Benetton, la cura Sforza per un rilancio in tre mosse. La perdita scende a 130 milioni

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La cura da cavallo avviata a giugno 2024 dal nuovo ceo Claudio Sforza per risanare Benetton Group (Bg) inizia a produrre i primi risultati.

La società aveva chiuso il bilancio 2023 con una perdita secca di 230 milioni (portando la perdita cumulata in dieci anni a quota 1,6 miliardi), il che aveva comportato l’entrata in campo dell’azionista Edizione, guidata dal presidente Alessandro Benetton e dal ceo Enrico Laghi. In poche settimane si era proceduto alla nomina di un nuovo capo azienda, a una svolta della governance e all’iniezione di ulteriori 260 milioni di liquidità (su un totale di 800 milioni degli ultimi 6 anni), necessari per scongiurare il fallimento e consentire l’avvio di un piano di razionalizzazione e sviluppo. Al prossimo maggio, quando Bg approverà il nuovo bilancio, Sforza stima di dimezzare la perdita a 120-130 milioni di rosso. Un’inversione di rotta netta, che il team di “risanatori” di Castrette considera solo un passaggio verso il raggiungimento del break even, previsto a fine 2025, massimo inizio 2026.

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LA RAZIONALIZZAZIONE

Sono sostanzialmente tre le leve di intervento in corso su Bg: la razionalizzazione della rete commerciale, l’allineamento dei processi di produzione con gli standard di mercato, il contenimento dei costi e la gestione dei rapporti industriali. La rete di vendita di Bg necessita di essere ammodernata. Cresciuta troppo negli anni, ha assunto una configurazione troppo capillare e disomogenea. Oggi le grandi catene di vendita sono prevalentemente basate su flagship store, ad alta visibilità. Su questo Sforza sta puntando, per risanare la rete. Il focus sui negozi diretti trova la sua motivazione nelle ottime performance che questi hanno saputo registrare nel post pandemia (pur non essendo ovviamente sufficienti a riportare in attivo il bilancio a perimetro invariato). In particolare, in Italia nel 2024, i negozi diretti, inclusi i flagship Benetton, hanno registrato una crescita delle vendite del +7% sul 2023. Il Gruppo ha visto, inoltre, crescere di oltre 1 euro lo scontrino medio, dai 63 euro del 2023, ai 64,3 euro del 2024. È a Nordest che si sono fatte segnare, nel 2024, le migliori performance lato negozi diretti: gli store localizzati tra Veneto e Trentino Alto Adige, infatti, hanno visto le proprie vendite attestarsi a quasi 30 milioni, in crescita dell’8% sul 2023, un dato migliorativo rispetto a quello nazionale. Sul fronte invece della razionalizzazione, la rete globale di negozi di Bg passerà entro la fine 2025 da 3.500 a 3.081 store, con la chiusura di 419 punti vendita in rosso strutturale.

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Di questi, circa 90 negozi a insegna Benetton relativi a un numero ristretto di imprenditori terzi che da lungo tempo hanno manifestato difficoltà a pagare in modo regolare i propri debiti fino ad arrivare a valori di circa 30 milioni. Su questo fronte, il piano di Bg procede con la massima attenzione anche dal punto di vista occupazionale. Dove è possibile ed esistono le condizioni di mercato, i dipendenti vengono salvaguardati. È successo a Bologna, dove lo store in franchising di via Rizzoli è stato trasformato a gestione diretta, salvaguardando 18 lavoratori. Sotto la lente di Sforza sono finiti, ovviamente, anche i processi industriali di Benetton Group. A oggi, la filiera produttiva di Bg è disomogenea rispetto agli standard di mercato: solo il 60% della produzione di merce è affidata all’esterno, mentre il 40% è ancora prodotto da stabilimenti di proprietà. Questa situazione comporta inefficienze produttive dei tempi (la produzione delle collezioni impiega oltre 12 mesi, si punta a ridurla a 6) e dei costi. A questo va aggiunto che da oltre dieci anni il settore dell’abbigliamento ha subito una trasformazione radicale in termini produttivi. Sia le grandi marche globali sia i brand più localizzati hanno affidato la propria produzione a fornitori terzi specializzati. Tra questi ci sono marchi come Uniqlo, H&M, Zara, Adidas. Ecco perché Sforza intende aumentare la quota di produzione esterna, gestendo la dismissione di stabilimenti non più strategici (ad esempio quello situato in Croazia) con la massima attenzione verso i lavoratori e nel pieno rispetto dei contratti firmati. Per quanto riguarda invece il personale impiegato direttamente in Italia, è stato raggiunto un accordo sindacale la scorsa estate per la somministrazione di un contratto di solidarietà a 900 dipendenti (su un totale di 1.300), che scadrà il prossimo 28 febbraio e sarà con ogni probabilità rinnovato. L’accordo, che ha evitato il ricorso a procedure di esubero, prevede anche delle uscite volontarie (con 50mila euro di buonuscita, che salgono a 70mila per gli over 45): circa 100 addetti sono già usciti dall’organico. La società ha inoltre attivato un servizio di outplacement. Anche su questo fronte, il 2025 sarà decisivo per le sorti di Benetton Group. Poi, a break even acquisito, inizierà la fase di rilancio.

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