Probabile moneta di scambio con Meloni per le “grazie” nei suoi confronti contenute nelle chat di Fratelli d’Italia per evitare una crisi di maggioranza.
Dopo la polemica sui contenuti delle chat di partito di Fratelli d’Italia assurte ad essere argomento di un libro che si preannuncia piccante dove il leader maximo della Lega, Matteo Salvini, viene dipinto, fra l’altro, come “ministro bimbominkia“, “un cialtrone“, “ridicolo” e “incapace“, Salvini tenta il rilancio con un argomento che gli sta particolarmente a cuore, ovvero allentare la morsa del fisco sui contribuenti, non importa che siano o meno onesti con il fisco, presentando in pompa magna con tutto il ghota economico del partito la rottamazione delle cartelle esattoriali quinquies, proponendo una rateazione in 120 comode rate senza interessi e sanzioni.
La Lega ha presentato una proposta di legge per la riedizione della rottamazione delle cartelle esattoriali, già depositata alla Camera e ora anche al Senato, secondo cui i benefici si perdono solo dopo il mancato pagamento di otto rate. Una proposta che Salvini definisce «equa e giusta» per i cittadini e per lo Stato.
«Sono milioni di italiani in difficoltà e quindi noi abbiamo il dovere politico, economico e morale di dare risposta» spiega Salvini, mandando contemporaneamente un messaggio agli alleati e non solo: «penso che sia una bella opportunità non solo per la maggioranza e per il governo, ma per l’intero Parlamento dare un bel segnale di unità e di serietà al popolo italiano».
Per rimarcare il suo distinguo nei confronti di Fratelli d’Italia, colpevole di lesa maestà a mezzo chat nei suoi confronti, Salvini apre un altro fronte puntando direttamente sul viceministro alle Finanze di osservanza meloniana, Maurizio Leo: «il concordato è stato utile ma non risolutivo». «Ha dato risultati scarsi», rincara la dose Alberto Gusmeroli, presidente della commissione Attività produttive della Camera, e quindi «bisogna fare una seria riflessione» e «il meccanismo è sicuramente da rivedere».
Da par suo, Leo ribatte indirettamente, facendosi forza dei dati derivanti dall’impegno nella repressione dell’evasione fiscale, quella che a botte di continue rottamazioni – sarebbe la quinta – finiscono oggettivamente per “consigliare” i contribuenti ad un’osservanza elastica dei loro obblighi nei confronti del fisco nazionale. «Ci sono risultati buoni: siamo a 32,7 miliardi recuperati in due anni, quindi c’è stato un incremento rispetto al 2023. Facendo gli ultimi conteggi forse avremo qualche ulteriore sorpresa – dice Leo -. L’abbassamento delle tasse al ceto medio resta una nostra priorità, però bisogna fare le cose in modo graduale perché l’Europa ci guarda. Sulla rottamazione non siamo contrari, è solo un problema di risorse, bisogna essere cauti».
E se Lega Salvini, con l’appoggio di Forza Italia, rilancia sull’ennesima rottamazione, parimenti si sorvola sugli effetti pratici, tangibili che le precedenti rottamazioni hanno portato alle casse dello Stato. In tutte le precedenti sanatorie, varate dai governi di tutti i colori (da Renzi a Gentiloni, al Conte Uno), il gettito è stato sempre inferiore alle attese, perché molti contribuenti hanno sì iniziato a pagare le rate delle rottamazioni, salvo fermarsi dopo due-tre rate quietanzate, tanto per fermare sul nascere le procedure di riscossione coattiva e acquistare così tempo, tanto tempo di manovra, in attesa di una sanatoria ancora più conveniente e vantaggiosa per i contribuenti discoli.
Di fatto, il gettito a consuntivo delle varie rottamazioni non si è discostato molto dal 30% del totale atteso, e pure la “quater” in corso gestita dal viceministro Leo non fa eccezione, tanto che continuano a fioccare proroghe e riaperture nella speranza di ingrassare il grisbì. La storia di queste «definizioni agevolate», ricostruita dalla sottosegretaria Lucia Albano un anno fa rispondendo a un “question time” in commissione Finanze alla Camera, evidenzia che fra 2016 e 2023 le quattro rottamazioni hanno perso per strada il 60,3% del gettito atteso, raccogliendo solo 38,9 dei 64,5 miliardi di debiti fiscali cumulati da chi ha aderito. Un fatto che andrebbe ricordato agli smemorati che insistono nel riproporre la stessa medicina che non cura la patologia della marcata tendenza ad evadere di gran parte degli italiani appena ne hanno la possibilità.
Le varie rottamazioni portano appresso un altro problema: il forte divario tra quanto sarebbe dovuto dal contribuente moroso allo Stato e l’effettivo gettito, aprendo un buco nel bilancio pubblico. Di fatto, secondo le stime che stanno circolando nel ministero dell’Economia e delle finanze gestito dal leghista Giancarlo Giorgetti – formalmente a favore della proposta lanciata dal suo ras di partito – l’ennesima rottamazione lanciata da Salvini costerebbe alle casse pubbliche 5,2 miliardi di euro di mancato gettito per il solo 2025, perché le rottamazioni cancellano sanzioni, interessi e aggio, tutti elementi già inglobati nei saldi di finanza pubblica, e che l’adesione estende in dieci anni i termini di pagamento di imposte che per le vie ordinarie andrebbero invece versate subito.
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