Il rapporto tra spesa previdenziale e Pil è in aumento, ma le stime future poggiano su ipotesi economiche ambiziose. L’Osservatorio Conti Pubblici Italiani ha approfondito la questione in un’indagine molto ben fatta.
Una crescita della spesa pensionistica più rapida del previsto
Il sistema pensionistico italiano si trova di fronte a sfide significative nei prossimi decenni, tra l’aumento della spesa previdenziale, l’invecchiamento della popolazione e l’incertezza sulla crescita economica. Secondo il recente aggiornamento della Ragioneria Generale dello Stato (RGS), nel 2024 il rapporto tra spesa pensionistica e Pil è stato del 15,4%, un dato inferiore rispetto alle previsioni precedenti che stimavano un valore del 16%.
Questo apparente miglioramento è in gran parte dovuto alla revisione al rialzo del Pil effettuata dall’Istat, che ha determinato una crescita della base economica, e solo in parte a una riduzione della spesa pensionistica in termini assoluti. Tuttavia, come evidenziato dall’Osservatorio Conti Pubblici Italiani (Osservatorio CPI), questa riduzione non rappresenta un’inversione di tendenza: nei prossimi anni la spesa per le pensioni aumenterà in modo più rapido rispetto alla crescita economica, portando il rapporto tra spesa previdenziale e Pil al 17,1% nel 2040, prima di una lenta discesa.
Questa dinamica è il risultato di un disequilibrio demografico crescente: il numero di pensionati aumenterà più rapidamente della forza lavoro attiva, creando una pressione sempre maggiore sulla spesa pubblica. Secondo Gianmaria Olmastroni, Junior Economist dell’Osservatorio CPI, “le proiezioni indicano che l’Italia dovrà affrontare un aumento strutturale della spesa previdenziale nei prossimi 15 anni, un trend che potrebbe essere difficile da contenere senza interventi mirati”.
Ipotesi ottimistiche sulla produttività e sulla crescita del Pil
Uno degli aspetti più controversi delle previsioni della Ragioneria Generale dello Stato riguarda le ipotesi di crescita della produttività e del Pil.
L’RGS prevede che, dopo il 2040, la produttività crescerà dell’1,3% annuo, un tasso che non si osserva in Italia da diversi decenni. Se questa ipotesi si rivelasse troppo ottimistica, la spesa previdenziale potrebbe mantenersi su livelli più elevati per un periodo più lungo del previsto. Gianmaria Olmastroni sottolinea il rischio di basare le previsioni su ipotesi troppo favorevoli:
“Il tasso di crescita della produttività ipotizzato è superiore a quello registrato in Italia negli ultimi 20 anni. Se non si concretizzeranno significative riforme per aumentare la competitività e l’efficienza del sistema produttivo, queste stime rischiano di rimanere irrealizzabili”, afferma nel suo report per l’Osservatorio Conti Pubblici Italiani.
L’Italia, infatti, ha registrato negli ultimi due decenni un tasso di crescita della produttività tra i più bassi d’Europa, con valori che raramente hanno superato lo 0,5% annuo. Questo elemento è cruciale: se la produttività non dovesse crescere come previsto, la spesa pensionistica in rapporto al Pil potrebbe restare più elevata rispetto alle stime ufficiali, rendendo necessario un ulteriore intervento sulla spesa pubblica o sul sistema previdenziale.
Demografia e occupazione: un equilibrio difficile
Un altro fattore chiave per la sostenibilità del sistema pensionistico riguarda l’andamento della popolazione attiva.
L’RGS prevede che nei prossimi anni il numero di lavoratori aumenterà grazie a un maggior saldo migratorio e a un incremento del tasso di occupazione. Tuttavia, anche qui le ipotesi potrebbero essere eccessivamente ottimistiche. Se il tasso di occupazione non crescerà come previsto, o se l’immigrazione non basterà a compensare l’invecchiamento della popolazione, il rapporto tra pensionati e lavoratori potrebbe peggiorare più del previsto.
Secondo Olmastroni, “l’Italia si trova in un contesto demografico molto delicato, con un calo delle nascite e una popolazione che invecchia rapidamente. Anche se il saldo migratorio dovesse rimanere positivo, la composizione della forza lavoro futura potrebbe non essere sufficiente a mantenere il sistema previdenziale sostenibile”.
Le stime della RGS indicano che il tasso di fertilità dovrebbe passare da 1,20 figli per donna nel 2023 a 1,28 nel 2030, ma questo aumento, anche se si realizzasse, non sarebbe sufficiente a riequilibrare il sistema nel breve termine.
L’Osservatorio CPI evidenzia come, senza una crescita sostenuta dell’occupazione e una stabilizzazione della popolazione in età lavorativa, il sistema pensionistico dovrà essere finanziato con risorse sempre maggiori, con il rischio di mettere pressione sui conti pubblici.
Dal sistema retributivo al sistema contributivo: un riequilibrio necessario
Uno degli elementi su cui si basa la riduzione del rapporto tra spesa pensionistica e Pil dopo il 2040 è la transizione dal sistema retributivo al sistema contributivo.
Il primo, che garantiva pensioni più generose, sarà progressivamente sostituito dal secondo, che lega l’assegno previdenziale ai contributi effettivamente versati. Questo cambiamento ridurrà la crescita della spesa, ma potrebbe portare a un calo del livello medio delle pensioni, con possibili conseguenze sociali.
“Il passaggio al sistema contributivo renderà il sistema più sostenibile, ma bisogna chiedersi quale sarà il livello delle pensioni future e se sarà sufficiente a garantire un tenore di vita dignitoso”, avverte Olmastroni.
Un sistema pensionistico sostenibile solo con riforme mirate
Se le previsioni della Ragioneria Generale dello Stato si rivelassero corrette, il sistema pensionistico italiano sarebbe in grado di superare il picco di spesa del 2040 e poi ridurre gradualmente il suo impatto sul Pil. Tuttavia, secondo l’Osservatorio Conti Pubblici Italiani, questa sostenibilità dipende da variabili altamente incerte, come la crescita della produttività e il mercato del lavoro.
Gianmaria Olmastroni invita quindi a considerare riforme strutturali per rafforzare il sistema previdenziale. Tra le possibili misure, l’Osservatorio CPI suggerisce:
• Incentivi per prolungare la permanenza nel mercato del lavoro, attraverso meccanismi che rendano più conveniente lavorare più a lungo.
• Maggiore occupazione giovanile e femminile, per allargare la base contributiva.
• Una migliore integrazione lavorativa degli immigrati, per compensare il calo della popolazione attiva.
Ottimismo o prudenza?
Il futuro del sistema pensionistico italiano dipenderà da molteplici fattori economici e demografici. Le previsioni della Ragioneria Generale dello Stato indicano un possibile riequilibrio dopo il 2040, ma l’Osservatorio Conti Pubblici Italiani mette in guardia dal basarsi su ipotesi eccessivamente ottimistiche.
Come afferma Gianmaria Olmastroni, “serve un approccio prudente e realistico. Non possiamo basare le scelte di oggi su scenari troppo favorevoli, perché il rischio è trovarci impreparati di fronte a un sistema insostenibile”.
Senza interventi mirati per rafforzare il mercato del lavoro e migliorare la produttività, l’Italia rischia di dover affrontare una spesa previdenziale più elevata e duratura del previsto, con implicazioni significative per le finanze pubbliche.
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