Sant’Agata: è festa anche per musulmani, induisti e ortodossi

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Anche se hanno una religione diversa, per tanti giovani stranieri la santa Patrona della città in cui vivono va celebrata

Sono musulmani, induisti, ortodossi, ma quella di Sant’Agata è anche la loro festa. I giovani ospiti alla Locanda del Samaritano l’aspettano perché anche per loro è un momento di gioia, di svago, di incontro e perché ne colgono la sacralità, pur non capendone tutte le implicazioni a causa delle difficoltà linguistiche.

Said è egiziano, ha 25 anni ed è arrivato a Catania nel 2016. Ha frequentato la scuola e ora fa l’apicoltore e vive nel “gruppo appartamento” della Locanda, l’ultimo step dell’accoglienza prima del reinserimento nella società in totale autonomia. La storia di Sant’Agata l’ha conosciuta a scuola. «Aiutava le persone povere e non si è voluta sposare e per questo l’hanno torturata», racconta accorato. Non sa se fa miracoli. «Non ne ho visto, ma per me lei è la regina di Catania. Quando vedo tutte quelle persone che la seguono, che sono pronte a morire per lei, penso che è una cosa molto importante». Per lui l’aspetto religioso e quello popolare della festa sono la stessa cosa. «La festa mi piace e mi piace stare in mezzo alla gente. Si mangia bene e lei è bella, piena di oro e di gioielli. Io sono musulmano, ma la prego, come prego Allah, prego per tutti, come quando voi dite: Dio perdona loro perché non sanno quello che fanno».

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Prince ha 24 anni, è arrivato dalle Mauritius nel 2021 e ora lavora e studia per imparare la lingua. «La festa mi piace perché al mio Paese c’è una grande festa a febbraio e perché noi ragazzi usciamo tutti insieme e ci divertiamo. Fa bene ai catanesi. La città sembra più attiva e tutte le persone escono, stanno insieme, lasciano i problemi. Io sono induista, ma anche se non è della mia religione io la prego».

E la prega anche Kenedì, ventiseienne che viene dal Ghana, arrivato in Sicilia nel 2016 dalla Libia dove ha sperimentato i centri di detenzione. Lui è cristiano, anche se al suo Paese non frequentava le chiese «perché credo in Dio, ma non nei sacerdoti», e si emoziona quando sente parlare di Sant’Agata. «L’hanno trattata male, ha subito un’ingiustizia. Mi colpisce che ha scelto Dio e per questo l’hanno torturata. Io penso che ognuno deve avere la sua libertà e ha i suoi diritti. La festa mi piace perché penso che era una persona che ha avuto tutti questi problemi, ma noi guardiamo ancora a lei e la festeggiamo. Io la prego quando mangio e quando vado a dormire. Le chiedo di proteggermi e la ringrazio perché durante il giorno non ho visto il male. E poi mi piacciono anche le grandi candele e come le persone le portano, come si muovono. E anche i vestiti bianchi, anche se non capisco cosa significano».

Chi non ha ancora visto da vicino la festa e non vede l’ora di viverla è Alexandru, rumeno di 22 anni, arrivato a Catania nel 2019. Non ha ancora partecipato alla festa, ma la conosce bene dai video che gli hanno mostrato in carcere i suoi compagni devoti che portano il sacco. «Si commuovono quando raccontano di Sant’Agata. Ha salvato la mamma malata di uno di loro. La sua storia mi piace. È una donna che ha dato la propria vita per la libertà. Quello che ha ricevuto in dono da Dio lo ha ricambiato con lo stesso dono, con la propria vita. Lei ha scelto, non è stata costretta. Ha scelto e ha donato la sua vita in libertà. Sono molto curioso di conoscerla, ma già la prego. Qui, in Locanda, preghiamo insieme lo stesso Dio, comunque lo chiamiamo». E Matteo, 64 anni, ospite della Locanda, concorda. «Qui impariamo a stare insieme qualunque sia la nostra religione. E in questi giorni in cui tutta la città si unisce è bellissimo».

«È lo spirito del progetto “Agorà della carità” che sto portando avanti», commenta padre Mario Sirica che ha avuto in comodato d’uso dalle suore vincenziane tutto l’enorme edificio che si affaccia su via Santa Maddalena. Immobile che intende ristrutturare per ospitare donne sole o vittime di violenza, padri separati, giovani con problemi di dipendenze, senza dimora e malati oncologici con le loro famiglie. «Penso l’Agorà come un luogo dove stare insieme e anche come luogo di progettazione e di incontro tra le varie associazione che insieme vogliono dare risposta alle povertà che attanagliano Catania». Chi volesse sostenere il progetto può farlo anche con una donazione alla Locanda del Samaritano O.D.V. utilizzando il seguente IBAN: IT92N0306909606100000070722.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA





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