Suor Dorothy Stang, martire dell’Amazzonia: vent’anni fa l’assassinio della missionaria

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta

 



Monsignor Erwin Kräutler, vescovo emerito di Xingu.

Richiedi prestito online

Procedura celere

 

di Darlei Zanon

Vent’anni fa, il 12 febbraio 2005, ad Anapu, Pará (Brasile), mentre si stava recando a trovare alcune famiglie indigene nella foresta, sr. Dorothy venne uccisa con sei colpi di arma da fuoco. Aveva 73 anni. Numerose erano le minacce di morte, ma la sua missione era sempre al primo posto. Lei rispondeva a queste minacce dicendo che non sarebbe mai scappata, né avrebbe abbandonato la lotta dei poveri e deboli che vivono senza protezione nel mezzo della foresta amazzonica.

Dorothy Stang era una suora americana della congregazione delle Suore di Nostra Signora di Namur, che ha vissuto in Brasile per circa 40 anni, difendendo le popolazioni indigene, quilombola e rivierasche. Arrivò in Brasile nel 1966, iniziando la sua attività missionaria nello stato del Maranhão, ma ben presto si recò in Amazzonia, dove si scontrò con potenti industriali del legname e proprietari terrieri. All’epoca, la regione amazzonica stava vivendo un boom di migrazioni ed esplorazioni causato dall’apertura di strade durante la dittatura militare brasiliana e dal progetto di sviluppo predatorio (non sostenibile) per la semina e l’allevamento del bestiame, che esacerbava i conflitti nella regione. Nei quarant’anni in cui ha sviluppato la sua missione in Brasile, suor Dorothy ha vissuto con la gente, soprattutto gli indigeni e i più poveri, e ha scoperto che il futuro dell’Amazzonia e dei suoi popoli risiedeva in un nuovo cammino: lo sviluppo sostenibile e l’ecologia integrale, che all’epoca non riceveva questi nomi, ma adesso sono per noi chiari, dopo la pubblicazione della Laudato si’ e soprattutto dal Sinodo sull’Amazzonia e dalla sua esortazione apostolica Querida Amazonia.

Questa è stata la più grande eredità di suor Dorothy, come ricorda molto bene Felício Pontes Júnior, procuratore regionale della Repubblica presso il Ministero Pubblico Federale del Pará e dottore in Teoria dello Stato e Diritto Costituzionale presso la Pontificia Università Cattolica di Rio de Janeiro – PUC-Rio, che ha parlato in esclusività per Famiglia Cristiana: “Penso che l’eredità più grande sia proprio quella che suor Dorothy vide la possibilità di preservare l’ambiente amazzonico e allo stesso tempo sviluppare l’economia, due obiettivi che non erano incompatibili. Vent’anni fa sembrava impossibile avere uno sviluppo che non fosse predatorio, che non abbattesse le foreste, e questo era un ostacolo che Dorothy dovette superare. Aveva bisogno di dimostrare a tutti che era possibile realizzare questo sviluppo senza devastazione, è riuscita a dimostrarci che era possibile e in un luogo in cui qualsiasi pratica di sviluppo significava devastazione”.

Nonostante tutti gli sforzi e tutti gli studi, come il Sinodo per l’Amazzonia, che dimostrano la fattibilità economica di un modello di sviluppo sostenibile, Felício Pontes riconosce che l’Amazzonia continua a soffrire: “Il problema in Amazzonia rimane lo stesso perché l’élite economica della regione non vuole ascoltare, non vuole affrontare questa verità così evidente che si presenta attraverso la crisi climatica, e continua a insistere sul modello che definirei un modello predatorio di sviluppo, contrariamente a quanto predicava Dorothy. Questo modello predatorio oggi presenta le stesse cinque attività principali di allora, ovvero l’abbattimento degli alberi, l’allevamento del bestiame, l’attività mineraria, la monocoltura e l’energia. Quindi c’è sempre qualcuno legato a una di queste attività che si opporrà al modello proposto da Dorothy.”

Fu proprio per la sua incessante lotta contro il modello predatorio di sfruttamento forestale che la missionaria è stata uccisa. Senza mai dimenticare i valori evangelici e fronteggiando i poteri di questo mondo, coloro che promuovono l’economia che uccide e la cultura dello scarto delle cose e delle persone, per cui potrebbero essere considerata martire, suor Dorothy si dedicò soprattutto alla lotta contro la deforestazione e lo sfruttamento, alla difesa dei diritti dei popoli dell’Amazzonia e all’istruzione delle donne e dei bambini poveri. Difese la regolarizzazione delle terre per le famiglie dei lavoratori rurali e lottò contro la violenza delle invasioni da parte di accaparratori di terre, taglialegna e latifondiari. Secondo i testimoni del suo omicidio, quando gli assassini si sono avvicinati e le hanno chiesto se fosse armata, la suora ha preso la Bibbia e ha detto: “Questa è la mia arma”, e ha iniziato a leggere le Beatitudini.

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 

Mons. Erwin Kräutler, vescovo emerito di Xingu e amico della suora dal 1982, ricordando questo atto, afferma: “Questo suo ultimo gesto è l’ultimo messaggio che Dorothy ci ha lasciato. È sempre la Parola di Dio che ci ispira e ci guida nel nostro cammino.” Mons. Erwin ricorda inoltre che “suor Dorothy ha dato la sua vita affinché tutti potessero avere vita, e questo è impressionante; è una martire per la causa del Vangelo, una martire per la causa che ha difeso fino alla morte crudele di cui è stata vittima. Con la sua morte ha scosso il mondo, rivelando il volto insanguinato dell’Amazzonia, facendo echeggiare le urla e svelando il dolore che colpisce le persone che vivono qui. La vita di suor Dorothy può essere compresa solo attraverso il profondo misticismo di una missionaria devota agli anawim dell’Amazzonia, che l’ha accompagnata fino alla sua morte crudele.”

Anche Felício Pontes, noto per il suo lavoro nella difesa dei popoli e delle comunità dell’Amazzonia, e per le denunce delle irregolarità commesse dall’associazione tra il Governo Federale e grandi imprese di costruzione nel progetto della centrale idroelettrica di Belo Monte, anche lui considera suor Dorothy una martire: “Dorothy sarà sempre ricordata come una martire dell’Amazzonia, una martire dell’ecologia integrale, colei che è riuscita, con la sua vita, a dimostrare che poteva esserci e che doveva esserci un nuovo cammino, un cammino che avrebbe ricollegato l’uomo alla natura, che vedeva la natura (o la creazione per i teologi) non come un ostacolo da superare, ma l’essere umano come parte di quella natura e che la morte della natura sarebbe la morte dell’essere umano stesso.”

Suor Dorothy anticipa quindi l’urgenza di ricollegare l’uomo alla natura e dimostra che ciò è possibile. “Questa riconnessione è l’unica via d’uscita che abbiamo di fronte alla crisi climatica e la crisi climatica ci mostra in realtà che il percorso che Dorothy ha indicato (il progetto di sviluppo sostenibile) non è un secondo percorso, un percorso alternativo, ma è l’unica strada da seguire”, ricorda Felício Pontes.

Domandato su cosa direbbe suor Dorothy oggi agli italiani, il procuratore della Repubblica del Brasile ha affermato che lei direbbe, con quella sua voce morbida, dolcissima: “Non mancate di aiutare il nostro popolo, il popolo della Foresta, il nostro popolo indigeno, i contadini, i quilombola, perché da soli non possono lottare contro un potere economico così forte e schiacciante come quello che abbiamo oggi in Amazzonia. Non lasciate sole le popolazioni amazzoniche, perché oggi lottare per queste popolazioni che vivono in Amazzonia significa lottare per la salvezza del pianeta”.

Per mons. Erwin, “suor Dorothy era una ‘voce che grida nel deserto’ (Mc 1,3). Il deserto non è un’immensa distesa di sabbia che scompare all’orizzonte, bensì la foresta amazzonica deliberatamente attaccata. La più grande disgrazia dell’Amazzonia è che gli uomini continuano a tagliare e bruciare la foresta. (…) Anche nella morte, suor Dorothy continua a insistere per una maggiore sensibilità per l’Amazzonia e a chiedere più giudizio e rispetto per la vita delle persone che abitano questa regione e la natura, la ‘Casa Comune’ che geme e implora compassione perché è sempre di nuovo aggredita e violata. Ed è proprio in questo senso che il popolo grida nelle celebrazioni dell’anniversario dell’assassinio della religiosa: ‘Dorothy vive, vive, vive!’.”

Suor Dorothy ha lasciato in eredità un’azione pastorale trasformativa. Di fronte a tutte le catastrofi climatiche che stiamo vivendo in questi ultimi mesi, in tutto il pianeta, la sua voce profetica sia di ispirazione per tutti coloro che continuano a lottare in difesa dell’Amazzonia, della nostra Casa Comune e della vita.

 

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 

Chi era suor Dorothy

 

Solitamente suor Dorothy indossava una maglietta bianca con la scritta: “La morte della foresta è la fine della nostra vita”. Diceva anche: “Trascorriamo sulla Terra alcuni decenni. Usa ogni giorno per portare gioia, non avidità, alla nostra terra stanca, così piena di angoscia.”

La Commissione pastorale della terra, collegata alla Conferenza dei Vescovi del Brasile (CNBB), organizza ogni anno, dal luglio 2005, un Pellegrinaggio nella foresta, in onore del percorso della missionaria, un’occasione in cui vengono denunciate pubblicamente le minacce e gli omicidi dei leader contadini di Anapu. Il pellegrinaggio copre 55 chilometri tra la sua tomba e il luogo in cui fu assassinata.

Nel 2008, il regista nordamericano Daniel Junge ha pubblicato un documentario intitolato They Killed Sister Dorothy. Narrato da Martin Sheen, il film ha vinto il Premio del pubblico e il Premio della competizione al South by Southwest Festival 2008.

L’artista plastico Cláudio Pastro ha incluso suor Dorothy nel pannello di azulejo Le sante donne, all’interno della Basilica di Nostra Signora di Aparecida (Brasile).

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 

Il Sinodo sull’Amazzonia (2019) ha ricordato suor Dorothy tra i testimoni-martiri, persone che hanno dato la vita in difesa della foresta e della sua gente. Oltre alla sua biografia sul sito del Sinodo (cfr. http://secretariat.synod.va/content/sinodoamazonico/it/testimoni.html ), la sua immagine è stata presente in uno dei momenti più toccanti dell’assemblea sinodale, la processione che ha condotto i partecipanti dalla Basilica di San Pietro all’aula sinodale, accompagnata da simboli e manifesti raffiguranti i martiri dell’Amazzonia, tra cui Alejandro Labaka e Inés Arango, Ezequiel Ramin, Chico Mendes, Josimo Tavares, Vicente Cañas, Cleusa Rody Coelho, Alcides Jiménez, Rodolfo Lunkenbein e Simon Bororo. Suor Dorothy e tutti questi martiri impegnati nell’amata Amazzonia sono veri profeti, anticipatori del Sinodo e veri precursori della conversione a cui il Sinodo ci ha chiamati.

Mons. Erwin Kräutler religioso austriaco, vescovo di Xingu dal 1981 al 2015, ha lavorato con suor Dorothy Stang e prosegue nella stessa lotta per i diritti delle comunità contadine e indigene e per la preservazione dell’ambiente nella regione amazzonica. Così mons. Erwin testimonia il suo primo incontro con suor Dorothy: “Ciò che mi ha sorpreso è stata la tua richiesta di lavorare ‘con i più poveri tra i poveri’. Per un attimo ho pensato che fosse solo una di quelle avventuriere che fanno incursioni tra i poveri e poi scrivono un libro sulla loro esperienza. Dissi alla suora che il suo desiderio, benché molto nobile, non era così facile da realizzare. Ho pensato alla Transamazônica-Leste. Lì, a quei tempi, la povertà era la vera ‘miseria’. Ma lei rispose semplicemente: ‘Per favore, lasciami provare!’. E lei ‘ha provato’ questa vita tra i poveri fino al fatidico giorno del 12 febbraio 2005, quando alle sette e mezza del mattino venne brutalmente assassinata”.

Il latifondiario Vitalmiro Moura, noto come Bida, accusato di aver ordinato l’omicidio di suor Dorothy, è stato condannato a 30 anni di prigione. Nel 2017, anche il latifondiario Regivaldo Pereira Galvão è stato processato e condannato a 25 anni di carcere. Amair Feijoli da Cunha, che sarebbe stato pagato da Viltamiro per uccidere la missionaria, è stato condannato a 18 anni di carcere come intermediario nel crimine. Rayfran das Neves Sales, reo confesso, è stato condannato a 27 anni di carcere per omicidio, però ha lasciato il regime chiuso per scontare il resto della sua pena agli arresti domiciliari nel luglio 2013. Clodoaldo Carlos Batista, accusato di essere complice di Rayfran, fu condannato a 17 anni di prigione, ma ha lasciato la Casa do Albergado, situata a Belém, nel febbraio 2011.





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Prestito condominio

per lavori di ristrutturazione

 

Source link