Intercettazioni, la tagliola dei 45 giorni al voto in Commissione alla Camera: il governo vuole l’ok in settimana. M5s: “Daremo battaglia”

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È atteso nei prossimi giorni in Comissione Giustizia alla Camera il via libera alla tagliola di 45 giorni sulle intercettazioni, contenuta nel disegno di legge del senatore di Forza Italia Pierantonio Zanettin già approvato dall’Aula di Palazzo Madama lo scorso ottobre (dopo essere stato riscritto da un emendamento della relatrice, l’ex ministra leghista Erika Stefani). Martedì si iniziano a discutere e votare gli emendamenti al testo, in totale 47, tutti firmati dalle opposizioni: la seduta potrebbe prolungarsi in notturna. Se non sarà sufficiente a terminare l’esame, da calendario è già previsto che si vada avanti anche mercoledì e giovedì, per arrivare a licenziare il provvedimento entro la fine della settimana. “Arriva il colpo finale che metterà ko le intercettazioni. Fino a ora il governo Meloni e la sua maggioranza le hanno indebolite con interventi mirati e anche un po’ nascosti, che noi e pochi altri abbiamo sempre denunciato. Adesso con il ddl Zanettin arriva la mannaia che di fatto toglie alla magistratura questo strumento investigativo irrinunciabile per tanti reati gravi e gravissimi”, denuncia la capogruppo M5s in Commissione, Valentina D’Orso.

Il testo approvato al Senato modifica l’articolo 267 del codice di procedura penale: se adesso le intercettazioni possono essere prorogate senza limiti dal gip, su richiesta del pm, per periodi successivi di 15 giorni, “quando vi sono gravi indizi di reato e l’intercettazione è assolutamente indispensabile”, da domani non potranno comunque “avere una durata complessiva superiore a 45 giorni, salvo che l’assoluta indispensabilità sia giustificata dall’emergere di elementi specifici e concreti, che devono essere oggetto di espressa motivazione”. Fanno eccezione solo i reati informatici, di terrorismo e di criminalità organizzata, per cui resta in vigore l’attuale disciplina speciale: quaranta giorni, prorogabili per periodi successivi di venti, qualora sussistano “sufficienti indizi” di reato (e non “gravi”). Esclusi questi casi, dunque, per poter intercettare oltre un mese e mezzo il pm dovrà portare al gip “elementi specifici e concreti”. Anche in questa espressione è nascosta una stretta: al momento, infatti, l’”assoluta indispensabilità” del mezzo può essere ritenuta sussistente anche se gli indagati, come spesso accade, per un certo periodo non dicono nè fanno nulla di compromettente. Con la nuova norma, invece, servirà per forza un “risultato” investigativo entro i primi 45 giorni, pena lo stop alle intercettazioni anche per reati gravissimi come omicidi, sequestri di persona, stalking, violenze sessuali.

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Dei pericoli contenuti nel progetto di riforma hanno avvertito numerossimi magistarti, attuali o ex: “Siamo dinanzi a un vero e proprio favoreggiamento del crimine“, aveva accusato in Aula il senatore 5 stelle Roberto Scarpinato, ex procuratore generale di Palermo. Per il pm antimafia Nino Di Matteo questa limitazione “finirà per pregiudicare anche la possibile emersione di fatti e circostanze fondamentali per le indagini di mafia”, che spesso vengono a galla “indagando su fatti di corruzione”. Critici anche tutti gli addetti ai lavori ascoltati in Commissione alla Camera: “Sarebbe come dare a uno scienziato due anni per una ricerca, ma vietargli di usare il microscopio dopo i primi 45 giorni”, sintetizzava il professor Gian Luigi Gatta, ordinario di Diritto penale alla Statale di Milano, riferendosi alla discrepanza che si verrebbe a creare tra i termini di durata massima delle indagini e quelli della nuova tagliola agli ascolti. Il procuratore di Roma Francesco Lo Voi, invece, aveva definito la riforma “una specie di divieto di indagare”, considerato che per tutta una serie di procedimenti “45 giorni in realtà non basteranno mai“.

In Commissione però le opposizioni si preparano a vendere cara la pelle: “Questo ddl andrebbe soppresso per intero e chiuso a chiave per sempre, ma noi daremo battaglia anche per limitare i danni prodotti dal governo e sottrarre alla tagliola dei 45 giorni tutti i reati per noi assolutamente prioritari come la corruzione e gli altri contro la pubblica amministrazione, i reati di violenza di genere e tutti quelli di grande allarme sociale come pedopornografia, omicidi, estorsione, usura, traffico di organi e di stupefacenti, truffa”, annuncia la capogruppo M5s D’Orso. Al Senato, ricorda, gli emendamenti sono stati tutti bocciati, “perfino quelli che puntavano a salvare dalla tagliola i reati sulla violenza contro le donne”, su cui la premier Giorgia Meloni e altre esponenti del centrodestra, denuncia, “fanno tanta retorica, salvo poi annunciare in modo fumoso un intervento in altro futuro provvedimento utile. Quanta ipocrisia e quanta irresponsabilità dal governo dell’impunità e della giustizia classista!”, attacca.



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