Non basta ‘mappare i terreni agricoli’ in Terra dei fuochi: il ministro mi ha deluso

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Lo scorso 1 febbraio, in soli 7.30 minuti, sono riuscito a spiegare presente e immediato futuro del fenomeno criminale noto come “Terra dei Fuochi”, un problema non solo campano che può diminuire dove esiste maggiore ed efficace repressione. Oggi i prefetti Michele Di Bari e Ciro Silvestro sono riusciti a costituire un gruppo interforze veramente efficace, ma l’eccezionale quantità di rifiuti speciali prodotta – oggi più che raddoppiata dal 2009 – non è più gestita direttamente dalla criminalità organizzata: i rifiuti tendono a spostarsi via gomma (tir) o via mare (porti), dovunque possano essere smaltiti al costo più basso per le industrie ma al più alto possibile per agricoltura e cittadini residenti.

Giusto pochi giorni dopo il mio intervento, che ha ovviamente suscitato molto scalpore in Puglia, indagini in corso da circa due anni si sono concluse con numerosi arresti confermando punto per punto le mie affermazioni al prefetto Di Bari. Hoc erat in votis: dovevo dimostrare di essere interlocutore competente e credibile. Ma, nella stessa relazione, negli stessi 7.30 minuti, ho scelto di parlare anche del Progetto Spes della Regione Campania e quello che io considero un suo errore metodologico di base.

Per studiare il grado di contaminazione di un territorio derivante da sversamenti o tombamenti di rifiuti tossici, non si deve partire analizzando il solo terreno alla ricerca di soli metalli pesanti, in Campania anche di origine vulcanica, ma si deve partire dalle acque, dai pozzi e dalle falde acquifere e monitorare non solo i metalli pesanti ma tutta quella congerie di inquinanti di matrice esclusivamente antropica in continuo aumento e quindi in continua somma di danno dagli anni Sessanta: mi riferisco ad amianto, plastiche, pcb, pbde, diossine, tricloro e tetracloro etilene, sino ad arrivare agli inquinanti che oggi si scoprono ancora più persistenti e pericolosi, gli Pfoas e Pfas.

Quando ho sentito che anche il ministro dell’Ambiente ha dato il proprio ok ad una nuova mappatura dei soli terreni, sono rimasto deluso, preoccupato e in disaccordo.

A Londra, nel corso di una epidemia di colera nel 1854, prima ancora fosse scoperto il bacillo del colera, il Dr John Snow identificò, mappò e fece isolare – salvando i cittadini residenti – le zone della città colpite dalla malattia, conteggiando i casi di pazienti e facendo centro sulle fontane di quartiere e sui pub dove si andava a bere, prima ancora che mangiare. Nacque così l’epidemiologia. Tutto ciò che viene immesso nel terreno finisce nelle acque di falda e quindi nei pozzi. Prioritariamente, a mio parere, in Terra dei fuochi si devono quindi analizzare i pozzi e le falde e, sulla base del loro grado di contaminazione, proseguire con la analisi dei terreni attraversati.

E basta pure con le mezze verità che sono più pericolose e dannose delle bugie. Corrisponde a mezza verità il fatto che sono risultati contaminati dall’1 al 3% dei soli terreni agricoli (!) della Regione Campania! Cioè non più del 10% del totale dei circa 13550 kmq che costituiscono l’intera Campania che – secondo i dati Ispra, aprile 2023 – purtroppo vede oltre 1746 siti di discariche abusive da bonificare. Un dato ben oltre il 3% del territorio regionale! Aggiungo che il tombamento profondo dei rifiuti, da 4 metri a 28 metri, caratteristico dei casalesi e specifico campano, fu scelto proprio per permettere alle pummarole ed altro di crescere non contaminati in superficie.

Si devono analizzare non solo i metalli pesanti, che possono confondersi con i metalli di provenienza vulcanica tipici delle nostre aree, ma gli ormai tantissimi e molto tossici inquinanti di tipo organico legati alle attività manifatturiere, spesso in nero: amianto dall’edilizia, pcb Caffaro e diossine dei roghi, pbde antidetonanti utilizzati per ridurre l’evidenza dei fuochi, molto epatotossici e puzzolenti; ed oggi Pfoas e Pfas, provenienti dai circuiti refrigeranti dei frigoriferi e sversati nel terreno.

Se consideriamo lo smaltimento illegale di soli 50 frigoriferi al giorno per 365 giorni/anno per circa 3 litri di liquido refrigerante tossico, in venti anni raggiungiamo una quantità non inferiore a circa 1 milione di litri di liquidi sversati nei terreni e quindi in falda! Nella sola area di Acerra non abbiamo ancora un solo dato dei Pfas contenuti nei 120 pozzi già sequestrati ed analizzati dal vigile Liguori e dal generale Costa, trovati contaminati da tricloro e tetracloroetilene (inquinanti tossici provenienti dalla produzione di scarpe borse e vestiti).

Abbiamo oggi ancora zero dati su Pfas e Pfoas nei pozzi sequestrati da Acerra a Caivano, da Marcianise a Giugliano! Sappiano solo che oggi ad Acerra risulta contaminato e non coltivabile l’11% del terreno agricolo.

Evitiamo definitivamente che negazionisti più o meno ignoranti o maliziosi possano continuare a offendere le nostre mamme delle cartoline distrutte dal dolore o sacerdoti eroi come Padre Maurizio Patriciello, ma soprattutto ottemperiamo a quanto sentenziato dalla Cedu!



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