Lo stop alle armi firmato da Bankitalia

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Oggi scatta l’entrata in vigore delle Istruzioni di Via Nazionale in materia di divieto di finanziare o investire in armi non convenzionali. Era un atto dovuto, ma sta creando panico nella finanza, perché può riguardare un enorme numero di asset

C’è una “bomba” firmata da Banca d’Italia che arriva sull’industria delle armi. E che rischia di colpire tutta la filiera, inclusa quella di finanziatori e investitori. Una bomba che scoppia esattamente oggi, nonostante l’esplosione stia avvenendo nel silenzio di sistema. Infatti, sabato 8 febbraio sono passati i richiesti sei mesi dall’entrata in vigore (8 agosto, un giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del 7 agosto) delle Istruzioni di Banca d’Italia (assieme a Covip, Ivass e Mef) «per l’esercizio di controlli rafforzati sull’operato degli intermediari abilitati per contrastare il finanziamento delle imprese produttrici di mine antipersona, di munizioni e submunizioni a grappolo».

Le istruzioni di Banca d’Italia, senza dubbio uno dei soggetti che ancora mantiene una reputazione e una autorevolezza intoccati nel Paese, sono il seguito della legge 9 dicembre 2021, n. 220, con la quale, dopo un lungo e problematico (e ostacolato) iter, è stato dato seguito alla serie di impegni presi da Roma nei decenni precedenti (Convenzioni di Ottawa e di Oslo). L’intervento di via Nazionale, adesso, rende quel percorso un passaggio tangibile in termini di responsabilità e conseguenze reali (e monetarie).

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Questo lunedì 9 febbraio, quindi, diventa il primo giorno lavorativo utile, di applicazione di una norma solo in apparenza molto limitata, ma con amplificate potenzialità di deflagrazione.

EFFETTO DOMINO

Innanzi tutto, l’ambito di applicazione è assai vasto. Per quanto l’oggetto sia identificato in particolari tipologie di armi non convenzionali (mine antipersona e munizioni a grappolo), la norma prevede non solo il divieto di produzione (e, chiaramente, l’uso), ma anche di ogni tipo di appoggio, dai semilavorati e componenti ai servizi. Inclusi lo stoccaggio, il trasporto e, certo, anche i servizi finanziari.

Attenzione, con servizi finanziari l’estensione è altrettanto ampia: non solo i normali crediti bancari, ma ogni tipo di supporto, dalle garanzie all’acquisto di partecipazioni o titoli. E vale, pertanto, per le banche, ma altresì per le sim, le sgr, le sicav, le assicurazioni, con esplicito imperativo a fondazioni e fondi pensione di stare alla larga da tale catena di “valore”.

EFFETTO INCERTEZZA

In questa cornice, Banca d’Italia ha messo qualche punto fermo. O, almeno, ha cercato di farlo. Al punto 4 del documento vengono disposte, per gli intermediari (intesi, appunto, nel senso esteso di cui sopra, con aggiunta esplicita di Poste e Cdp) le “procedure” organizzative per monitorare e verificare l’attività proibita da parte degli interlocutori; le eventuali misure correttive; i poteri di intervento delle Authority.

Risultato: c’è molto da fare. È evidente, leggendo le Istruzioni che, in merito a presidi e procedure, Via Nazionale ha potuto unicamente dare indicazioni vaghe in relazione a “come” capire il chi-e-cosa è coinvolto. Ma proprio questa indeterminatezza ha generato ancor più tensione. Le voci che filtrano da asset owner e reti è quella di una situazione di “ansia e confusione”. Di fatto, non è chiaro come difendersi, e perciò è possibile che ci si difenda da tutto.

Anche perché sono previsti poteri di ispezione e di correzione per Banca d’Italia e le Autorità competenti, nonché sanzioni pecuniarie da 150mila a 1,5 milioni di euro per l’intermediario, e da 50 a 250mila euro per i suoi responsabili (per cui è prevista anche la perdita temporanea, per una  durata non inferiore a due mesi e non superiore a tre anni, dei requisiti di onorabilita’).

IL FAR WEST DI FONDI ED ETF

L’ansia è legittimata. Guardando al solo mondo del risparmio gestito, utilizzando i dati di EET.monitor, il database di ET.Group sugli European Esg Template (Eet), è possibile individuare quale fetta di prodotti, in Europa, sia oggi disinteressata al problema. Questi template sono la carta d’identità Esg di fondi ed Etf, e raccontano di ognuno quasi 650 variabili. Tra queste, anche il monitoraggio delle armi. Ebbene, sui circa 80mila prodotti monitorati in EET.monitor, sono 26mila quelli che prevedono l’esclusione delle armi non convenzionali. Sono la metà, 13mila, quelli che escludono le armi tout court, scelta più coerente con il divieto della legge italiana, in quanto, per prossimità, è immaginabile che siano i produttori di armi convenzionali i primi fornitori dei produttori di armi non convenzionali.

Significa che ci sono 67mila prodotti che, potenzialmente, potrebbero essere in zona “divieto” per grandi o minime percentuali di investimento.

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Perché i prodotti europei dovrebbero preoccuparsi di Banca d’Italia? Lo spiegano le Istruzioni, quando ricomprendono nell’ambito di applicazione «le succursali insediate in  Italia  di  sim,  gestori,  banche, istituti di moneta elettronica e istituti di  pagamento  aventi  sede legale in un altro Paese dell’Unione europea o in un Paese terzo  (di seguito, «succursali italiane di intermediari abilitati esteri»)».

UNA BOMBA SILENZIOSA

Eppure, su questo tema, non è emersa grande attenzione dei media. Se la questione “armi”, fino a tre anni fa, pareva lontana dalla quotidianità e dalla coscienza, oggi, all’opposto, è argomento centrale di valori e posizioni politiche (e partitiche). Evidentemente, suggerisce cautela.

Anche perché le potenzialità di deflagrazione sono pesanti, non solo in termini di effetti sul campo, ma anche in relazione alle posizioni di Italia ed Europa in merito agli investimenti in armamenti. Le Istruzioni, infatti, appaiono in contrasto con l’idea, per esempio, di ammorbidire la trasparenza richiesta dalla legge 185/1990 sull’export di armi italiane, revisione in corso in Parlamento. E appaiono in disaccordo anche con le posizioni presso la Commissione Ue, dove si stanno ponendo le condizioni per rendere l’industria della difesa un investimento sostenibile.

Via Nazionale sarà anche l’istituto centrale di un singolo Paese dell’Unione. Ma incarna la perfetta figura del soggetto “tecnico” che segue un percorso predefinito e fissato dal sistema, a prescindere dalle volubilità della politica. Confermando, in tal modo, la dissonanza cognitiva di massa emersa negli ultimi tempi in relazione agli Esg (vedi articolo In balia della schizofrenia Esg collettiva).

Oggi, nella contrapposizione tra politica e mondo reale è costretta a entrare, di forza, anche Banca d’Italia. Semplicemente facendo, come sempre, il proprio dovere.

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