XXIX Giornata Mondiale della Vita consacrata | Arcidiocesi di Sassari

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Domenica 2 febbraio, festa della Presentazione del Signore e XXIX Giornata della Vita consacrata, l’arcivescovo Gian Franco ha presieduto la Celebrazione Eucaristica nella Cattedrale di San Nicola. La celebrazione è stata preceduta dalla recita dei Vesprinella chiesa delle Monache Cappuccine, presieduti da Padre Salvatore Sanna, Vicario Episcopale per la Vita consacrata.

 

Di seguito si riporta l’omelia dell’Arcivescovo.

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«Carissimo Padre Abate, carissimi superiori e superiore delle famiglie religiose, fratelli e sorelle delle diverse comunità religiose presenti per condividere insieme una giornata dedicata in modo speciale per la preghiera e la meditazione sul dono della vita consacrata.

La Liturgia della Parola ci riporta a fissare lo sguardo sul mistero di Cristo, Verbo di Dio fatto carne. Abbiamo iniziato il pellegrinaggio dell’Anno Santo contemplando il mistero di Gesùche discuteva con i dottori del tempio. Oggi la liturgia ci riporta ancora a Gerusalemme per fissare lo sguardo sul mistero di Cristo, l’atteso di Israele, il Messia, affinché ciascuno di noi, nel corso del tempo e della storia, possa arrivare alla professione di fede.

“I miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele” (Lc 2, 22-35).

La liturgia di questa giornata, festa della presentazione di Gesù al Tempio, ci presenta il mistero della luce con una naturale connessione con la liturgia della Pasqua. Nella liturgia vi sono due particolari lucernari: quello del Sabato Santo, nella veglia madre di tutte le veglie, e poi questo odierno, nella festa della presentazione di Gesù al Tempio. In questa giornata ciascuno di noi è chiamato a intraprendere il cammino verso la luce e a rileggere la propria vita alla luce di Cristo, la Luce delle genti.

Il Concilio Vaticano II, nella Dei Verbum e nella Lumen Gentium, ci ricorda come lungo la storia della salvezza tutta l’umanità, nel mistero di Cristo, possa vedere il mistero dell’amore di Dio e come Dio sia stato fedele a tutta l’umanità. L’autore della Lettera agli ebrei, sottolineando il mistero dell’incarnazione, ci ha ricordato che il Signore è venuto in aiuto di quelli che subiscono la prova e ha sofferto per noi, per entrare in comunione con ogni sofferenza. Il mistero della sua venuta è un mistero di misericordia, la sua offerta trova la sua più alta espressione nella manifestazione della misericordia di Dio. Allo scopo di espiare i peccati del popolo Egli ha offerto sé stesso. Ogni offerta che consegniamo e celebriamo nella vita battesimale trova la sua vera ragione nel perseguimento di questo fine supremo: il sacerdozio della misericordia.

Ci ricorda ancora il Concilio, nella Lumen Gentium, che proprio nello stato di vita religiosa, osservando i consigli evangelici, con i voti o altri impegni sacri secondo il modo proprio, il fedele si dona totalmente a Dio amato al di sopra di tutto, così da essere con nuovo e speciale titolo destinato al servizio e all’onore di Dio.

Il Concilio ci ricorda ancora che il fedele “per raccogliere più copiosi i frutti della grazia battesimale, con la professione dei consigli evangelici nella Chiesa intende liberarsi dagli impedimenti, che potrebbero distoglierlo dal fervore della carità e dalla perfezione del culto divino, e si consacra più intimamente al servizio di Dio” (Lumen Gentium, 44).

 

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Vorrei soffermarmi sul liberarsi dagli impedimenti. Voi, religiosi e religiose, siete un segno visibile della libertà, di una libertà offerta in modo sempre più ampio, che pone in modo sommo, al primo posto, l’amore per Dio e l’amore per i fratelli. E, forse, oggi più che mai questa profezia ha un significato liberante, in una società nella quale ci si appella al massimo della libertà, al bisogno supremo della libertà, di vivere una vita senza impedimenti, senza costrizioni, senza obblighi.

La vita di consacrazione oggi è anzitutto segno e profezia di una libertà fruttuosa, di una libertà che ha il suo apice nell’amore, nell’apertura e non nella chiusura verso gli altri. È segno di Colui che si è donato per essere sacerdote della nuova Alleanza, segno visibile della misericordia di Dio.

Forse la crisi di vocazioni che oggi i nostri istituti sperimentano, e voi vivete in modo profondo, sono proprio la manifestazione tangibile di una psicologia sociale che interpreta gli impedimenti come una libertà. Ossia come una vita dove non vi sono relazioni né con Dio né con gli altri. E quindi è una visione distorta della libertà, perché comunque nella vita sociale ogni persona è condotta a relazionarsi in modo ordinato verso gli altri, verso l’umanità.

Oggi siamo chiamati a lavorare nei settori educativi, fin dall’infanzia, sin dall’adolescenza, sin dalla giovinezza, nella formazione di personalità che sappiano essere veri amministratori di libertà, di una libertà che trova il suo apice supremo nell’amore verso Dio e verso il prossimo.

Perciò oggi vogliamo esprimere, insieme, la gratitudine per le vostre presenze molteplici. Una presenza situata storicamente in ambiti ecclesiali, sociali e culturali, dove riecheggia la voce del servizio, la voce della Chiesa, che è madre di misericordia e di amore. Ciascuno di voi si ispira a un padre o a un madre, a un soggetto che vi ha ispirato. All’origine di ogni ispirazione vi è la Grazia di Dio che ha operato nella storia, dentro la storia, liberando da condizionamenti sociali tutti quei possibili “no” che a volte, anche razionalmente, si sarebbero potuti pronunciare.

Rileggendo le vite dei nostri fondatori e fondatrici, penso quante ragioni avrebbero avuto per dire no alla grazia di Dio. Eppure, essi ed esse hanno risposto con generosità; le loro risposte sono un segno libero, un segno di libertà, un segno di perfezione della carità.

Il Santo Padre Francesco ci invita a non essere aspri, a non cadere in quell’accidia che può prendere il cuore dell’uomo e della donna rinchiudendolo in una tristezza. Questa è una tentazione costante in una società nella quale oggi vi è un’affermazione assoluta,senza freni, di una libertà che non rende umani. La vita religiosa può essere davvero il fermento, il seme per un nuovo umanesimo cristiano, sociale e culturale».

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