Il modello Riace potrebbe salvare il sistema di accoglienza in Europa

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L’esperienza di Riace – nata spontaneamente a fine secolo scorso e affermatasi con partecipazione solidale che ha varcato i confini nazionali – è diventata in questo primo quarto di secolo un modello di riferimento globale di accoglienza dolce, basato cioè su un’inclusione senza fratture tra i suoi abitanti e gli immigrati, tra i bisogni dei primi e dei secondi, tra le identità e i valori dei nativi e le identità e i valori dei nuovi arrivati. È diventata un sistema di fertilizzazione incrociata, pratica politica e civile di solidarietà, luogo di fratellanza, incontro, convivenza, speranza e reciprocità comunitaria, rivitalizzazione delle aree interne e fragili – e rappresenta una sfida per l’intera Unione europea a cui le istituzioni e la società civile devono rispondere con urgenza, efficacia e solidarietà. 

Si tratta di una risposta all’inarrestabile calo demografico che colpisce il nostro continente, all’abbandono e al degrado delle sue aree interne e fragili. Il modello Riace suggerisce l’unica via possibile per una politica di accoglienza e di inclusione delle persone che emigrano verso il territorio europeo, una politica che deve riguardare in particolare sia i richiedenti asilo ed i rifugiati a cui si applicano l’articolo 18 della Carta dei diritti fondamentali e l’articolo 78 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea sia le persone a cui deve essere riconosciuto il diritto ad una protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e la promozione dell’equilibrio di sforzi fra gli Stati membri sulla base della direttiva 2001/55/CE. 

Queste persone fuggono dalla fame, dalle guerre, dai disastri ambientali e dall’espropriazione delle terre e le loro condizioni disumane fanno appello alla libertà di movimento definita nella Dichiarazione universale del 1948 (art. 13.1) e nel Patto delle Nazioni Unite del 1966 (art. 12), alla Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati e alla Convenzione internazionale sul salvataggio marittimo di Amburgo del 1979 ricordando il primo diritto naturale alla mobilità delle popolazioni teorizzato dalla filosofia politica europea fin dalla metà del ’500. Il compromesso raggiunto a dicembre 2023 fra il Parlamento europeo e il Consiglio sul nuovo Patto migrazione e asilo conferma una fase di regressione e di allontanamento dai principi che costituiscono le fondamenta di una Unione, che ambisca a riproporsi nello scenario mondiale come autonomo ed autorevole soggetto geopolitico. Nell’accordo:

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Saranno incrementati i centri di accoglienza e cioè di detenzione al di fuori dell’Unione europea anche attraverso accordi bilaterali di rimpatrio o rimpatri senza accordi, 

non c’è nessun impegno per un piano globale di cooperazione con l’Africa, 

nessun impegno è stato preso per sostenere le organizzazioni non governative che agiscono in Africa o nel Mediterraneo affinché siano rispettate la Convenzione di Ginevra sui diritti dei rifugiati, la Convenzione internazionale di Amburgo sulla ricerca e il salvataggio marittimo e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, 

nulla i dice per creare dei corridoi umanitari e lavorativi verso l’Europa al fine di facilitare nello stesso tempo i migranti ed i richiedenti asilo ad integrarsi nelle nostre società ed aiutare le economie europee colpite dalla decrescita demografica e dall’invecchiamento, nulla si dice per tener conto delle conseguenze delle politiche migratorie in vista dei futuri allargamenti dell’Unione europea ai Paesi candidati all’adesione, 

nulla si dice sul tema della mobilità umana e cioè dell’ingresso di cittadini di paesi terzi e della loro libera circolazione all’interno dello spazio di Schengen che non deve essere considerata sotto il profilo della sicurezza ma della garanzia dei diritti fondamentali, 

 nulla si dice sulla direttiva relativa alla protezione temporanea per la quale sono state mobilitate delle piattaforme di solidarietà tra Stati membri e istituzioni europee, la società civile e le autorità regionali e locali. 

Una politica europea di accoglienza e di inclusione deve rispondere invece al rispetto dei valori e principi dell’Unione europea come stato di diritto e al principio fondamentale della protezione della dignità umana proclamato dal primo articolo della Carta dei diritti fondamentali. A conclusione di una riflessione collettiva nella sede del Movimento Europeo in Italia, avviata nell’ottobre 2023 nell’incontro fra esperti e organizzazioni della società civile presso il Consiglio nazionale delle ricerche, i partecipanti all’incontro su “Come e perché europeizzare il modello Riace” hanno deciso di avviare un’azione europea fondata sui seguenti pilastri: 

una mobilitazione europea attraverso una petizione al Parlamento europeo sulla base dell’articolo 44 della Carta dei diritti fondamentali;

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Sulla base dell’articolo 225 del Trattato di Lisbona (Tfue), la richiesta del Parlamento europeo alla Commissione europea di elaborare nel 2025 la proposta di una politica per l’inclusione delle persone di paesi terzi che vivono sul territorio dell’Unione europea coinvolgendo in questa iniziativa, sulla base di un loro parere, il Comitato delle Regioni e il Comitato Economico e Sociale;

In attesa di questa proposta l’elaborazione da parte del Parlamento europeo di un progetto pilota da inserire in un bilancio rettificativo e correttivo per l’esercizio 2025 che coinvolga i poteri locali e che sia basato sul Fondo asilo migrazione e integrazione (Fami) 2021-2027 come strumento per costruire l’Europa dei ponti e abbattere l’Europa dei muri in vista di un suo rinnovo e rafforzamento nel Quadro finanziario pluriannuale 2028-2032;

La scelta della base giuridica dell’articolo 79.4 del Tfue che attribuisce al Parlamento europeo e al Consiglio il potere di adottare secondo la procedura legislativa ordinaria misure politiche, giuridiche e finanziarie per incoraggiare e sostenere l’azione degli Stati membri con l’obiettivo di favorire l’accoglienza e l’inclusione delle persone provenienti da paesi terzi che vivono sul territorio dell’Unione europea secondo il modello Riace inserendole nel quadro della politica di coesione economica, sociale e territoriale;

Per consentire la svolta necessaria, la promozione su iniziativa del Parlamento europeo di una Conferenza internazionale che coinvolga le istituzioni europee e nazionali insieme alle organizzazioni rappresentative della società civile e al mondo del lavoro e della produzione a valle della quale dovrebbe essere adottato un protocollo al Trattato di Lisbona che preveda un’ampia revisione delle politiche relative all’asilo e all’immigrazione ed il mandato alla Commissione europea di elaborare un piano di cooperazione allo sviluppo di tutto il continente africano;

Un collegamento delle iniziative europee con iniziative a livello nazionale intese a favorire la partecipazione della società civile nella messa in opera del Patto migrazione e asilo (a partire dal Piano nazionale inviato alla Commissione a dicembre 2024 dalla Strategia nazionale da sottoporre entro giugno 2025) in vista della futura ripartizione dei finanziamenti pluriennali europei;

L’inclusione a livello locale dei migranti, secondo lo spirito e il modello Riace, attraverso la trasposizione della Direttiva Accoglienza e l’utilizzo dei fondi Ue nel pieno rispetto dei diritti fondamentali (come richiesto dal Regolamento Ue sulla condizionalità, dal Regolamento common provision e dal Regolamento finanziario Ue). 

Al fine di creare le condizioni per un’azione efficace e concertata a livello europeo in particolare per il lancio della petizione al Parlamento europeo, abbiamo deciso di creare un gruppo di sostegno coordinato dal Movimento europeo nel quadro della Piattaforma sul futuro dell’Europa. 

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