Nella busta paga del giurista d’impresa

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Quanto guadagna un general counsel in Italia? E una risorsa junior? Spoiler: comunque meno di quanto prenderebbero in Germania. I dati nel nuovo report di KeyPartners

di michela cannovale

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Iniziamo con la notizia cattiva. Gli stipendi dei giuristi d’impresa in Italia sono più bassi del 30% se paragonati ai colleghi del Regno Unito e persino del 35% quando il confronto è con la Germania. A mettere in luce questi dati è il nuovo report di KeyPartners sulle remunerazioni nel mercato legale in house italiano. L’analisi si basa su interviste a 207 professionisti legali e copre l’intero 2024, rivelando un mercato che, ahinoi, sembra caratterizzato innanzitutto da persistenti disparità salariali rispetto al resto d’Europa. Però c’è un però. La notizia buona. Il settore appare dinamico, con prospettive di crescita positive per il 2025, anche per i compensi.

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Il gap con l’Europa: un dislivello ancora significativo

Andiamo per gradi. Quanto alle retribuzioni, i dati mostrano come gli stipendi dei giuristi d’impresa in Italia rimangano significativamente più bassi rispetto ad altri paesi europei: oltre ai già citati gap con Regno Unito e Germania, si registra anche un -20% rispetto alla Francia. La differenza è ancora più marcata con i paesi del Nord Europa, dove una maggiore solidità economica, unita alla carenza di candidati e all’alta domanda di expertise legale specializzata spinge verso l’alto i livelli retributivi. Nel Belpaese, al contrario, il mercato si presenta meno sviluppato sia in termini di presenza che di valorizzazione della funzione.

Tuttavia, come spiega ai microfoni di MAG Nicoletta Ravidà (in foto), head della divisione legal and compliance recruitment di KeyPartners, alcuni ambiti stanno mostrando dinamiche degne di nota: «I compensi in settori come privacy, sostenibilità e diritto tecnologico potrebbero crescere secondo l’importanza che queste materie assumeranno sul mercato. La privacy, ad esempio, ha già acquisito una rilevanza significativa perché i dati sono diventati un ‘valore economico’, e in alcuni contesti abbiamo notato una crescita dei compensi».

E poi c’è l’M&A. «Questa – nota Ravidà – è una materia che viene trattata principalmente dagli studi legali. E visto che gli avvocati della private practice hanno compensi tendenzialmente più alti rispetto agli in house, le aziende che vogliono assumere talenti con questa expertise ed essere al contempo competitive, dovranno necessariamente avvicinarsi ai livelli retributivi del libero foro»

Ma scendiamo ancora più nello specifico. Come indica la tabella nell’articolo che trovate su MAG, il panorama salariale italiano si articola su diversi livelli: si parte da una RAL media compresa fra i 40 e i 50mila euro per un junior legal counsel che si alza fino ai 70-90mila euro per una figura senior. Le posizioni apicali vedono retribuzioni più consistenti: un head of legal può aspirare a compensi che arrivano a 160mila euro, mentre è la base d’asta per un general counsel è di 150mila. Figure specializzate come il DPO o l’head of compliance, poi, si collocano nella fascia 80-120mila euro annui. Mica male, secondo alcuni dei professionisti interpellati da KeyPartners. Ma la maggior parte (64%) si definisce insoddisfatta del proprio stipendio, nonostante l’88% riceva un bonus (che, nel caso dei general counsel, può raggiungere quote del 25%).

Si tratta comunque di cifre che valgono nel contesto di grandi imprese italiane. Quando invece si parla di multinazionali statunitensi o britanniche che hanno filiali lungo la Penisola, le remunerazioni medie si alzano del 20-25%, configurando così un mercato a più velocità anche all’interno degli stessi confini nazionali.

Occupazione: i legal counsel sono i più richiesti

Passiamo ora alla questione recruitment, che mette in risalto un mercato particolarmente dinamico secondo Ravidà. Come vi avevamo raccontato nel MAG di dicembre, la redazione di Inhousecommunity ha contato 80 cambi di poltrona e 54 nomine che hanno riguardato i giuristi d’impresa italiani durante il 2024. Se però si guarda alla sola domanda occupazionale – e non al numero di nuove avventure lavorative effettivamente avviate nel corso dell’anno – il report di KeyPartners evidenzia una forte richiesta per ruoli di legal counsel (15%), di assistant legal counsel (14%) e di assistant general counsel (10%). Seguono le posizioni di group legal counsel (8%) e associate legal counsel (6%), mentre i ruoli di head of legal e general counsel rappresentano ciascuno il 4% della domanda.

«Questo si deve al fatto che stiamo assistendo ad un’organizzazione del dipartimento legale sempre più strutturata e stratificata. I job title vengono scelti in base a come viene articolato il dipartimento legale, in funzione delle necessità di business e della realtà aziendale», chiarisce Ravidà. D’altronde, se cresce l’incertezza normativa a livello nazionale e sovranazionale, è naturale che aumenti la complessità nella gestione delle questioni aziendali e si faccia più forte la necessità di figure specializzate per le diverse aree di competenza.

Motivazione professionale oltre il compenso

Ma quand’è che domanda e offerta si incontrano? Secondo il report, se l’82% dei professionisti considererebbe un cambio di ruolo per puro amore dell’avanzamento di carriera, il 53% lo farebbe solo per vedersi aumentata la propria retribuzione base. Altri fattori “invitanti” includono: il passaggio in una nuova industry (per il 27% dei rispondenti), maggiori opportunità di lavoro da remoto (22%) e l’attrattività di un business più tecnologico (6%).

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