Parliamo di moda adattiva: cos’è e che progressi ha fatto

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Di cosa parliamo quando tiriamo in ballo l’inclusività nella moda? Sicuramente di espressione di sé senza limiti di genere e taglia, di body positivity, di moda etica, ma non solo. Mai sentito parlare di moda adattiva? Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, 1 persona su 6 al mondo – pari al 16% – convive con una disabilità significativa, ma l’industria della moda ancora non soddisfa adeguatamente le loro esigenze.

La moda adattiva, infatti, una categoria di abbigliamento particolarmente funzionale rivolta alle persone con disabilità fisiche o cognitive, rimane ancora un territorio relativamente poco esplorato, che finora ha trovato espressione in casi isolati per iniziativa di singoli brand di moda, attraverso capsule collection e collaborazioni.

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Moda adattiva: l’impegno di Zalando

In questo contesto Zalando, la celebre piattaforma di moda online multi-brand, mira a creare una gamma di prodotti ed un’esperienza di shopping davvero inclusivi che colmino questo divario.

“Stiamo affrontando un problema molto reale che le persone con disabilità vivono ogni giorno: riuscire a vestirsi con stile e con capi che si adattino alle loro esigenze. Attualmente, le opzioni che combinano entrambe le caratteristiche sono molto limitate e, inoltre, difficili da reperire. Le persone con disabilità preferiscono un abbigliamento che permetta loro di vestirsi autonomamente, ad esempio con bottoni magnetici o cerniere nascoste. È molto apprezzato quando i capi sono semplici da indossare e da rimuovere, come, ad esempio, scarpe che calzano facilmente. Anche gli elementi sensoriali degli articoli sono un fattore chiave, come pensare a capi senza cuciture o etichette facili da rimuovere. Infine, abbiamo notato che sia chi usa protesi sia chi si trova in sedia a rotelle ha esigenze di accessibilità molto specifiche, come maniche facili da aprire o capi accorciati solamente per la parte superiore del corpo” afferma Eloisa Siclari, General Manager di Zalando per Italia e Spagna.

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Sulla piattaforma sono presenti già dal 2022 delle collezioni di moda adattiva sviluppate su quanto riportato da Eloiosa Siclari; ad oggi tutte le Private Label di Zalando vantano la loro linea dedicata, declinata su moda in generale, moda sportiva, moda per bambini, calzature ed accessori. Inoltre, l’e-commerce ha ulteriormente ampliato la propria offerta di prodotti adattivi con articoli di altri brand che hanno fatto il loro ingresso nella moda adattiva come Tommy Hilfiger, Nike, Adidas, Skechers e JansSports.

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Lo sviluppo di queste collezioni è ancora un tema in completo divenire e in continuo miglioramento, data la vastità di casi da esplorare e di esigenze da comprendere. Per questo motivo, l’azienda ha adottato un approccio graduale, permettendo ai team interni di integrare le conoscenze acquisite dalle collezioni precedenti; negli ultimi due anni quindi ha incorporato le proprie conoscenze e i feedback ricevuti durante lo sviluppo delle diverse collezioni ed ha ottimizzato inoltre l’esperienza di shopping sul sito e sull’app – integrando dei filtri appositi, ad esempio – per consentire alle persone con disabilità ed ai loro caregiver di fare acquisti in base alle loro esigenze specifiche.

Nel 2024 inoltre è stata lanciata la prima collezione di abbigliamento sportivo adattivo, sviluppata per e con il contributo diretto di persone con uno stile di vita attivo come, per esempio, corridori e sciatori che utilizzano protesi.

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La moda adattiva: un’indagine dedicata

Ma appunto, ancora, tanta strada è da fare. Per comprendere quanto, Zalando ha deciso di condurre un’indagine indipendente, realizzata in collaborazione con l’istituto di ricerca YouGov, incentrata sulla percezione degli italiani sull’accessibilità e sulla moda pensata per le persone con disabilità.

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Il primo dato che salta all’occhio è allarmante: più di 8 italiani su 10 (81%) non hanno mai sentito parlare di moda adattiva; questo rapporto scende leggermente se si analizzano le risposte di Gen Z e Millennial (rispettivamente 71% e 74%), dimostrando una maggiore visibilità della moda tra i più giovani – e forse una tendenza degli stessi ad essere pèiù inclusivi. Addirittura il 70% delle persone con disabilità non hanno mai sentito parlare di moda adattiva, il che sottolinea le sfide – ma anche le opportunità – dell’industria della moda.

I fattori più importanti da associare alle collezioni di moda adattiva secondo quest’indagine sono: descrizioni dei prodotti che evidenziano chiaramente l’aspetto adattivo dei capi (36%), ma anche una selezione ampia e variegata (20%), dei prezzi accessibili (19%) e dei testimonial autentici con esperienza diretta del prodotto (15%). E, in relazione a questo, quasi 4 persone su 10 ritengono che l’industria del fashion dovrebbe fare di più.

C’è comunque una certa fiducia diffusa in merito: quasi 6 rispondenti su 10 (58%) pensano che sempre più aziende nei prossimi anni proporranno capi di questa tipologia; inoltre, quasi la metà degli italiani (45%) ha affermato che sarebbe più propensa a scegliere un brand in base alla sua apertura verso la moda adattiva.

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Per quanto riguarda il canale di acquisto della moda adattiva, il digitale – scelto dal 35% dei rispondenti come il preferito – viene particolarmente apprezzato per la possibilità di evitare negozi magari affollati e non sempre pienamente accessibili (26%). I mezzi più efficaci per la sensibilizzazione sono poi, in primis, i social media (38%, 55% per i Millennial e 48% per la Gen Z), seguiti a pari merito dai media tradizionali (33%) e dalle collaborazioni con testimonial con disabilità (33%) mentre al quarto posto figurano gli eventi e le sfilate dedicati (30%).

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Infine, relativamente alle strategie che potrebbero rendere la moda adattiva più visibile e accessibile online, secondo gli intervistati al primo posto vi sono le recensioni di persone con disabilità che mostrano l’uso dei capi (30%) a cui seguono comunicazioni mirate da parte delle aziende (26%) e la creazione di una sezione dedicata sul sito del brand o dell’e-commerce (18%, in crescita al 26% sia per Gen Z che per Millennial).



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