Regime agevolato impatriati: allungamento periodo di pregressa permanenza all’estero

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Il regime agevolato per lavoratori impatriati può essere applicato anche in situazioni di trasformazione del rapporto di lavoro (da dipendente a autonomo), ossia nell’ipotesi in cui il lavoratore svolga in Italia l’attività lavorativa a favore dello stesso soggetto (datore/gruppo) per il quale lavorava all’estero, e senza obbligo di iscrizione all’AIRE, purché siano rispettati i requisiti minimi di residenza all’estero.

Nella predetta ipotesi la norma prevede l’allungamento del periodo minimo di pregressa permanenza all’estero che, da tre, aumenta a sei o sette anni, a seconda che si tratti o meno del medesimo soggetto (datore/gruppo) presso cui era svolta l’attività lavorativa in Italia prima del trasferimento all’estero.

Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello del 07.02.2025 n. 22.

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L’Agenzia delle Entrate ha fornito un parere dettagliato, confermando che il regime agevolato è applicabile, a condizione che siano rispettati i requisiti temporali di residenza all’estero. In particolare, essendo stata all’estero per almeno sei anni, la contribuente può accedere all’agevolazione fiscale anche se fattura esclusivamente al suo ex datore di lavoro.

Inotre, ha chiarito che la mancata iscrizione all’AIRE non preclude automaticamente il diritto all’agevolazione, ma sarà necessario dimostrare la residenza fiscale all’estero tramite altri elementi documentali.

Questa interpretazione conferma che il regime agevolato per lavoratori impatriati rimane accessibile anche a chi si trasforma da lavoratore dipendente a libero professionista, con rapporti di lavoro continuativi con l’ex datore di lavoro estero.

1) Chi può beneficiare del regime agevolato per lavoratori impatriati?

Il nuovo regime fiscale si applica ai lavoratori che trasferiscono la loro residenza in Italia a partire dal 2024 e prevede un’imposizione ridotta sul reddito da lavoro dipendente, assimilato o autonomo. In particolare:

  • I redditi prodotti in Italia concorrono alla formazione del reddito complessivo solo per il 50% dell’ammontare, con un limite massimo di 600.000 euro annui.
  • Se il lavoratore si trasferisce con un figlio minore o se il figlio nasce o viene adottato durante il periodo di fruizione, la base imponibile si riduce al 40%.
  • Il lavoratore deve essere stato fiscalmente residente all’estero per almeno tre anni prima del rientro. Tuttavia, se al rientro il lavoratore presta attività per il medesimo datore di lavoro estero o per una società dello stesso gruppo, il periodo minimo all’estero si allunga a sei o sette anni.

2) Fatturazione a ex datore di lavoro estero: è un ostacolo?

Uno dei dubbi principali esposti dall’istante riguardava la possibilità di beneficiare dell’agevolazione nel caso in cui l’attività lavorativa in Italia fosse svolta come autonomo, ma con fatturazione esclusiva verso l’ex datore di lavoro estero.

L’Agenzia ha chiarito che la tipologia di contratto di lavoro non incide sull’accesso al regime agevolato. Anche chi passa da lavoro dipendente all’estero a lavoro autonomo in Italia può beneficiare delle agevolazioni, purché rispetti i requisiti richiesti, compreso il periodo minimo di permanenza all’estero (sei o sette anni a seconda dei casi).

3) Iscrizione AIRE e residenza fiscale: un requisito obbligatorio?

Il secondo quesito riguardava la mancata iscrizione all’AIRE e la sua eventuale incidenza sul riconoscimento del regime agevolato.

L’Agenzia ha ribadito che la verifica della residenza fiscale è una questione di fatto e non può essere oggetto di interpello. Tuttavia, ha precisato che la normativa richiede semplicemente che il contribuente non sia stato fiscalmente residente in Italia nei tre (o sei/sette) anni precedenti il rientro. L’iscrizione all’AIRE non è un requisito esplicito, ma il contribuente dovrà dimostrare la propria effettiva residenza all’estero tramite documentazione idonea.

4) Il Caso di specie: analisi della Risposta dell’Agenzia delle Entrate

L’istanza di interpello analizzata dall’Agenzia delle Entrate riguarda una cittadina francese che ha lavorato in Italia dal gennaio 2015 a marzo 2018. Dal 2018 al 2024, ha vissuto e lavorato all’estero, precisamente:

  • In Belgio dal 2018 al 2020
  • In Svizzera dal 2020 al 2024, con un impiego come Account Manager presso un’azienda di Zurigo.

Nel luglio 2024, la contribuente ha concluso il rapporto di lavoro dipendente con l’azienda svizzera, stipulando con la stessa un contratto di consulenza per svolgere attività di lavoro autonomo.

Il 15 agosto 2024, si è trasferita in Italia con la famiglia (coniuge e figlio minore), richiedendo la residenza anagrafica il 23 agosto 2024. Tuttavia, non è mai stata iscritta all’AIRE.

Alla luce di questo scenario, la contribuente ha posto due domande principali:

  1. Può beneficiare del regime agevolativo per lavoratori impatriati dal 2024, considerando che il suo unico cliente è l’ex datore di lavoro estero?
  2. La mancata iscrizione all’AIRE influisce sulla possibilità di accedere alle agevolazioni fiscali?

La risposta n. 22/2025 dell’Agenzia delle Entrate conferma che la contribuente può beneficiare del regime agevolato per lavoratori impatriati a partire dal 2024, nonostante due aspetti critici della sua situazione:

  • Trasformazione del rapporto di lavoro da dipendente a autonomo con lo stesso soggetto estero. Questo non costituisce un ostacolo all’agevolazione, ma richiede un periodo minimo di residenza all’estero di almeno sei anni (invece dei tre ordinari).
  • Mancata iscrizione all’AIRE, che non preclude automaticamente l’accesso al regime agevolato. Tuttavia, sarà necessario dimostrare con elementi concreti la residenza fiscale effettiva all’estero nei sei anni precedenti al rientro.

In sintesi, l’Agenzia ha riconosciuto il diritto alla tassazione agevolata al 50% (ridotta al 40% in presenza del figlio minore), purché la contribuente possa dimostrare la sua effettiva residenza fiscale all’estero nel periodo richiesto.



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