L’asset italiano da comprendere e valorizzare: l’editoriale del direttore Napoletano

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Se tutto intorno nel mondo c’è una guerra, anzi più guerre, e a casa tua, in Italia, si rompono due tegole e cominciano a cadere dei calcinacci, bisognerebbe essere contenti. Purtroppo, non è così. C’è un polverone politico-mediatico-giudiziario al giorno, nazionale o internazionale, che avvolge i fatti dell’economia in una nube che può oscurare o intossicare la realtà. Perfino nelle sue priorità strategiche, sempre nei suoi valori comparativi.

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Si perde, ad esempio, la percezione che l’anno scorso il 100% del credito di imposta richiesto nel Mezzogiorno per investimenti privati e, cioè, 2,5 miliardi, è stato soddisfatto in tempo reale, senza lasciare per strada neppure un milione. Si perde la consapevolezza che quest’anno è partito alla grande con richieste a raffica di nuove autorizzazioni di investimenti e che, per effetto della Zona economica speciale unica (Zes), il via libera arriva in un arco temporale da un minimo di 30 a un massimo di 60 giorni.

Il sistema Trump, l’Italia e la sfida capitale da prendere sul serio

Soprattutto, non si riesce nemmeno a dire o, per lo meno, a fare sapere in modo diffuso alla industria privata italiana trainante, messa a dura prova dalla caduta della domanda tedesca, che investire oggi nelle regioni meridionali del Paese significa godere di un incentivo fiscale raddoppiato. Perché, di certo, sono ancora pochi a sapere che, oltre ai vantaggi della semplificazione amministrativa, c’è la possibilità di cumulare al 60% del credito di imposta della Zes unica quello della transizione 5.0 per cui si può beneficiare di una potentissima leva fiscale da azionare su un territorio strategicamente ben posizionato rispetto ai mercati del nuovo mondo, a partire dall’Africa, dove spinge il contesto geopolitico globale.

L’altro capitolo dominante appartiene al cosiddetto ciclone dazi di Trump per cui c’è chi sentenzia che, anche se tanto tuonasse e non piovesse, l’effetto ci sarebbe già stato perché l’incertezza ha di fatto bloccato gli investimenti. Questo tipo di ragionamenti per un Paese esportatore come l’Italia, ormai da Nord a Sud, è tossina allo stato puro visto che si ignora che il Trump 1, ad esempio, colpì i prodotti francesi e avvantaggiò quelli italiani. Così come oggi anche i deboli dazi americani annunciati per la Cina alla fine avvantaggerebbero perfino i nostri prodotti di fascia bassa. Senza contare che l’apprezzamento stesso del dollaro aumenta la competitività dei nostri prodotti e compensa, almeno in parte, l’eventuale dazio.

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L’obbligo di tutelare Generali: l’editoriale del direttore Roberto Napoletano

Le interconnessioni ineludibili tra economie occidentali e cinese non possono abbassare il rumore delle fanfare politiche internazionali, ma ne ridimensionano fortemente gli effetti concreti. Il realismo non interessato dovrebbe spingere ad avere consapevolezza che, in un contesto globale di bassa crescita, l’Italia ha più crediti che debiti verso l’estero grazie a una competitività che sopravvive a un rallentamento delle esportazioni dovuto alla caduta dei mercati. Allo stesso tempo è vero che la crescita del Pil sta rallentando, ma ciò avviene in presenza di un calo demografico pressoché unico in Europa che ovviamente preoccupa sotto il profilo dell’invecchiamento della popolazione, ma che, dall’altro lato, dimostra la forza di una economia che riesce a crescere pur in presenza di un importante calo dei consumatori (ricordiamo che i consumi pesano per circa il 60% del Pil totale). Inoltre, sono proprio questi fondamentali a fare sì che il nostro Pil per abitante è comunque uno di quelli in più forte crescita tra i Paesi avanzati e ciò incide positivamente sul reddito medio dei cittadini. Ovviamente non di tutti in un Paese percorso da forti diseguaglianze.

Abbiamo, come Italia, due vantaggi. Il primo è che per i nostri prodotti di alta qualità non c’è dazio che li possa fermare perché così li sappiamo fare solo noi e chi li compra ha il portafoglio pieno. Il secondo è che produciamo in tantissime nicchie e così possiamo continuare ad esportare in altri territori aggiuntivi come India, Africa, Vietnam, Sud America, e così via. Ancora una volta diventa un formidabile asset la piattaforma del Sud italiano che si allunga sul Mediterraneo. Diciamo queste cose ben sapendo quanto valgono per noi Germania, Stati Uniti e Francia come mercati di sbocco, ma volendo solo offrire un quadro più completo e ragionato di ciò che viene accreditato dal mantra del pessimismo dominante.

Il ruolo dell’Italia e la nuova governance globale: l’editoriale del direttore Roberto Napoletano

Siamo, infine, perfettamente consapevoli che stiamo assistendo a un processo di destrutturazione del mondo che avevamo, senza averne già pronto uno nuovo. Siamo, però, anche un Paese che ha dimostrato, in questo contesto difficile, ragionevolezza fiscale, che non vuol dire austerità ma evitare di montarsi la testa, e piena consapevolezza di giocarsi tutto sugli investimenti pubblici e privati. Siamo anche un Paese che ha mostrato visione anticipatrice. Ha aperto in Europa, prima degli altri, ai nuovi Sud del mondo, in testa l’Africa con la sua risorsa giovanile e il suo tesoro di materie prime del passato e del futuro già molto ipotecato dai soldi a usura dei cinesi e dalle armi dei russi. Ha investito coerentemente, in casa, sul Sud italiano come mai prima dopo la stagione d’oro del Dopoguerra, e ha costruito un’interlocuzione privilegiata con Trump che va ovviamente gestita dentro il quadro europeo, a sua volta pericolosamente frammentato, e che è portatrice di complicazioni, ma può portare in dote un ruolo strategico nazionale rilevante nella definizione della non più eludibile nuova governance globale.

Si lavori, nel frattempo, a europeizzare e internazionalizzare sempre più il Piano Mattei operando con la Banca Mondiale e con le migliaia di persone che fanno questo di mestiere. Anche così si potrà capitalizzare il lavoro del governo per costruire buone relazioni internazionali a tutto campo in un contesto globale che è cambiato e sta cambiando in profondità. Per rendersene conto, non bisogna usare le lenti del pregiudizio e della ideologizzazione. Aiuterebbe molto un’opposizione che si occupasse di cose serie e la smettesse di pensare solo a litigare, ma anche questo passaggio fa parte delle complicazioni del momento.

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