TASSE & POLITICA/ I vantaggi della nuova rottamazione e i dubbi sulla riforma fiscale

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Pare concreta la possibilità che si realizzi il tanto auspicato del taglio dell’Irpef per il ceto medio. La misura pare possibile perché sono state individuate le risorse che possono essere trovate dal recupero strutturale dell’evasione, che lo scorso anno è stata misurata in 32,7 miliardi.

L’obiettivo dichiarato, mancato nella finanziaria, è dare sostegno alla fascia di cittadini che dichiara un reddito ricompreso tra i 50 e i 60 mila euro. Il ceto medio, dunque, è stato individuato su base quantitativa per cui è legittimo il dubbio che tutto ciò sia superficiale e solo di bandiera. Appare corretto pensare, infatti, che sarebbe più equo procedere all’individuazione del ceto medio non solo su base quantitativa, ma che occorra procedere facendo ricorso anche ad altri indicatori: carichi di famiglia. pluralità di redditi, presenza di figli impegnati negli studi, ecc.


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L’altro tema in campo è la riapertura della rottamazione che per alcune forze politiche è una priorità. La nuova proposta di rottamazione che dovrebbe basarsi su un pagamento decennale ha un duplice pregio: favorirebbe chi realmente vuole recuperare la propria posizione e favorirebbe le casse dello Stato. Attraverso una dilazione più lunga, infatti, i contribuenti in affanno avrebbero una concreta chance di recuperare le somme che altrimenti sarebbero destinate a ingrossare un magazzino fiscale sempre meno liquido.



In questo contesto non si può non sottolineare come la riforma fiscale vera e propria sia ancora lontana dall’essere concreta. In particolare, resta la questione di fondo di come vada reimpostato il nuovo rapporto fisco-contribuente. Sono almeno tre le notizie che fanno dubitare che vi sia in concreto un nuovo approccio.

Durante Telefisco, infatti, è emersa una posizione dell’Agenzia delle Entrate che mette in dubbio l’intenzione di agevolare il rapporto fisco-contribuente. Foriera di dubbi è, infatti, la conferma di poter sospendere il rimborso dei crediti vantati dalle imprese in presenza di un semplice verbale di constatazione, PVC, e ciò malgrado non vi sia un supporto normativo che lo consenta. La norma vigente, infatti, consente di sospendere i rimborsi solo in presenza di un atto di contestazione, di irrogazione sanzioni o impositivo. Dunque, si può sospendere il rimborso solo in presenza di un atto impositivo che seppur ancora contestabile evidenzi una potenziale pretesa economica del fisco.



L’Agenzia supporterebbe la propria posizione sulla base del D.lgs. 158/2015 che ha ampliato gli atti idonei a integrare la sospensione del rimborso prevedendo quale motivazione qualunque «provvedimento con il quale vengono accertati maggiori tributi». La posizione è fondata sull’esistenza di una circolare del 1993 (la n. 19/E), la quale a parere degli Uffici legittimerebbe la sospensione dei rimborsi in presenza di carichi pendenti nei confronti degli interessati.

È evidente come non si possa accettare questa posizione che non trova alcun supporto normativo, ma che conferma, come sovente, l’azione del fisco vada oltre la missione a esso affidata. Se il legislatore avesse voluto conseguire questo risultato avrebbe incluso i PVC in occasione del varo del D.lgs. 472/1997 o successivamente con le modifiche apportate dal D. lgs. 158/2015. L’Agenzia, dunque, continua a svilire il ruolo del legislatore ed esalta il proprio ruolo manifestato attraverso una circolare che altro non è che un atto di indirizzo interno alla Pubblica amministrazione.

Altra novità è l’introduzione a carico dei sostituti di imposta del 770 semplificato mensile, riservato nella prima fase ai sostituti d’imposta con non più di 5 dipendenti al 31 dicembre 2024. Il nuovo intervento viene annunciato come semplificativo. Non si comprende il vantaggio di questo adempimento, per il quale è prevista una cadenza mensile, che peraltro viene posto a carico di imprese poco strutturate. Se servisse realmente al rapporto fisco-contribuente allora occorrerebbe ritornare alla vecchia versione del 770, peraltro solo annuale, nell’ambito del quale oltre alle ritenute versate si inserivano i percipienti.

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Non è difficile intuire che il nuovo intervento mette in discussione la capacità del fisco di mettere insieme i dati sin qui richiesti: modello di pagamento delle ritenute, certificazione unica dei percipienti e modello 770 che nella versione attuale non prevede l’indicazione dei percipienti.

Da ultimo non va sottaciuta la stretta sui rimborsi spese dei dipendenti e dei collaboratori delle aziende. Dal 2025, infatti, richiedono procedure interne, basate essenzialmente sulla necessità di pagamenti tracciati, che risultano complesse per le aziende strutturate e, dunque, al limite dell’impossibile per le piccole realtà.

La riforma, dunque, è al palo se valutata nel rapporto fisco-contribuente e procede in ordine sparso per quanto attiene alle modifiche delle norme.

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