CheckmAb e lo sviluppo di nuove cure contro i tumori: il biotech nato all’università di Milano che piace a big pharma e investitori

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di
Laura Magna

La startup milanese CheckmAb, nata anche da ricercatori dell’Università Statale di Milano, sta sviluppando un anticorpo monoclonale grazie all’accordo con Boehringer Ingelheim.

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Un’inedita alleanza tra biotech e pharma tradizionale si fa strada in Italia e, con il supporto del venture capital, promette di estrarre valore da un settore finora rimasto sottotraccia. Tra le tante ricerche attive per trovare una cura efficace contro il cancro spicca quella di una startup italiana di emanazione universitaria, CheckmAb
La notizia potrebbe essere quella del secolo: perché l’anticorpo monoclonale creato nei laboratori della società milanese – oggi nella seconda fase dello sviluppo, anche grazie a un accordo strategico con la big pharma tedesca Boehringer Ingelheim – promette di superare i limiti delle attuali immunoterapie oncologiche. 
Sulle biotech, da cui promanano il 61% dei nuovi farmaci, sarà sempre più necessario investire. È qualcosa che sa bene Gianluca Dettori, ex manager in Olivetti e uno dei papà di Internet in Italia, che più o meno trent’anni fa partecipò al lancio del primo motore di ricerca al mondo e, nel 1999, alla fondazione di Vitaminic, una Spotify ante litteram. Dettori è diventato uno dei primi venture capitalist italiani con Primomiglio e, fedele al suo approccio da innovatore, ha adottato una strategia unica, putando su «quello che gli altri non vedono: tutti i verticali tecnologici promettenti», come l’aerospazio sette anni fa e l’healthcare oggi. «In questo caso perseguiamo le opportunità nelle aziende healthcare in fase di crescita, con tecnologie già validate sul mercato e che hanno bisogno di scalare sui mercati internazionali».

Il nuovo corso del venture capital di Gianluca Dettori: da Primo Ventures a Primo Capital

Lo scorso novembre, Primo Ventures è evoluta in Primo Capital Sgr, consolidando la sua posizione di prima piattaforma di investimento italiana indipendente dedicata a settori tecnologici cruciali per lo sviluppo economico del Paese e affiancando il PE alle sue attività di VC. E nello stesso mese ha lanciato il fondo Health. «Il settore healthcare si sta dimostrando uno dei più dinamici e strategici a livello globale – dice Dettori al Corriere – ed è proprio per questo che abbiamo deciso di usare il PE per posizionarci sul settore. Investire in società nel settore healthcare oltre alle importanti prospettive di rendimento, può dare un contributo molto significativo allo sviluppo economico italiano con indubbi benefici e ricadute sul benessere delle persone. Crediamo anche nel valore dell’innovazione italiana nel settore biotech e nel ruolo strategico dell’investitore nel trasformare la ricerca in soluzioni concrete per i pazienti».




















































Primo Health, un fondo di private equity dedicato all’healthcare

L’obiettivo di raccolta è di 120 milioni di euro (ma è stato completato già un primo closing a 64 milioni), il fondo è classificato Articolo 8 ai sensi della normativa europea Sfdr ed è supportato da Fondo europeo di investimento (Fei), Fondo italiano d’investimento Sgr e Fondazione Enpam. «Copriamo un gap – dice Dettori –. Non c’erano fondi specializzati in Italia, nonostante la sanità valga più di 100 miliardi di euro di fatturato aggregato con aziende eccellenti vocate all’export. Un settore strategico, per noi. In Francia c’erano già fondi specializzati con un mercato molto più piccolo». Perché in tutta Europa la sanità è un settore di investimento anticiclico e resiliente, che rappresenta circa il 10% del Pil e beneficia di trend di crescita secolari come l’invecchiamento della popolazione, l’innovazione tecnologica e la pressione sui sistemi sanitari pubblici. Per individuare le migliori occasioni di business, Dettori si è affiancato a un team di gestione, composto da Andrea Pavero, Carlo Vanoli ed Emiliano Tonelli, che insieme vantano oltre 50 anni di esperienza sia nel settore del Private equity che in quello sanitario. «Di fatto industrializziamo il processo di club deal che abbiamo fatto da sempre con i miei colleghi – precisa Andrea Pavero – per finanziare aziende con Ebitda, small e medium cap secondo definizione europea, in quattro settori: medical device (come stent e protesi); il pharma in senso lato, ovvero non solo le molecole ma anche tutto ciò che ci sta intorno, quindi anche servizi e packaging, e materie prime complesse; ancora, i servizi di medicina territoriale: in considerazione del fatto che il mondo della medicina privata e privata convenzionata cresce più della spesa sanitaria perché si occupa di una serie di cose che il sistema sanitario pubblico non è in grado di supportare: questo segmento assorbe 40 miliardi in Italia ed è in forte crescita. E infine abbiamo aggiunto il settore delle dell’animal health, più piccolo ma in crescita e con forte marginalità». E tra le prossime società target ci sono soggetti diversi, dalle tecnologie innovative per i trapianti, a una catena di odontoiatria di medio-alto livello.

CheckmAb, la startup con il cuore italiano che può diventare un Unicorno

È pero già da tempo che Primo Capital guarda con interesse al settore healthcare e da più di un anno lavora anche con CheckmAb per continuare a supportarne la crescita. A convincere Dettori sono state le caratteristiche di questa piccola azienda al cui cuore c’è un gruppo di ricerca è composto da sette giovani ricercatori con alla guida Renata Maria Grifantini, Direttore Scientifico e General Manager. Oltre a Fondazione Enpam, tra gli altri sostenitori e investitori di CheckmAb figurano l’Istituto Nazionale di Genetica Molecolare «Romeo ed Enrica Invernizzi» e l’Università Statale di Milano. I fondatori sono due professori con una carriera prestigiosa: Sergio Abrignani e Massimiliano Pagani
Abrignani, noto per i suoi contributi nello studio del sistema immunitario e delle malattie infettive, ha oltre 100 articoli scientifici all’attivo ed è titolare di circa 30 brevetti internazionali ed è stato responsabile della ricerca e sviluppo presso la Chiron Corporation che prima di essere acquisita da Novartis aveva svolto un ruolo fondamentale nella ricerca di vaccini e terapie innovative. «Il suo approccio combina ricerca scientifica avanzata e competenze manageriali nel trasferimento tecnologico, aspetto fondamentale per il successo delle startup biotech», spiega Dettori. Per questo la natura accademica non ha impedito di avere una visione industriale al management, come dimostra l’accordo siglato con Boehringer in base a cui CheckmAb ha concesso la licenza esclusiva a livello mondiale per lo sviluppo di anticorpi monoclonali alla compagnia tedesca, in cambio di 240 milioni di euro oltre che una percentuale sulla vendita.

I fondi del venture capital (un modello da seguire)

«Questa visione è proprio quello che in genere manca insieme a un substrato di investitori: manca una generazione di founder con spirito imprenditoriale. Bisogna conoscere l’industria per poter individuare i filoni di ricerca promettenti e finanziarli adeguatamente, per farli arrivare a mercato. Senza queste cose nessuna biotech ci riesce: se invece dimostrano che il farmaco funziona, tipicamente, vengono acquisite dalla grande biotech internazionale». 
Una storia già successa con Advanced Accelerator Applications (AAA), fondata dal fisico Stefano Buono, che ha sviluppato terapie innovative per il trattamento del cancro basate sulla medicina nucleare e che ha portato la sua AAA a diventare una delle principali aziende nel campo della medicina nucleare, a quotarsi sul Nasdaq e successivamente venire acquisita da Novartis nel 2018 per circa 3,9 miliardi di dollari
«CheckmAb potrebbe replicare quel successo», dice Dettori. «Certamente è necessario attrarre fondi internazionali per fare i numeri che servono per la ricerca biotech avanzata e per scalare. Numeri che sono sostenibili solo da grossi fondi o aziende farmaceutiche. Per essere attrattivi per questi colossi, non trovandoci a Cambridge o a San Francisco, bisogna essere i migliori in assoluto. Ed è l’unico modo per trasferire e sviluppare le potenzialità di questo Paese».

Il valore della ricerca di CheckmAb: cosa significa avere una molecola per la cura del cancro in fase due

Tutta questa infrastruttura è alla base del successo di CheckmAb: ed è la ragione per cui in meno di 7 anni ha raggiunto la seconda fase nello sviluppo di un anticorpo monoclonale per l’immunoterapia oncologica.
«Il farmaco – spiega il professor Abrignani – lavora su linfociti T-reg, che svolgono una funzione regolatrice e nella fattispecie possono essere utilizzati per limitare la formazione di cellule tumorali e facilitarne la distruzione. Il Trial clinico sugli umani è previsto a inizio 2026». C’è una differenza sostanziale rispetto ai trattamenti oggi in uso basati su inibitori dei checkpoint immunitari, che risultano efficaci solo per una parte ancora limitata di pazienti e possono causare eventi avversi di tipo immunitario talvolta molto gravi che possono portare all’interruzione della terapia. «La differenza sta nel fatto – continua il professore – che l’anticorpo monoclonale creato nei nostri laboratori elimina selettivamente nel microambiente tumorale i linfociti T regolatori (che sopprimono i linfociti attivati che eliminerebbero le cellule tumorali) senza colpire i linfociti regolatori al di fuori dell’ambiente tumorale. Questo approccio ha il potenziale per aumentare la sicurezza delle terapie anticancro esistenti, garantendo risposte efficaci con meno effetti collaterali e quindi più tollerabilità per i pazienti». Insomma, un’applicazione della medicina di precisione che praticamente annulla gli effetti collaterali della terapia oncologica attuale e ne aumenta l’efficacia, perché «anziché bersagliare le molecole che sono sulle cellule immunitarie di tutto l’organismo, bersagliano solo quelle che stanno nel microambiente tumorale e così riescono a togliere il freno in modo selettivo, evitando così che il sistema immunitario si attivi inopportunamente inducendo danni collaterali in tessuti sani».

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5 febbraio 2025 ( modifica il 5 febbraio 2025 | 15:44)

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