Gestione artigiani e commercianti
I CONTRIBUTI 2025
Con la circolare Inps del 7 febbraio scorso, n. 38, l’Istituto di previdenza indica gli importi dei contributi dovuti per il 2025, dagli iscritti alla Gestione Artigiani e alla Gestione Commercianti.
Le aliquote contributive di finanziamento delle gestioni pensionistiche sono fissate al 24% per i titolari e collaboratori anche di età non superiore ai 21 anni.
L’Ente assicuratore ricorda inoltre che, dal 1° gennaio 2022, inoltre, l’aliquota contributiva aggiuntiva – dovuta per finanziare l’indennizzo in caso di cessazione dell’attività commerciale senza aver raggiunto i requisiti per la pensione di vecchiaia – è pari allo 0,48%.
Per quanto attiene il 2025, le aliquote di tutti i titolari, coadiuvanti o coadiutori, risultano il 24% per gli artigiani e il 24,48% per i commercianti.
La circolare specifica, infine, la contribuzione dovuta sui minimali e sui massimali di reddito.
I contributi devono essere versati entro le scadenze segnalate nella stessa circolare, mediante i modelli F24 disponibili accedendo al Cassetto previdenziale artigiani e commercianti
Gli artigiani e gli esercenti over 65 di attività commerciali, già pensionati presso le gestioni dell’Istituto e in possesso dei requisiti previsti, usufruiranno della riduzione del 50% dei contributi dovuti.
Sanitari e docenti universitari
SOSPENSIONE TRATTAMENTI PENSIONISTICI
Con la circolare Inps del 30 gennaio scorso, n. 30, l’Istituto di previdenza fornisce e illustra il quadro normativo per il reinserimento del personale altamente qualificato, nel Servizio Sanitario Nazionale. La riammissione in servizio è concessa a:
dirigenti medici e sanitari del Servizio Sanitario Nazionale (SSN);
appartenenti al ruolo della dirigenza sanitaria del Ministero della Salute;
docenti universitari che svolgono attività assistenziali in medicina e chirurgia.
La riammissione è ammessa fino al compimento del 72° anno di età e non oltre il 31 dicembre 2025, per coloro che sono stati collocati in quiescenza dal 1° settembre 2023 e che hanno già maturato i requisiti per il pensionamento di vecchiaia.
La riammissione avverrà a domanda, previa opzione per il mantenimento del trattamento previdenziale o per l’erogazione della retribuzione legata all’incarico.
Sospensione del trattamento pensionistico
Per coloro che scelgono di ricevere la retribuzione, l’Inps provvederà alla sospensione del trattamento pensionistico fino alla scadenza dell’incarico.
È previsto un regime speciale per i pensionati in cumulo a formazione progressiva, con specifiche indicazioni sulla sospensione della pensione.
Obblighi di iscrizione e contribuzione
In caso di riammissione, gli interessati dovranno iscriversi alla stessa Cassa che eroga il trattamento pensionistico sospeso. Le aliquote contributive sono fissate al:
32,65% per gli iscritti alla Cassa per le pensioni ai sanitari;
33% per quelli della Gestione Separata dei dipendenti pubblici.
Le amministrazioni datrici di lavoro saranno responsabili del versamento totale dei contributi, anche per la quota parte a carico del lavoratore, con diritto di rivalsa.
Nuove Procedure per la Denuncia Mensile
I datori di lavoro dovranno inviare mensilmente il flusso Uniemens/ListaPosPA, utilizzando specifici codici per indicare la riammissione in servizio dei dirigenti medici, sanitari e docenti universitari.
Lavoratori domestici
CONTRIBUTI DOVUTI PER IL 2025
L’Istat ha recentemente comunicato un incremento dello 0,8% nell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, che avrà un impatto diretto sulle nuove fasce di retribuzione per i lavoratori domestici nel 2025.
La variazione influenza il calcolo dei contributi dovuti dai datori di lavoro.
Con la circolare Inps del 30 gennaio scorso, n. 29, l’Istituto di previdenza informa che gli esoneri previsti dalla legge 23 dicembre 2000, n. 388 e dalla legge 23 dicembre 2005, n. 266, che garantiscono una minore aliquota contributiva per l’Assicurazione sociale per l’impiego (Aspi), per i datori di lavoro soggetti al contributo Cuaf (Cassa unica assegni familiari), resteranno in vigore.
In particolare, per i contratti a tempo determinato, si applicherà un contributo addizionale dell’1,4% sulla retribuzione imponibile, il contributo non si applica nei casi di lavoratori assunti per sostituire colleghi assenti.
Inoltre, la legge 30 dicembre 2024, n. 207 introduce la possibilità per i lavoratori dipendenti di rinunciare all’accredito di alcuni contributi a proprio carico, a condizione di aver maturato i requisiti minimi entro il 31 dicembre 2025. Questo significa che i datori di lavoro non dovranno più versare la quota a carico del lavoratore per l’Assicurazione generale obbligatoria, a partire dalla prima scadenza utile per il pensionamento.
Per il 2025, le nuove fasce di retribuzione oraria e gli importi dei contributi sono stati definiti, con dettagli specifici per le retribuzioni effettive e convenzionali.
Ad esempio, per le retribuzioni fino a 9,48 euro, l’importo del contributo orario sarà di 8,4 euro, mentre per retribuzioni superiori a 11,54 euro, il contributo sarà di 11,54 euro.
Infine, è previsto un incentivo al posticipo per i lavoratori che perfezionano i requisiti per la pensione anticipata flessibile entro il 2025.
Maggiori dettagli sulla nuova normativa e le modalità di presentazione della relativa domanda saranno forniti in una prossima, successiva circolare.
Naspi
SENTENZA CORTE COSTITUZIONALE SU RESTITUZIONE INTEGRALE
La Corte Costituzionale, con la sentenza 10 aprile 2024-20 maggio 2024, n. 90, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, c. 4, del decreto legislativo 22/2015, nella parte in cui non limita l’obbligo restitutorio dell’anticipazione della Nuova assicurazione sociale per l’impiego (Naspi) nella misura corrispondente alla durata del periodo di lavoro subordinato, quando il lavoratore non possa proseguire, per causa sopravvenuta a lui non imputabile, l’attività di impresa per la quale l’anticipazione era stata erogata.
Nello specifico, la pronuncia della Suprema Corte si riferisce all’obbligo di restituzione integrale della Naspi in forma anticipata, da parte del lavoratore, nel caso in cui il medesimo, dopo avere intrapreso e svolto l’attività imprenditoriale:
non possa proseguirla per cause sopravvenute e imprevedibili a lui non imputabili;
costituisca un rapporto di lavoro subordinato, prima della scadenza del periodo teorico per cui è riconosciuta la Naspi.
A tale riguardo la Corte ha rilevato, ai fini della dichiarata illegittimità, la circostanza che l’attività di impresa si sia interrotta per motivi di forza maggiore, che hanno determinato un’impossibilità oggettiva che rende insuperabile la difficoltà della prosecuzione dell’attività.
Tali motivi non sono imputabili alla volontà del beneficiario e alle sue scelte organizzativo-gestionali.
L’Istituto previdenza, con la circolare Inps del 4 febbraio scorso, n. 36, alla luce della citata sentenza, chiarisce che provvederà a verificare l’eventuale sussistenza di cause sopravvenute e imprevedibili non imputabili all’interessato, che hanno comportato l’impossibilità a proseguire nell’esercizio dell’attività di lavoro autonomo o di impresa, prima di procedere alla notifica del provvedimento di indebito dell’importo integrale corrisposto.
Sempre in tema di trattamenti economici di disoccupazione, con il messaggio Inps del 7 febbraio 2025, n. 483, l’Ente previdenziale ha comunicato che l’esonero dal versamento del contributo addizionale Naspi, e dall’incremento previsto in occasione di ciascun rinnovo, è applicato ai lavoratori assunti per attività stagionali e ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati a partire dal 1° gennaio 2020.
Ragioneria generale dello Stato
PREVISIONI PENSIONI NEL 20240
La Ragioneria generale dello Stato ha di recente diffuso le stime sulle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario. Emergono diverse previsioni.
Fra queste, l’ipotesi che nel 2040 possano servire tredici mesi in più delle attuali soglie pensionistiche per essere ammessi al trattamento di vecchiaia e a quello anticipato utilizzando i soli contributi versati, a prescindere dall’età.
Questo dato si ricava dall’adeguamento dei requisiti all’aspettativa di vita. Per avere informazioni più precise bisogna però aspettare le nuove proiezioni dell’Istituto nazionale di statistica (Istat).
Più nel dettaglio, la Ragioneria dello Stato colloca – sempre nel 2040 – a 68 anni e 1 mese il limite per la “vecchiaia” (al momento non si oltrepassano i 67). L’uscita del lavoro per via anticipata – indipendentemente dall’età – è invece fissata dallo stesso organismo (Rgs) a 43 anni e 11 mesi di contribuzione per gli uomini e 42 anni e 11 mesi per le donne. Al momento questi requisiti sono invece 42 anni e 10 mesi e 41 e 10 mesi.
Nel frattempo, come noto, l’esecutivo sta cercando di capire se sia il caso di attivare o no gli aggiornamenti relativi alla speranza di vita già nel 2027.
Secondo le ultime ipotesi della Ragioneria, questo procedimento dovrebbe far allungare di tre mesi i requisiti ora prefigurati per entrambe le modalità di uscita dal mondo del lavoro
Il documento del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato tiene conto “del quadro macroeconomico sottostante al Piano strutturale di bilancio di medio termine (Psbmt) 2025-2029 e delle revisioni statistiche ai Conti economici nazionali rilasciate da Istat nel settembre 2024, nonché delle più recenti previsioni demografiche Istat formulate nell’ambito dello scenario di lungo periodo.
L’orizzonte previsionale di breve periodo si estende su quattro anni, dal 2024 al 2027”. Le previsioni, si legge nel testo, “sono elaborate sulla base della normativa vigente al momento dell’approvazione del Psbmt; pertanto, non tengono conto degli effetti derivanti dalle misure contenute nei provvedimenti successivi e, in particolare, nella legge di Bilancio 2025, delle quali si darà conto nel prossimo Rapporto”.
Intanto, il Cnel ha diffuso il proprio rapporto “Demografia e forza lavoro” dal quale affiora che nei prossimi 10 anni avremo un calo di 2,5 milioni di occupati come solo effetto dell’azione demografica. “Se negli ultimi decenni il fenomeno principale a cui siamo andati incontro è l’invecchiamento della forza lavoro e un cambiamento della composizione interna alle aziende a sfavore del peso delle nuove generazioni – spiega il rapporto – nei prossimi decenni il rischio è di andare incontro anche ad una riduzione quantitativa complessiva della forza lavoro. Se, infatti, non contrastata da un adeguato aumento del tasso di occupazione delle nuove generazioni (sul versante maschile e femminile) attualmente a livelli tra i più bassi in Europa, l’azione delle dinamiche negative della demografia è tale da far progressivamente riscalare verso il basso tutte le età lavorative”.
Carlo Pareto
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