rapporto ONU smonta le previsioni catastrofiste

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C’era un tempo in cui la sovrappopolazione era il grande spauracchio del futuro. L’idea che il mondo sarebbe esploso sotto il peso dei suoi stessi abitanti ha alimentato per anni previsioni catastrofiste, spinte anche da allarmi su risorse insufficienti e crisi alimentari imminenti. Poi il mondo è cambiato. Oggi il vero problema è un altro: il declino demografico, l’invecchiamento della popolazione, il calo delle nascite.

La bomba demografica che non c’è: il nuovo rapporto ONU smonta le previsioni catastrofiste

Il nuovo rapporto ONU “World Population Prospects 2024” (WPP 2024) fotografa una realtà molto diversa da quella ipotizzata solo qualche decennio fa. La popolazione globale continua a crescere, ma a un ritmo sempre più lento, e il sorpasso è vicino: nel giro di pochi decenni, alcuni paesi vedranno più bare che culle, mentre altri vivranno un’esplosione di giovani senza prospettive. È la grande transizione demografica che sta ridisegnando il pianeta, con conseguenze economiche e sociali che pochi governi sembrano pronti ad affrontare.

Il rallentamento della crescita e i numeri del declino

Secondo il report, il tasso di crescita globale è il più basso dal 1950. La popolazione mondiale oggi conta 8,1 miliardi di persone, un numero che continuerà ad aumentare, ma senza più la velocità del passato. Se nel 1960 la crescita globale annua superava il 2%, oggi è scesa sotto l’1% e continuerà a diminuire. Le proiezioni delle Nazioni Unite indicano che si arriverà a 9,7 miliardi nel 2050 e si sfioreranno i 10,3 miliardi nel 2100, per poi stabilizzarsi o addirittura diminuire.

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Alcuni paesi stanno già sperimentando questo rallentamento in modo drammatico. Il caso più evidente è la Cina, che nel 2023 ha perso 2 milioni di abitanti per la prima volta nella sua storia moderna. Dopo anni di politica del figlio unico e un recente tentativo di rilanciare la natalità, il governo di Pechino si trova ora davanti a un problema quasi impossibile da risolvere: una popolazione sempre più vecchia e un numero di giovani in drastica riduzione. Il declino cinese si accompagnerà al consolidamento dell’India come nazione più popolosa del pianeta, che ha già superato il miliardo e quattrocento milioni di abitanti, ma anch’essa inizierà a rallentare nei prossimi decenni.

Nel frattempo, in Giappone, la popolazione continua a ridursi a un ritmo impressionante. Solo nel 2023, il paese ha perso 800mila abitanti e i dati mostrano che il numero di nuovi nati è il più basso mai registrato. I giovani giapponesi si sposano sempre meno e la natalità è crollata sotto l’1,3 figli per donna, ben al di sotto della soglia di sostituzione di 2,1 necessaria per mantenere stabile la popolazione. In Corea del Sud la situazione è ancora più estrema, con un tasso di fertilità di appena 0,78 figli per donna, il più basso al mondo.

In Europa, il declino è altrettanto evidente. L’Italia, già in crisi da anni sul fronte delle nascite, sta accelerando la sua decrescita. Il report ONU conferma che nel 2050 ci saranno 5 milioni di abitanti in meno rispetto a oggi, con gli over 65 che rappresenteranno quasi il 35% della popolazione. Un quadro simile si osserva in Germania, che negli ultimi anni ha cercato di compensare la bassa natalità con flussi migratori, ma senza grandi successi sul lungo periodo. Anche la Spagna sta sperimentando un crollo delle nascite: nel 2023 ha registrato meno di 330mila nuovi nati, il dato più basso della sua storia.

Il grande invecchiamento e il nodo delle pensioni

Uno degli aspetti più critici del nuovo scenario demografico è il progressivo invecchiamento della popolazione globale. Entro il 2050, una persona su sei avrà più di 65 anni, un fenomeno che avrà conseguenze dirette sul welfare, sui sistemi sanitari e sui bilanci pubblici. Il problema non riguarda solo l’Occidente o l’Asia avanzata: anche paesi come Brasile, Argentina e Turchia iniziano a mostrare segnali di rallentamento della crescita e aumento dell’età media.

Nel Nord del mondo, la questione delle pensioni diventerà esplosiva. Sistemi costruiti su modelli demografici in cui lavoratori giovani erano molti e pensionati pochi stanno collassando. In Italia, il rapporto tra lavoratori attivi e pensionati si sta rapidamente avvicinando all’1:1, rendendo insostenibile il sistema attuale. La Francia ha già dovuto affrontare proteste di massa per la riforma delle pensioni, che ha innalzato l’età pensionabile nel tentativo di tenere in piedi il sistema.

Al contrario, in Africa il problema è opposto: troppi giovani e poche opportunità. Il report ONU evidenzia che mentre l’Europa e l’Asia si svuotano, il continente africano sta esplodendo demograficamente. Entro il 2050, l’Africa subsahariana avrà raddoppiato la sua popolazione, con Nigeria, Etiopia, Congo e Tanzania tra i paesi con la crescita più rapida. Solo la Nigeria potrebbe superare i 400 milioni di abitanti, avvicinandosi alla popolazione degli Stati Uniti.

Le migrazioni inevitabili e il paradosso delle politiche demografiche

Questi squilibri stanno già alimentando dinamiche migratorie che nei prossimi decenni diventeranno ancora più evidenti. Con un’Europa in calo demografico e un’Africa in crescita esponenziale, le migrazioni non saranno una scelta, ma una necessità. Il rapporto ONU sottolinea come le politiche di chiusura dei confini, adottate in diversi paesi europei, rischiano di essere controproducenti: il declino della popolazione attiva in Europa richiederà nuovi lavoratori, mentre le pressioni demografiche in Africa continueranno a spingere milioni di persone verso il Nord.

Nel frattempo, i tentativi di incentivare la natalità stanno dando risultati modesti. Ungheria e Francia hanno introdotto politiche di sostegno alle famiglie, ma senza riuscire a invertire il trend. Il Giappone sta investendo miliardi in sussidi e incentivi alla maternità, ma senza successo: le coppie continuano a fare pochi figli per motivi economici e culturali.

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Il report ONU conferma quindi che il futuro della popolazione mondiale è ormai scritto: non sarà un’esplosione, ma un riequilibrio. Dopo secoli di crescita, l’umanità sta entrando in una nuova fase, fatta di stabilizzazione e calo in molte aree. Il problema non è più avere troppi abitanti, ma avere quelli giusti nei posti giusti. E per ora, su questo, il mondo è ancora drammaticamente impreparato.



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