino la sera prima del delitto. La presenza di Pascuzzi e le sue dichiarazioni sollevarono ipotesi di possibili vendette familiari e rivalità interne tra clan. Barbarino, infatti, era noto per aver intrapreso una relazione amorosa con una giovane ragazza, oggetto dei desideri di Rocco Schirripa, alimentando tensioni famigliari e rivalità.

Le indagini e l’assenza di risultati

Dopo svariati mesi di indagini, il caso di Barbarino sembrava destinato a non svelare i suoi misteri. Nonostante l’impegno del giudice Sorbello, le informazioni emerse non furono sufficienti per incriminare qualcuno. Gli attori principali, inclusi Rocco e Santo, furono lasciati liberi per mancanza di prove concrete.

Le sorelle di Rocco Schirripa furono coinvolte senza risultati utili, mentre gli investigatori cercarono di dipanare un intrico di omertà che avvolgeva l’intera faccenda. Le modalità del delitto, i proiettili e la connessione con altri reati a sfondo mafioso rappresentavano dettagli che, sebbene apparentemente insignificanti, potrebbero rivelarsi cruciali in un futuro esame del caso.

La figura di Enrico Gumina

Enrico Gumina, magistrato esperto e determinato, ricoprì un ruolo chiave nel coordinamento delle indagini a Cuorgnè. Siciliano d’origine, Gumina si spostò a Ivrea per lavorare nel settore giudiziario, dove affrontò inchieste complesse legate alla criminalità organizzata. Durante il suo operato, affrontò le conseguenze del potere mafioso, meticolosamente schedando i crimini e preparando il terreno per eventuali sanzioni ed efficaci strategie di contrasto al crimine organizzato. Le sue esperienze furono segnate da storie di vita e di morte, culminando in un percorso professionale rispettato e significativo ma sempre avvolto da una certa tristezza.

La sua figura emblematica ripercorre la battaglia tra giustizia e malaffare, conservando nel suo operato un’attenzione costante verso i dettagli, mantenendo vivo il ricordo di un delitto ancora irrisolto.

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Ultimo aggiornamento il 3 Febbraio 2025 da Donatella Ercolano





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