trasformazioni in atto, equilibri fragili e scenari

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LECCE – Il profilo del turista che sceglie di visitare la Puglia è sempre più internazionale: nel 2024 dei circa 6 milioni di turisti registrati, il 40 percento era di nazionalità estera (il marcato internazionale vale in media in Italia il 52 percento).  

Questa evidenza, che emerge dalla raccolta dei dati relativi al 92 percento dei posti letto censiti nel database regionale e confluiti nel report presentato alla Borsa Internazionale del Turismo, dice molto sulla tendenza in atto in un settore che ha un impatto diretto sul sistema economico pugliese stimato nel 9 percento circa del Pil.

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Fino a tempi non lontani la Puglia era molto ancorata al turismo nazionale e stagionale (tanti italiani, soprattutto nei mesi estivi), ma negli ultimi anni la quota di mercato estero sta aumentando in una proporzione significativa. Nel 2024 gran parte dell’incremento degli arrivi sull’anno precedente, di 577mila unità (pari all’10,6 percento) è stato determinato dai turisti stranieri, che “pesano” il 77 percento.  

In provincia di Lecce gli arrivi sono stati 1 milione e 567mila con una variazione sul 2023 di 111mila unità (il 7,5 percento): anche in questo caso la differenza è stata determinata soprattutto da visitatori di altri paesi. La quota di turismo internazionale, pari al 35,5 percento, è comunque al di sotto della media regionale.

L’aumento delle rotte commerciali che interessano gli aeroporti pugliesi, ovviamente, incide molto su questa ripresa: quello di Bari nel 2024 ha superato i 7 milioni di passeggeri (raddoppiando il dato del 2014), quello di Brindisi i 3 milioni (il tasso di crescita nel decennio è di circa il 64 percento).

Locazioni turistiche come funghi

La modifica in corso del profilo della domanda suggerisce anche un adattamento dell’offerta. In altre parole, se il turismo in Puglia e nel Salento è sempre più cosmopolita, allora bisogna anticipare e soddisfare esigenze che stanno cambiando. Mentre gli italiani preferiscono di gran lunga l’offerta di locazioni turistiche (che non prevedono servizi aggiuntivi all’alloggio e sono sempre più veicolate attraverso le grandi piattaforme come Airbnb, Booking e altre simili), gli stranieri, invece, prediligono la soluzione alberghiera e quella extralberghiera (villaggi, agriturismi, B&b). E se cresce la quota di turismo internazionale, significa che aumenta la richiesta di un’offerta professionale. Questa premessa porta ad analizzare la tipologia delle strutture.

In provincia di Lecce, nel comparto alberghiero sono circa i 40mila posti letto disponibili e il 95 percento è appannaggio di hotel a 3 e 4 stelle, mentre quelli di categoria superiore coprono appena il 3 percento. Poi ci sono circa 110mila posti letto nelle locazioni non imprenditoriali e 26mila in quelle di tipo imprenditoriale. Il vasto mondo dell’extralberghiero offre 63mila posti letto (al primo posto i campeggi, poi i B&b, quindi gli agriturismi).

Nel complesso i posti letto censiti nel Salento sono passati dai poco meno di 211mila del 2023 ai quasi 240mila, con un aumento di quasi il 14 percento. Oltre 26mila dei nuovi posti letto disponibili sono sorti nel segmento delle locazioni (negli alberghi solo 610 posti in più), quello di più facile attivazione e senza il presupposto di particolari professionalità. Il centro antico di Lecce, ma anche i quartieri semisemicentrali ne sono una evidente dimostrazione.

Un cambiamento già in atto

Il tema principale sembra dunque essere la rispondenza tra l’organizzazione dell’accoglienza (ancora molto diffusa quella del fai da te) e le tendenze dei nuovi flussi dei visitatori che chiedono servizi e competenze, a partire da quella linguistiche basilari.

Ma la questione è molto più ampia: come evitare la trasfigurazione di intere parti di città e borghi in veri e propri distretti turistici nella convinzione che sia l’offerta a generare la domanda? Ha senso continuare a trasformare immobili una volta residenziali in case vacanze, B&b, affittacamere? Se “gentrificazione” è un termine abusato, non significa che non si debba iniziare a fare i conti con quello che comporta.

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La vocazione turistica del territorio si è molto accentuata nel corso del tempo e ha già determinato conseguenze: una corsa al rialzo del mercato immobiliare e un progressivo svuotamento dei centri storici per quanto riguarda la componente residenziale, messa a dura prova anche dalle condizioni di vivibilità in alcuni periodi dell’anno. Accade a Lecce come in decine e decine di altre città in Italia e all’estero: .

Comprendere le dinamiche in atto, anticipare gli scenari, governare il cambiamento è il compito della classe politica. Ma l’assunzione di questa responsabilità di gestione e programmazione ha un prezzo, quello delle scelte consapevoli e, talvolta, impopolari.

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