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Bisogna prestare molta attenzione quando si riceve un avviso di pagamento: facciamo chiarezza su un problema che hanno molti cittadini.

Ricevere una cartella esattoriale è un evento che può generare preoccupazione e dubbi su cosa fare e quali conseguenze si rischiano in caso di mancato pagamento. Quando un contribuente riceve un avviso di riscossione da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, è importante conoscere i passi successivi per evitare conseguenze gravi, come il pignoramento dei beni.

Occhio a questa comunicazione, messaggio di pagamento: se non lo saldi rischi grosso – cnim.it

Non tutti sanno che, oltre al pagamento immediato, esistono alternative per gestire la cartella esattoriale, tra cui la rateizzazione o il ricorso. Ma bisogna sottolineare che ignorare l’avviso può portare a una serie di azioni da parte dell’ente di riscossione, che nei casi più estremi possono arrivare al recupero forzato del credito.

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Dalla notifica di pagamento alla riscossione: i passaggi fondamentali

Quando una cartella esattoriale viene notificata, il destinatario ha 60 giorni di tempo per effettuare il pagamento o presentare un’opposizione. Se il contribuente decide di contestarla, può ricorrere al giudice tributario, ma deve farlo entro il termine stabilito.

La notifica può avvenire in diverse modalità: tramite ufficiali di riscossione, messi comunali o polizia municipale, ma anche via posta raccomandata con avviso di ricevimento.

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Dalla notifica di pagamento alla riscossione: i passaggi fondamentali – cnim.it

L’indirizzo utilizzato è quello del domicilio fiscale del debitore e, in sua assenza, il documento può essere consegnato a un familiare o a una persona convivente.

Se la cartella non viene pagata né contestata entro i 60 giorni, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può procedere con l’emissione di un decreto ingiuntivo, atto che precede eventuali misure di recupero forzato del debito.

Gli interessi di mora e il rischio di pignoramento per una cartella esattoriale non pagata

Trascorso il termine per il pagamento, iniziano a maturare interessi di mora, calcolati giornalmente sulla somma dovuta. Inoltre, il contribuente deve farsi carico di eventuali spese accessorie legate alla riscossione del credito.

Se il debito continua a non essere saldato, si apre la possibilità per l’Agenzia delle Entrate di avviare il pignoramento dei beni del debitore. Questo non avviene in modo immediato: la legge prevede una serie di tempistiche e procedure che possono ritardare l’esecuzione forzata anche di diversi mesi.

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Gli interessi di mora e il rischio di pignoramento per una cartella esattoriale non pagata – cnim.it

Il pignoramento non può iniziare prima di 60 giorni dalla notifica della cartella. Durante questo periodo, il contribuente ha ancora la possibilità di regolarizzare la propria posizione, scegliendo di:

  • Pagare l’intera somma dovuta.
  • Chiedere una rateizzazione del debito.
  • Presentare un ricorso per contestare la cartella.

Se il pagamento non avviene nemmeno nei 30 giorni successivi alla scadenza di questo termine, l’Agenzia delle Entrate assume la gestione diretta del recupero crediti. A questo punto, inizia un periodo di sospensione di 180 giorni, durante il quale possono verificarsi eventi che fermano il processo, come una sentenza favorevole al contribuente o la perdita del diritto alla rateizzazione.

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Quando scatta davvero il pignoramento?

Solo al termine di questi 180 giorni, se il debito non è stato saldato, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può notificare al debitore l’intenzione di procedere con il pignoramento. A questo punto, viene avviata una verifica presso l’Anagrafe tributaria, che consente di individuare i beni pignorabili, come conti correnti, stipendi e immobili.

Il pignoramento non è un processo immediato: in molti casi possono passare mesi o anni prima che venga effettivamente eseguito. Tuttavia, una volta avviato, il debitore rischia di vedersi sottrarre somme dai conti bancari, una parte dello stipendio o addirittura la casa, nel caso di debiti di importo elevato.

L’unico caso in cui il pignoramento non avviene è quando la cartella esattoriale cade in prescrizione. I termini variano in base al tipo di debito:

  • 10 anni per le imposte statali (IRPEF, IVA, ecc.);
  • 5 anni per tributi locali (IMU, TARI) e contributi previdenziali (INPS, INAIL);
  • 5 anni per sanzioni amministrative e multe stradali.

Affrontare una cartella esattoriale senza lasciarla scadere è la soluzione migliore per evitare il rischio di pignoramento e ulteriori costi. In caso di difficoltà economiche, è sempre consigliabile valutare le opzioni di rateizzazione offerte dall’Agenzia delle Entrate, che permettono di suddividere il pagamento in più tranche e evitare il pignoramento. A questo proposito, da quest’anno c’è una novità importante: qui tutti i dettagli.

Inoltre, se si ritiene che la cartella sia stata notificata ingiustamente, è fondamentale rivolgersi a un commercialista o a un avvocato specializzato per valutare un ricorso.



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