ROMA. Ricostruire il rapporto tra la sinistra e il mondo ebraico. E rilanciare la soluzione dei «Due popoli Due Stati». Piero Fassino è tra coloro che hanno rifondato l’associazione Sinistra per Israele, ieri a congresso a Roma. In una pausa dei lavori, il deputato del Partito democratico si sofferma anche sulla kermesse dei patrioti a Madrid: «Invocare meno Europa è demagogia insensata». Sulle ricadute italiane della trumpizzazione dice: «Meloni è irrilevante nei conflitti che agitano il mondo».
Dopo la guerra a Gaza la sinistra si è schierata con i palestinesi, come pensate di incidere nel dibattito?
«Non si può prescindere dal massacro del 7 ottobre e dalla lunga aspra guerra di Gaza che hanno scavato un solco profondo di rancore e odio tra israeliani e palestinesi, facendo venire meno il requisito indispensabile per qualsiasi soluzione di pace: una fiducia, ancorché minima, tra le parti. Questo spiega perché oggi la soluzione “Due popoli Due Stati” appare lontana. E il dubbio sulla sua realizzabilità si è diffuso anche tra chi per anni l’ha sostenuta. Eppure se si vuole una pace duratura altra soluzione non c’è».
In America e in Medio Oriente, molti non la pensano così.
«L’ipotesi sostenuta dall’ultradestra israeliana – e avallata da Trump – di una grande Israele che inglobi Gaza e Cisgiordania susciterebbe un legittimo irredentismo palestinese aprendo la strada ad altri anni di conflitti e guerre. E per quanto appaia difficile, riprendere un percorso di dialogo non è impossibile, come abbiamo dimostrato in questi giorni nel congresso di Sinistra per Israele con la presenza del leader della sinistra israeliana e il rappresentante dell’Anp al Consiglio d’Europa».
Come si conciliano le richieste di sicurezza degli israeliani con le aspirazioni dei palestinesi di avere uno Stato?
«Proprio perché non è scontato rimettere in moto un processo di dialogo, qui c’è il ruolo della comunità internazionale che deve coinvolgersi, incoraggiare le parti, accompagnandole, assistendole e garantendo l’attuazione degli accordi sottoscritti. Un contributo prezioso può venire da quei Paesi arabi – Arabia Saudita, Egitto, Giordania, Emirati – che possono offrire una doppia garanzia: ai palestinesi che avranno finalmente il loro Stato e a Israele che nessuno più ne metterà in discussione l’esistenza e la sicurezza. Così come deve mettersi in gioco l’Unione europea che non ha fin qui giocato un ruolo. E naturalmente decisive sono le scelte dell’amministrazione americana».
Cosa pensa della volontà di Trump di rivedere il sistema del multilateralismo?
«Bisogna distinguere: una cosa è esprimere legittime valutazioni, anche critiche, su singoli atti di un’organizzazione internazionale. Cosa ben diversa e inaccettabile è azzerare l’intero sistema delle organizzazioni internazionali, come sta facendo il Presidente Trump uscendo dall’Oms, dagli accordi di Parigi sul clima, dalle regole Ocse sulla tassazione delle multinazionali, e colpendo la Corte penale internazionale. Dalla crisi del multilateralismo non si esce facendo tabula rasa di ogni forma di governance, condannando il mondo a una permanente anarchia internazionale. E riducendo tutele e sicurezza dei cittadini».
Come commenta la kermesse di Madrid dei patrioti?
«Invocare “meno Europa” è una demagogia del tutto insensata. Viviamo in un mondo globale dove non c’è tema – dalla politica estera all’immigrazione, dal cambiamento climatico alla riconversione energetica, dalle regole degli scambi internazionali al governo delle tecnologie digitali e dell’intelligenza artificiale – che sia gestibile soltanto con politiche nazionali. Vi è bisogno di più di politiche europee comuni, non di meno. Ed è ancor più demagogico chiedere meno Europa per essere “più liberi”, quando basta osservare come in molti Paesi europei le libertà dei cittadini siano messe in discussione da sovranisti e autocrazie, non dall’Europa».
Cosa comporta la gara tra Salvini e Meloni su chi è più filo Trump?
«Nonostante la presidente Meloni cerchi di accreditarsi come una statista, in realtà è sempre più schiacciata su Trump, distante dai principali Paesi europei, alleata con sovranisti antieuropei, irrilevante nei conflitti che agitano il mondo. Quanto poi a Salvini le sue sono posizioni ispirate da una demagogia destrutturante di qualsiasi principio e qualsiasi regola rendendo i cittadini più soli e più indifesi».
Da ex Guardasigilli, come vede lo scontro tra magistratura e governo?
«Una democrazia forte e sicura è fondata sulla divisione dei poteri e sul rispetto delle prerogative di ogni istituzione. Le invasioni di campo vanno evitate. Un sistema nel quale il potere politico condizioni la magistratura o la magistratura vada oltre le sue funzioni, mette a rischio un diritto fondamentale dei cittadini: la certezza di essere giudicati da una giustizia imparziale e uguale per tutti»
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