Due Fondi che creano nuove opportunità per le comunità • Secondo Welfare

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Io sono un pittore di quartiere. Le opere che ho realizzato si legano sempre a ciò che succede attorno a un muro, che non è fatto solo di mattoni ma anche di persone”.

Igor Scalisi Palminteri, street artist palermitano, sintetizza così il suo modo di lavorare e di intendere l’arte e l’impegno sociale. Molti muri in Sicilia (e in tutta Italia) sono stati decorati da lui nel corso degli ultimi anni. Ma c’è un posto dove le sue opere sono particolarmente numerose: il rione palermitano di Danisinni, una borgata a pochi minuti a piedi dalla cattedrale della città.

Proprio a Danisinni è nata e si è sviluppata una comunità educante che è al centro dell’ottava puntata di Intrecci: creare comunità insieme, il podcast che racconta 10 iniziative che rafforzano le comunità grazie al supporto delle Fondazioni di origine bancaria (Fob). Nella puntata approfondiamo la complicata storia di questo quartiere – al tempo stesso centrale e periferico – e raccontiamo come le persone e le organizzazioni che lo vivono abbiano saputo attivarsi per creare luoghi educativi e di cura, arrivando a permettere la riapertura di un asilo nido chiuso da oltre un decennio. Anche grazie all’azione filantropica di soggetti come la Fondazione Sicilia.

Dopo le tappe di Milano, Napoli, Sardegna, Volterra, Bologna, Trento e Pont Canavese (Torino) a Palermo abbiamo intervistato fra Mauro Billetta, parroco di Danisinni, Francesco Di Giovanni, coordinatore generale del Centro Tau, e Maria Concetta Di Natale, presidente della Fondazione Sicilia.

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In questo articolo partiamo dall’esperienza della comunità educante di Danisinni per raccontare l’approccio adottato dalle Fondazioni per affrontare problemi diffusi e complessi come la povertà educativa minorile e la sfida della digitalizzazione.

La comunità educante di Danisinni

Danisinni è uno dei più antichi rioni di Palermo, collocato tra il Castello della Zisa e il Palazzo dei Normanni. Nonostante sia a poche centinaia di metri dal centro cittadino, per una serie di ragioni nel corso degli anni è rimasto isolato dal resto della città. In parte le motivazioni sono legate alla conformazione stessa del luogo: Danisinni si sviluppa tutto intorno a una piazza, in una depressione naturale del terreno. C’è un’unica strada asfaltata che collega la piazza al resto della città, una strada stretta che è l’unica via carrozzabile di accesso e di uscita dal rione. Questo isolamento, come raccontiamo nel podcast, ha sistematicamente tenuto la zona ai margini dello sviluppo cittadino: qui c’è una documentata e storica presenza della criminalità organizzata; le famiglie vivono spesso in condizioni di povertà e precarietà, con lavori informali e occasionali; si registrano alti tassi di abbandono scolastico. “Un contesto umile e abbastanza ferito dall’abbandono istituzionale”, come sintetizza il parroco di Danisinni fra Mauro Billetta.

 

Clicca sui luoghi della comunità educante (icone rosse) per vedere alcune foto di Danisinni.

 

In questo scenario gli attori del secondo welfare si sono attivati per provare a cambiare le cose. Come racconta fra Mauro nel podcast gli interventi messi in campo dalla parrocchia – come la distribuzione di alimenti e medicinali – erano necessari ma non sufficienti: “tutto questo non poteva bastare perché era come se si rimanesse su un piano di emergenziale (…). Invece bisognava ingenerare un riscatto del territorio, perché la nostra gente aveva il diritto di aver riconosciuti i propri bisogni, le proprie istanze”. Negli ultimi 15 anni la comunità locale si è costituita come Comunità di Danisinni ETS e si è attivata in vario modo per promuovere il riscatto di questo territorio attraverso iniziative come la biblioteca di quartiere, la fattoria sociale e i moltissimi murales di Igor Scalisi Palminteri.

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Fra Mauro Billetta, parroco della chiesa di Sant’Agnese a Danisinni, all’imbocco del “Fiume di vita”. Il murale, realizzato da Igor Scalisi Palminteri, decora la scala d’accesso pedonale al rione. Foto di Giulia Greppi.

Al centro di questa attenzione ci sono sempre stati soprattutto i bambini e le bambine, tanto che Danisinni è diventato un laboratorio di sperimentazione del concetto di comunità educante che ha portato a risultati molti concreti e ambiziosi. Uno dei traguardi più significativi è stata la riapertura, nel settembre 2024, dell’asilo nido al centro della piazza. La struttura era chiusa dal 2007 e la comunità educante locale ne ha scongiurato la demolizione – tra le altre cose – facendosi carico dello studio per l’adeguamento strutturale dell’edificio alla normativa antisismica. Una consulenza specialistica che è stata possibile grazie al contributo economico di Fondazione Con il Sud, Save the Children Italia, Fondazione Peppino Vismara, Fondazione Piano Terra e Fondazione Sicilia.

L’impegno congiunto delle fondazioni

L’impegno congiunto messo in campo per l’adeguamento strutturale del nido di Danisinni è un esempio di come sia possibile lavorare in modo efficace in contesti in cui gli attori filantropici sono storicamente poco presenti, come il Sud Italia: da anni soggetti associativi come Acri si interrogano sulle diseguaglianze territoriali nella distribuzione delle Fondazioni di origine bancaria, e in questo ambito sono nate iniziative come la Fondazione Con il Sud e diversi progetti di livello nazionale (abbiamo approfondito l’argomento nella quarta puntata di Intrecci, a partire dal progetto “Per Aspera ad Astra”). Anche la Fondazione Sicilia, una delle poche Fondazioni di origine bancaria dell’Italia meridionale, ha colto l’importanza di questa sfida. Ce lo ha raccontato la presidente Maria Concetta Di Natale: “La nostra realtà territoriale è vasta (la Fondazione Sicilia opera in tutta la regione, ndr) e non può dipendere solo dai nostri fondi. Per questo tante volte coinvolgiamo altre fondazioni, per promuovere azioni di cui noi da soli non riusciamo a farci carico”.

L’intervista a Maria Concetta Di Natale, presidente della Fondazione Sicilia. Foto di Giulia Greppi.

La Fondazione Sicilia ha sostenuto diverse iniziative a Danisinni nel corso degli anni, oltre a concorrere alla ristrutturazione dell’asilo nido. Nel 2022 ha contribuito, per esempio, all’acquisto degli arredi destinati al Borgo Sociale di Danisinni, un luogo che offre accoglienza e ospitalità e propone iniziative laboratoriali per la primissima infanzia (v. infra).

Un altro esempio della collaborazione tra Fondazione Sicilia e la comunità di Danisinni è l’iniziativa “Non sono un murales – Segni di comunità”, promossa nel 2021 in tutta Italia da Acri per celebrare la Giornata europea delle fondazioni. Ogni Fondazione è stata invitata a individuare uno o più luoghi in cui, anche grazie al proprio operato, il Terzo Settore e le istituzioni collaborano per attivare le comunità e per prendersi cura del territorio e dei soggetti più fragili. La Fondazione Sicilia ha pensato di realizzare il murale proprio a Danisinni, all’ingresso della fattoria comunitaria.

L’opera “Non sono un murales – Segni di comunità” a Danisinni, all’ingresso della fattoria comunitaria. Foto di Giulia Greppi.

Per Maria Concetta Di Natale, che oltre a presiedere la Fondazione è anche Professore onorario dell’Università degli Studi di Palermo e storica dell’arte, i murales hanno un valore particolare: “io ho studiato soprattutto le arti del passato, che avevano il bello come messaggio da dare. E in parte lo fa anche la street art: fa diventare più bello un luogo che non lo era. Ma i murales hanno anche un messaggio sociale, hanno il potere di dire qualcosa di cui c’è bisogno in quel determinato luogo. E lo fanno in un modo che è immediato e chiaro per chi vive lì”.

Il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile

Tra le moltissime iniziative realizzate negli ultimi anni a Danisinni ci sono anche i progetti “Crescere nel villaggio” e “Comunità Educante Evoluta Zisa Danisinni”. Il primo, di carattere nazionale, è coordinato dal Centro per la Salute del Bambino per creare spazi ricreativi ed educativi gratuiti per bambini (0-6 anni) e per facilitare i percorsi delle famiglie – specialmente dei neo-genitori – attraverso un coordinamento tra i servizi che ogni comunità offre (servizi sanitari, educativi, sociali e culturali). In Italia esistono più di 10 “Villaggi per crescere”, e uno di questi è ospitato proprio dal Borgo Sociale di Danisinni. Il progetto “Comunità Educante Evoluta Zisa Danisinni”, invece, si è proposto di contrastare la povertà educativa e favorire il successo scolastico attraverso la promozione di processi integrati tra le agenzie educative territoriali (lo raccontiamo bene nel podcast).

Non è un caso che entrambi i progetti pongano particolare attenzione alla costruzione e al consolidamento delle reti locali: sono entrambi finanziati dal Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, che da anni contribuisce in modo significativo proprio a rafforzare il ruolo delle comunità educanti nel nostro Paese. Il Fondo – attuato dall’impresa sociale Con i Bambini, interamente partecipata da Fondazione Con il Sud – è un’iniziativa lanciata nel 2016 per sostenere interventi sperimentali finalizzati a rimuovere gli ostacoli di natura economica, sociale e culturale che impediscono la piena fruizione dei processi educativi da parte dei minori. Il Fondo, come abbiamo raccontato nel dettaglio in questo articolo, ha un’origine e un funzionamento particolarmente innovativi: in questi anni è stato alimentato con 800 milioni di euro dalle Fondazioni di origine bancaria, che hanno potuto godere di un credito d’imposta sulle risorse versate grazie a un Protocollo d’Intesa tra il Governo italiano e le Fob stesse (rappresentate da Acri). In 8 anni di attività il Fondo ha sostenuto complessivamente oltre 800 progetti in tutta Italia raggiungendo più 500.000 di bambini/e e ragazzi/e e mettendo in rete più di 9.500 organizzazioni tra realtà del Terzo Settore, scuole ed enti pubblici.

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Gli elementi di maggiore innovazione del Fondo, come ha spiegato Chiara Agostini in un recente articolo, risiedono nel suo funzionamento e nella prospettiva che adotta:

  1. la logica redistributiva: se le Fob sono tendenzialmente attive nei propri territori di riferimento (che solitamente coincidono con ambiti provinciali o regionali, in alcuni casi multiregionali), è importante sottolineare che sono molto più presenti nell’Italia settentrionale. Come raccontato nel paragrafo precedente, però, le Fondazioni sono consapevoli di questa dinamica e cercano di mitigarne gli effetti attraverso varie strategie: anche il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile opera in questo senso, realizzando un meccanismo di redistribuzione delle risorse (esse convergono dalle Fob verso un unico ente gestore che le distribuisce capillarmente su tutto il territorio nazionale);
  2. la prospettiva della filantropia strategica: nel Fondo le Fob non si limitano a erogare risorse ma hanno un ruolo centrale nella programmazione e nell’individuazione delle linee strategiche di azione (tra le altre cose fanno parte del Comitato di indirizzo del Fondo, insieme al Governo e ad altre istituzioni di ricerca e organizzazioni del Terzo Settore);
  3. la centralità delle comunità educanti: quella delle comunità educanti è una prospettiva che si colloca nel più generale processo di trasformazione del welfare locale, che sempre più spesso adotta logiche ricompositive e valorizza le risorse proprie delle comunità e delle persone. Fin dalla sua istituzione il Fondo ha adottato questo approccio, ponendo al centro dell’attenzione il tema del rapporto fra scuola e territorio e promuovendo l’attivazione di reti territoriali (come emerge chiaramente anche dai progetti sostenuti dal Fondo a Danisinni);
  4. l’importanza della valutazione: il Fondo ha contribuito a diffondere una maggior consapevolezza circa la rilevanza della pratica valutativa, dal momento che tutte le iniziative finanziate sono obbligatoriamente oggetto di tale pratica.

La Legge di Bilancio 2025 non ha rifinanziato il meccanismo che permetteva il funzionamento del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile: attualmente è in corso un dialogo per cercare di riattivarlo, anche alla luce del fatto che questa esperienza è stata largamente riconosciuta come positiva ed efficace.

Da sperimentazione a modello: il Fondo per la Repubblica Digitale

Il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, infatti, ha funzionato talmente bene che la sua esperienza è stata recentemente ripresa – e in qualche modo trasformata in un modello – dal Fondo per la Repubblica Digitale, un’iniziativa che punta a diminuire le diseguaglianze intervenendo sul gap digitale che interessa una parte consistente del nostro Paese.

Come scrivevano Lodi Rizzini e Maino nel Sesto Rapporto sul secondo welfare (2023) la dimensione digitale è ormai considerata una delle componenti della condizione di povertà: il mancato o limitato accesso a dispositivi, strumenti e competenze digitali aumenta il rischio di esclusione sociale con particolare riferimento alle politiche educative, al mercato del lavoro e all’invecchiamento. Inoltre, proseguono le ricercatrici, alcuni gruppi svantaggiati come “le persone in condizione di povertà, le donne, i migranti si trovano a dover affrontare barriere aggiuntive nell’acquisizione di competenze digitali e nell’accesso alle opportunità di lavoro correlate” (Lodi Rizzini e Maino, 17). Il Fondo ha voluto concentrarsi proprio su questa sfida cruciale, rivolgendosi in particolare ad alcuni specifici gruppi (per esempio NEET, donne e persone detenute).

Come nel caso del Fondo sulla povertà educativa, anche qui l’aspetto di innovazione risiede nell’origine e nel funzionamento del Fondo stesso: è nato da un Protocollo siglato da Acri, Ministero per l’Innovazione tecnologica e la Transizione digitale e Ministero dell’Economia e delle Finanze e garantisce alle Fob un credito d’imposta sulle risorse che versano sul Fondo. Anche in questo Fondo è prevista l’esistenza di Comitato di indirizzo strategico in cui Governo e Acri definiscono la linea strategica, le priorità d’azione e la verifica dei processi di selezione e di valutazione dei progetti. Il Fondo è attuato dall’impresa sociale Fondo per la Repubblica Digitale, interamente partecipata da Acri.

Attraverso le esperienze di questi Fondi le Fob mettono in pratica approcci innovativi, che per esempio provano ad allargare il campo d’azione di questi enti anche a territori e comunità più distanti e in cui tradizionalmente la filantropia – e il Terzo Settore più in generale – sono meno presenti. Un’altra strada attraverso cui le Fondazioni promuovono la crescita e il rafforzamento delle comunità sui territori, come raccontano bene l’esperienza di Danisinni e gli altri progetti al centro del podcast Intrecci.

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Intrecci è realizzato da Percorsi di secondo welfare con il supporto di Acri, l’Associazione delle Fondazioni di origine bancaria. Intrecci è un progetto giornalistico ibrido: un podcast per conoscere attraverso le voci dei protagonisti i progetti di comunità e una serie di articoli di approfondimento per mettere a fuoco il ruolo della filantropia.

 

Foto di copertina: Giulia Greppi.





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